sabato 20 dicembre 2008

Per i banchieri e i top manager è finita la festa!


Pur condividendo appieno le ragioni per le quali il procuratore generale di New York, Andrew Cuomo, ha imposto la rinuncia ai mega bonus da parte dei top manager di Goldman Sachs, così di quelli delle altre banche statunitensi destinatarie di aiuti federali, tuttavia, Dan Peterson, Governatore dello Stato che include la Grande Mela non può fare a meno di rimpiangere i 178 milioni di entrate che gli sarebbero venuti dall’imposizione sui premi sardanapaleschi di soli sei uomini d’oro di Goldman Sachs, il che fornisce una misura indiretta dell’entità lorda di queste elargizioni che, nel 2007, avevano fruttato a Larry Blankfein, il successore di Hank Paulson al vertice della potente e molto preveggente ex banca d’investimenti, 100 milioni di dollari tondi tondi, un quarto dei quali impiegati da larry per comprarsi casa nel più lussuoso ed esclusivo condominio di Manhattan.

Forse è questo il vero senso della frase più ripetuta da quando si sono meglio compresi i reali effetti della tempesta perfetta in corso da diciannove mesi: “nulla sarà come prima”; certamente non sarà come prima per quanti, come Larry, Hank, Robert Rubin, John Thain, per non parlare degli oramai pensionati di lusso cacciati da quel paradiso terrestre che era la finanza più o meno strutturata, che si erano abituati a capitalizzare in un modo che non aveva precedenti nella storia conosciuta la loro posizione al vertice di banche di investimento o commerciali, di compagnie di assicurazione, di hedge funds, fondi pensione o di investimento e chi più ne ha ne metta.

Non so quali saranno le regole di compensation dei manager nel futuro prossimo venturo, ma credo proprio che quella relativa al 2008, anno bisesto e davvero molto funesto, non sarà solo una pausa di riflessione, anche perché non c’è piano di salvataggio, documento finale del G8 o del G20, esternazione di banchiere centrale che non metta la centro la questione delle eccessive elargizione che i vertici aziendali si attribuiscono in base a non meglio precisati parametri, un andazzo che ha coinvolto spesso anche la generalità dei dipendenti delle entità protagoniste del mercato finanziario globale attraverso l’adozione di piani di incentivazione che hanno indotto comportamenti non sempre del tutto deontologicamente corretti e che tanta parte hanno avuto nelle perdite degli investitori/risparmiatori che, alla fine, ha causato la più grave perdita di fiducia nei prodotti della finanza più o meno strutturata, un vero e proprio sciopero degli investimenti che prosegue pressoché ininterrottamente dal luglio del 2007.

Leggendo attentamente il lungo documento finale del vertice del G20 svoltosi qualche tempo fa a Washington, la bozza del documento del Financial Stability Forum dell’aprile di quest’anno, le dichiarazioni sempre più aspre dei ministri dell’economia dei paesi più o meno industrializzati, credo proprio che molto, ma molto difficilmente riprenderà la festa e che nei convivi di fine anno che si svolgeranno nei quartier generali di New York, Londra, Parigi o in qualsiasi altra capitale finanziaria del globo, regnerà un’atmosfera molto meno euforica del passato più o meno recente, festini nei quali scorrerà molto meno champagne e ancor meno adrenalina, per non parlare dei casi nei quali in luogo delle ricche buste di denaro facile verranno distribuite le missive che comunicano in tono un po’ burocratico la cessazione del rapporto di lavoro.

Molti si interrogano su come siamo giunti a questo punto di vero e proprio degrado etico e morale nel rutilante mondo della finanza, ebbene credo che i sistemi di compensation oramai al tramonto abbiano svolto un ruolo tutt’altro che marginale nel trasformare un’attività essenziale per l’attività economica e per soddisfare i bisogni delle persone in quel mondo impazzito stigmatizzato da premi Nobel per l’economia, da politici non del tutto incolpevoli, nonché da quei vigilanti alquanto distratti che dovrebbero fare un mea culpa e forse dimettersi, piuttosto che ergersi a soloni a disastro avvenuto.

Non volendo passare alla Storia come il becchino dell’industria automobilistica statunitense in un triste remake di quanto è avvenuto tempo fa in Gran Bretagna, George W. Bush, ha finalmente deciso di soccorrere le due case di Detroit ormai tecnicamente fallite, General Motors e Chrysler, resistendo alle pressioni di Hank Paulson che pensava di destinare alle banche anche gli spiccioli residui della prima tranche del piano di salvataggio da 700 miliardi di dollari strappati ad un Congresso molto mal disposto e che è stato, invece, costretto a staccare un assegno da 17,4 miliardi di dollari che forse consentiranno, anche grazie alle stringenti condizioni imposte come collaterale, di non trasformare Detroit e molte altre località negli Stati Uniti d’America e all’estero in realtà postindustriali.

Con il salvataggio dell’auto, si chiude il primo ciclo dell’intervento statale a stelle e strisce nell’economia e viene dichiarato prosciugato il primo plafond da 350 miliardi di dollari del TARP, lasciando al presidente eletto una situazione meno drammatica ed una dote finanziaria di pari entità da spendere in modo ci si augura meno emergenziale ed a mente più fredda, il tutto gestito da persone meno legate delle precedenti agli interessi vestiti di Big Finance e delle grandi corporations a carattere più o meno globale.

Le pesanti bordate che il per la terza volta ministro italiano dell’Economia ha voluto riservare al governatore della Banca d’Italia, nonché presidente pro tempore del Financial Stability Forum, Mario Draghi, appaiono un remake del lungo ed aspro scontro che oppose lo stesso Tremonti all’ex Governatore Antonio Fazio, ma sarebbe un errore confondere le due situazioni, in quanto, stavolta, la materia del contendere è il controllo dello Stato sui maggiori gruppi bancari italiani, un argomento sul quale, al di là dell’evidente gioco delle parti, Berlusconi e Tremonti la pensano allo stesso modo!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.