martedì 23 dicembre 2008

Se la Toyota ha il raffreddore, le altre case automobilistiche hanno la polmonite!


Dopo aver cercato di delineare ieri i tratti fondamentali del mercato finanziario globale che verrà quando la tempesta perfetta un giorno cesserà, credo proprio sia meglio tornare alle urgenze del presente, anche alla luce del drammatico appello che il numero uno del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss Kahn, ha rivolto ai governi dei paesi maggiormente industrializzati affinché osino di più per contrastare, attraverso un deficit spending di dimensioni gigantesche gli effetti degli alti marosi della tempesta perfetta che il 9 gennaio prossimo compirà i suoi primi venti mesi di vita.

Anche se parlava da Washington, l’ex ministro francese delle finanze sembrava parlare più ai paesi membri dell’Unione Europea che all’attuale e alla futura amministrazione del paese che ospita il quartier generale di una delle due istituzioni nate dagli accordi di Bretton Woods, in quanto quello che non manca agli Stati Uniti d’America, forse anche perché sono stati l’epicentro del sisma che sta devastando la finanza e l’economia reale a livello globale, è proprio la consapevolezza dell’estrema gravità delle questioni sul tavolo e che hanno portato il governo e la banca centrale ad impegnare migliaia di miliardi di dollari.

E’ di ieri la notizia della pressante richiesta dei maggiorenti del partito democratico, uscito largamente vittorioso dall’Election Day di novembre, di poter mettere le mani al più presto sulla seconda tranche del mega piano di salvataggio del sistema finanziario statunitense approvato dal Congresso in ottobre, 350 miliardi di dollari che servono come il pane anche all’esterno del settore finanziario e che, vincendo le strenue resistenze dell’attuale titolare del dicastero del Tesoro, sono servite anche pe il finanziamento ponte alle tecnicamente fallite General Motors e Chrysler, sulla prima delle quali è giunto ieri un impietoso report di una importante banca europea che dice senza mezzi termini che l’azione è da buttare, anche se forse gli alquanto disperati possessori di quella che un tempo era una delle più solide azioni americane non hanno avuto bisogno del ‘consiglio’ per buttare giù la quotazione di qualcosa come il 20 per cento in una sola seduta..

Per tutti coloro che continuavano un po’ insensatamente ad auspicare un rally borsistico di fine anno, la giornata di ieri è stata certamente da dimenticare sia in Europa che a Wall Street, in Asia si è salvata Tokyo solo per il piano di intervento governativo monstre appena annunciato, ma colpiva particolarmente la nuova pioggia di vendite sui titoli finanziari statunitensi, in parte dovuta al fatto che la prossima dipartita dell’amico Hank Paulson e l’arrivo di Timothy Geithner, uno che in una banca di investimento o commerciale c’è stato solo come cliente, non fornisce sufficienti garanzie sul destino della seconda tranche citata di sopra, anche visto che, a furor di contribuenti, si potrebbe giungere ad un fifty-fifty tra Wall Street e quella Main Street che sinora è rimasta pressoché a bocca asciutta.

Come dicevo all’inizio, il drammatico appello del direttore del Fondo Monetario Internazionale (ed il contestuale annuncio della prossima e drastica revisione al ribasso delle stime relative al 2009) non rappresenta che l’ultimo pronunciamento dopo quelli di Trichet, Barroso, Almunia e chi più ne ha ne metta agli alquanto esitanti governi europei, inclusi quei tre, Germania, Gran Bretagna e Francia, che hanno speso solo una frazione dei 1.500 miliardi di euro stanziati nel mese di ottobre e, al momento, ancora bellamente sulla carta.

Nel frattempo, anche la nipponica Toyota è costretta ad ammettere che annuncerà la prima perdita in 71 anni di gloriosa storia aziendale, dichiarando di aver preso un raffreddore mentre la maggior parte delle case automobilistiche mondiali presentano chiaramente i sintomi della polmonite, più o meno fulminante e mentre le chiusure forzate già annunciate comporteranno una perdita di produzione almeno equivalente all’output annuo dell’intero settore automobilistico italiano, né si sa quando si potranno scorgere i primi segnali di una ripresa di una domanda che è sempre più orfana dei provvidenziali finanziamenti.

D’altra parte, in uno scenario che vede andare a braccetto la crisi immobile e quella del settore automobilistico, un settore che è peraltro strettamente collegato a quello della chimica, della componentistica, per non parlare del legame con il settore petrolifero, la cosa che bisogna più accuratamente evitare è quella che sta di fatto accadendo giorno dopo giorno e, cioè, il procedere in ordine sparso dei governi dei paesi maggiormente industrializzati, con aiuti a macchia di leopardo che, come giustamente sostiene il numero uno di Fiat, Sergio Merchionne, stanno creando una situazione che mina le basi di una forma di mercato che, almeno sinora, è stata caratterizzata da un alto grado di concorrenza.

Pur appartenendo alla schiera di quanti sostengono che l’attuale modello basato sulla crescita dissennata dei consumi di beni durevoli e semidurevoli basato sulla cosiddetta obsolescenza programmato è insensato, nonché gravemente dannoso per il già precario equilibrio ecologico a livello planetario, trovo del tutto allucinante che non si riesca a trovare, nell’ambito dell’Unione Europea, che, lo ricordo per i più distratti, si basa sulla libera circolazione delle merci, delle persone e dei capitali, principi che sono basati sull’altrettanto importante assunto che non vi siano vantaggi o svantaggi competitivi determinati dall’azione degli Stati membri, il che, detto con parole diverse, vuole semplicemente dire che non è possibile che Bonn e Parigi decidano unilateralmente di aiutare le proprie case automobilistiche in modo diverso da quanto fa Roma o qualunque altra capitale europea di un paese membro con una significativa presenza nel settore!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.