martedì 10 novembre 2009

La disoccupazione USA a due cifre non sembra spaventare i mercati!


Ciò che si attendeva da molti mesi si è infine verificato e così, pur avendo il Non Farm Payrolls evidenziato una perdita netta in ottobre di ‘soli’ 190 mila occupati, il tasso di disoccupazione ufficiale relativo allo stesso mese ha superato la soglia psicologica del 10 per cento, portandosi al 10,2 per cento, il che significa che qualcosa di meno di 16 milioni di americani sono alla ricerca di un lavoro, un numero che quasi si raddoppia tendendo conto delle trasformazioni di rapporti da full time a part time e dei cosiddetti scoraggiati.

Nei più di due anni di vita del Diario della crisi finanziaria, ho più volte sottolineato l’importanza dei dati sull’occupazione, dati cui è riservata grande attenzione nei periodi normali, ma che assumono un’importanza cruciale quando, dopo ventisette mesi esatti di tempesta perfetta, si sta cercando di capire se sia davvero partita la ripresa e, soprattutto, se la stessa abbia la forza sufficiente a riassorbire gradualmente la massa di disoccupati che si è creata a partire dal dicembre del 2007.

Al di là dei convincimenti degli ottimisti a ogni costo, i dati sull’occupazione statunitense sono quelli che sono, ma anche le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione continuano a mantenersi al di sopra delle 500 mila richieste, sussidi che sono divenuti oramai pluriennali, senza contare l’ulteriore estensione temporale dei benefici approvata dal Congresso e appena firmata dal presidente Obama, né le cose migliorano se si volge lo sguardo ai livelli di capacità industriale utilizzata o ad altri indicatori che permettono di capire quale sia il reale stato di salute dell’economia reale.

Di tutto ciò sembrano perfettamente consapevoli i ministri dell’economia del G20 che, riuniti in una località scozzese, hanno appena ribadito che non cesseranno gli aiuti straordinari all’economia, una notizia che ha immediatamente rispedito il dollaro a quota 1,50 nei confronti dell’euro, ma ha soprattutto convinto quanti stanno facendo carry trading tra il dollaro a tassi di interesse prossimi allo zero e investimenti a alto rischio che il loro gioco potrà continuare ancora per lungo tempo, il che fa dire a Nouriel Roubini, alias Dr. Doom, che quella attuale “è la madre di tutti i carry trading”, un’affermazione che indica i rischi enormi impliciti in questo gioco.

Per un Warren Buffett che decide di prendere il controllo totale di una importante compagnia ferroviaria, vi sono un’infinità di soggetti che continuano a ritenere che sia meglio fare scommesse sulle commodities, sulle azioni, sulle valute e su un po’ tutto quanto viene scambiato sui mercati regolamentati, tutte entità che non sembrano essere in alcun modo preoccupate delle bellicose intenzioni dei governi e delle banche centrali che, almeno a parole, vorrebbero spuntare le unghie dei protagonisti del mercato finanziario globale.

Uno che di questo gioco se ne intende, il Chairman e Chief Executive Officer della potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs, Larry Blankfein, è incorso in un curioso incidente nel corso di un’intervista televisiva, affermando che in questa difficile fase Goldman sta facendo “il lavoro di Dio”, un’uscita che avrebbe provocato l’internamento in una più o meno confortevole casa di cura di chiunque altro, ma non di uno come Larry, che è pur sempre l’erede di quell’Hank Paulson del quale si sono perse le tracce da quando ha lasciato l’incarico di ministro del Tesoro!