Ho pensato molto se mettere un punto interrogativo al titolo, ma poi ho visto la serenità di titoli e contenuti sull'argomento da parte dei colleghi della carta stampata e degli altri media e, soprattutto, la tempestiva convocazione dei vertici di Intesa-San Paolo da parte della CONSOB, atto dovuto dopo due giorni di rally del titolo del Leone in borsa, movimenti assolutamente inusuali per il titolo della storica compagnia di assicurazioni che occupa il primo posto nella graduatoria italiana del settore, ma è superata nel ramo vita proprio dalla intensa attività di bancassicurazione della prima banca italiana che punterebbe a raggiungere quasi 800 miliardi nel comparto del risparmio gestito, mentre quello che non mi è chiaro è il motivo della convocazione da parte della stessa CONSOB dei vertici di Unicredit.
Ho descritto in più di una puntata del Diario della crisi finanziaria il "vero" assetto di vertice della banca che nasce dalla Ca de Sass, la storica Cariplo, unita all'inizio del risiko bancario a quel nucleo di banche che ereditarono le spoglie del Banco Ambrosiano, una di queste in particolare, il Banco di Brescia, guidata con mano ferma dal campione della finanza cattolica, l'avvocato Giovanni Bazoli. che di Intesa diverrà presidente e che ora ne è presidente onorario ma che, insieme a Giuseppe Guzzetti, patron della Fondazione Cariplo nonché presidente dell'ACRI, è nume tutelare della banca, oltre che secondo alfiere di quella finanza cattolica che ha prima conquistato la Banca Commerciale Italiana per poi, a differenza di quanto accadde con l'altrettanta presa, il San Paolo di Torino, non trovò spazio nel nome, né spazio nell'azionariato di comando del gruppo, come è invece accaduto per la Compagnia di San Paolo!
Ebbene, con buona pace di quel Carlo Messina cui ho visto muovere i primi passi nella Direzione finanza di un'importante banca italiana nella quale ricoprivo il ruolo di economista della sala cambi, sono questi due personaggi un po' avanti nell'età a menare le danze sulla storica compagnia di Trieste che ha come primo azionista Mediobanca e che insieme rappresentano uno dei pochi bastioni di quella finanza laica che per decenni ha visto come indiscusso regista del capitalismo delle famiglie lo scomparso Enrico Cuccia, un uomo che sino alla fine continuò a dettare legge in quella Mediobanca che il capo altrettanto indiscusso della Banca Commerciale Italiana, Raffaele Mattioli, gli consegnò pur di non averlo tra i piedi nella sua banca faticosamente risanata dopo la crisi bancaria degli anni Trenta.
Come andrà a finire è difficile da dirsi, in particolare perché gli interessi in gioco a livello europeo sono davvero enormi e qualcuno potrebbe essere tentato di contrapporre alla offerta pubblico di scambio, carta contro carta, di mettere sul piatto tanti soldi per mettere le ami su quello che forse è il pezzo più pregiato della finanza italiana. Quello che è certo è che la partita avrà tempi relativamente brevi.
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