Anche i più sprovveduti tra gli italiani hanno capito benissimo che dopo quello che sta succedendo nella centrale giapponese di Fukushima le sorti del piano italiano per il nucleare, dodici impianti di terza generazione da installare nel nostro paese, erano gravemente compromesse se non del tutto annullate, ma quello che è successo ieri a Cernobbio (località dalla strana assonanza con Chernobyl) sono suonate come un de profundis per la potente ma attualmente alquanto malmessa lobby nostrana del nucleare.
E’, infatti, da quella ridente località che il per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, ha discettato dei rischi connessi alla crisi finanziaria ancora in corsa, aggiungendo a quelli già noti il rischio nucleare, un rischio a suo dire molto concreto e legato non solo agli incidenti possibili ma anche ai difficilmente quantificabili costi necessari per concludere in modo sicuro la vita di un reattore eventualmente installato, per la precisione il ministro ha parlato di debito nucleare, da affiancare al debito pubblico e a quello privato.
Il molto immaginifico ministro ha lanciato anche una sua proposta che consiste nell’investire risorse adeguate per lo sviluppo delle energie alternative finanziando questi investimenti con la creatura a lui più cara rappresentata dagli eurobonds, anche se utilizzando le somme preventivate per il piano nucleare sarebbe possibile fare un bel tratto di strada nell’innalzamento della percentuale di energia tratta dal sole dal vento e da tutte le altre possibili fonti di energia diverse da quelle fossili, una strada peraltro già percorsa dall’Italia in tempi non sospetti con il massiccio ricorso all’idroelettrico.