Nel giorno in cui l'Unione di Banche Italiane (UBI) saldamente guidata da Viktor Massiah accetta di fare quell'aumento di capitale da 5-600 milioni di euro fermamente rifiutato fino ad ora ma altrettanto fermamente e con successo chiesto da Madame Nouy capo della Vigilanza BCE, aumento necessario per il via libera all'acquisizione di tre delle quattro banche fallite nel novembre 2015 ma salvate da un decreto governativo che ha fatto nascere quattro bad bank con tutte le sofferenze e quattro good bank che, in pochi mesi di vita, di sofferenze ne hanno già accumulate per 3,7 miliardi di euro, ritengo utile ripubblicare questa pur recente puntata del Diario della crisi finanziaria, non toccando tuttavia il titolo che avrei, invece, voluto modificare in "La Vigilanza BCE triplica le attenzioni sulle banche italiane".
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In diverse puntate del Diario della crisi ho espresso, per quel che vale, la mia solidarietà ai Chief Executive Officer e ai presidenti delle quindici banche italiane vigilate direttamente dal Consiglio di Vigilanza istituito nel giugno del 2014 presso la Banca Centrale Europea, un organismo guidato da Danielle Nouy, già ai vertici di Banque de France, coadiuvata da un'altra donna proveniente dalla Bundesbank e dall'italiano Ignazio Angeloni, un uomo partito da Banca d'Italia e poi al Fondo Monetario Internazionale e in BCE sin dalla costituzione della banca centrale dell'area dell'euro, per le notti perdute cercando di capire quando la scure della Nouy e compagni si sarebbe abbattuta sul loro capo.
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In diverse puntate del Diario della crisi ho espresso, per quel che vale, la mia solidarietà ai Chief Executive Officer e ai presidenti delle quindici banche italiane vigilate direttamente dal Consiglio di Vigilanza istituito nel giugno del 2014 presso la Banca Centrale Europea, un organismo guidato da Danielle Nouy, già ai vertici di Banque de France, coadiuvata da un'altra donna proveniente dalla Bundesbank e dall'italiano Ignazio Angeloni, un uomo partito da Banca d'Italia e poi al Fondo Monetario Internazionale e in BCE sin dalla costituzione della banca centrale dell'area dell'euro, per le notti perdute cercando di capire quando la scure della Nouy e compagni si sarebbe abbattuta sul loro capo.
Le banche vigilate direttamente, per tutte le altre la Vigilanza continua a far capo alla Banca d'Italia, sono quelle elencate di seguito in un ordine che non è quello per importanza e fanno parte del gruppo di 119 banche dell'area dell'euro vigilate direttamente dall'isituzione basata a Francoforte: Banca Carige; Banca del Monte dei Paschi di Siena; Banco Popolare; Banca Popolare dell'Emilia Romagna; Banca Popolare di Milano; Banca Popolare di Sondrio; Banca Popolare di Vicenza; Barclays Italia; Credito Emiliano; Iccrea Holding; Intesa San Paolo; Mediobanca; Unicredit; Unione di Banche Italiane e Veneto Banca.
Le quindici banche sono state individuate sulla base di criteri meramente oggettivi e, cioè. sul totale dell'attivo o sulla rilevanza, come nel caso di Barclays Italia, nel mercato creditizio italiano, sono assenti giustificate la Banca Nazionale del Lavoro, in quanto integralmente controllata da BNP Paribas ovviamente vigilata da Francoforte al pari delle maggiori banche francesi e Unipol Banca totalmente controllata dal Gruppo Unipol.
L'elenco fa, altresì, capire in modo immediato quanto il trio franco-tedesco-italiano al vertice della Vigilanza BCE si sia portato avanti con il lavoro e questo in poco più di due anni dal fischio di inizio che il Presidente della BCE, l'italiano Mario Draghi, ha dato a metà del 2014, in quanto le due maggiori banche venete, il Banco Popolare è ormai un'entità uscita prepotentemente dagli angusti confini regionali, la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono oramai finite nelle mani di un Fondo Atlante che, a distanza di parecchi mesi, non sembra proprio sapere che farsene ed entrambe affondate da aumenti di capitale per complessivi 2,5 miliardi del tutto rigettati da un mercato che definire nervoso è davvero un vero e proprio eufemismo, anche se va detto che non vi sono state le conseguenze piene di un bail in che non è scattato.
Per altre due banche, il Banco Popolare e la Banca Popolare di Milano, si è ricorsi alla fusione, con l'aumento di capitale da un miliardo richiesto al solo Banco Popolare che, al di là dei patriottismi imperanti a Milano, è di fatto la banca acquirente, mentre dal 1° gennaio dell'anno prossimo la nuova entità dovrà fare i conti con quello smaltimento delle sofferenze per il quale la Vigilanza BCE ha richiesto, appunto, l'aumento di capitale che bisognerà però vedere, una volta consolidati i conti, se sarà sufficiente alla bisogna.
Sul Monte dei paschi non vorrei soffermarmi in questa sede se non per dire che il piano industriale di Jamie Dimon, via Marco Morelli, è oramai giunto, con l'offerta di conversione di "tutte" le obbligazioni subordinate in azioni della banca senese, al momento della verità e, certo, le armi di persuasione sono state messe in campo proprio tutte e la scelta appare proprio obbligata per gli sventurati possessori dei bond, mentre la richiesta di portare il Tier1 di Unicredit al 12,25 per cento mette davvero i brividi al "nuovo" amministratore delegato del colosso creditizio milanese, per non parlare della vera e propria rissa messa in campo da Viktor Messiah di UBI che è riuscito a non fare l'aumento di capitale per acquisire tre delle quattro good bank emerse dalla triste vicenda di Banca Etruria e le sue tre consorelle.
Graziate, a torto o a ragione, le altre sette banche del raggruppamento, rimane solo Carige, una banca che di ispezioni della Vigilanza BCE ne ha in corso due, una sulla qualità dell'attivo l'altra, più recente sulla Governance e, anche se non so proprio come andrà a finire, sono certo, tuttavia, che ne vedremo delle belle!
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