Sono settimane, se non mesi, che chiunque volga uno sguardo, anche distratto, alle quotazioni delle maggiori banche europee giudicate a torto o a ragione a rischio, per una di queste, Deutsche Bank, autorevolissimi esponenti del mondo delle banche centrali e delle istituzioni finanziarie internazionali parlano addirittura di rischio sistemico, può notare che, dopo aver toccato quasi a rotta di collo minimi storici su minimi storici, stanno da un numero quasi infinito di sedute di borsa in una fase cosiddetta di galleggiamento che viene recuperata anche dopo scivoloni verticali verso il basso ai quali fanno seguito recuperi davvero stellari ma che poi è difficile mantenere, innescandosi quindi un movimento proprio delle montagne russe ma che, come dicevo di sopra, avviene intorno a livelli che sembrano in qualche modo prestabiliti sia dalla banca sotto attacco che da grandi istituzioni finanziarie che, per i motivi più disparati, le si pongono attorno quasi formando una trincea mobile ideale.
Chi segue assiduamente il Diario della crisi finanziaria sa bene quali le due banche, una globale l'altra di grande rilievo nazionale attorno a cui si stanno stringendo a coorte un gran numero di banche di ogni ordine e dimensione, la prima essendo rappresentata dal colosso creditizio tedesco dai piedi di argilla, Deutsche Bank, una banca sul grattacielo della quale sventola una bandiera che riporta a titoli cubitali "Too big to fail", mentre l'altra è rappresentata dal molto malmesso Monte dei Paschi di Siena, la cui azione, prima del più che sospetto rally della settimana scorsa, sembrava destinata a puntare sulla soglia psicologica dei dieci centesimi, ma che ha iniziato a tirare verso l'alto a partire dal minimo storico di poco inferiore ai 16,5 centesimi, per rimbalzare in pochissime sedute, e con volumi di scambi quotidiani stratosferici, sino ai 42 centesimi per poi risprofondare in poche sedute al livello di poco più di 24 centesimi; e pensare che avevo dedicato un'intera puntata del blog per invitare la CONSOB alla vigilanza su quanto stava accadendo e all'adozione di missioni di contrasto del fenomeno.
Ma perché è importante che l'azione della banca di Rocca Salimbeni non si porti alla soglia di dieci centesimi che poi la stessa sulla quale si sono impiccate la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca prima di fallire clamorosamente aumenti di capitale per 2,5 miliardi di euro complessivi prima di essere acquisiti en bloc dal Fondo Atlante che ora punta a fonderle in un'unica banca? E che lo fa approfittando per gli inevitabili esuberi che si determineranno in sede di una fusione contro la quale i sindacati minacciano le barricate, lo farà dicevo approfittando delle accresciute capacità ricettive del Fondo di solidarietà del settore creditizio che riceverà dal Governo 600 milioni di euro nel prossimo triennio per garantire un accompagnamento sicuro alla pensione a 50 mila bancari, un numero enorme ma che, se non dovesse bastare, verrà ampliato di altri 600 miliardi nel successivo triennio, a fronte di altri 50 mila lavoratori e lavoratrici del credito in esodo, nonché, nell'ipotesi espressa da Renzi in margine ad un convegno a Milano, di altri 50 mila nel triennio ancora successivo sempre per un contributo statale di 600 milioni di euro.
Quindi, quello a cui stiamo a sostengo sui mercati azionari tedesco e italiano è forse il più grande sforzo cooperativo messo in campo dalle banche globali e da investitori istituzionali che, come è ovvio, guardano anche al dopo, alle prospettive cioè di un Monte dei Paschi di Siena finalmente ricapitalizzato e ripulito di tutte le sofferenze lorde, nel frattempo salite ad oltre 28 miliardi di euro e con un carico di crediti deteriorati che dovrebbe aggirarsi sugli attuali 20 miliardi che non è escluso siano a loro volta oggetto di cartolarizzazione da parte di alcuni dei grandi nuovi soci che del recupero crediti fanno la loro missione operativa; insomma, secondo il piano industriale di Marco Morelli, nell'anno di disgrazia 2016 si parte con 4,8 miliardi di euro di perdite (dovute quasi in toto alla cessione delle sofferenze), per poi risalire fino a riveder le stelle nel 2019 con un utile stimato in 1,1 miliardi che potrebbe essere anche migliorato se verrà potenziato il piano di uscite che, lo ricordo, nella proposta di BNP Paribas avrebbe riguardato 10 mila lavoratrici e lavoratori del gruppo senese.
Se quella di MPS è una situazione critica ma gestibile, lo stesso non può dirsi per Deutsche Bank che è oggetto di interventi di banche globali, ma ha problemi che non sono facilmente risolvibili quali i Non Performing Loans, ma Deutsche è anche oggetto di endorsment pesanti da parte di, a solo tipo di esempio, Jamie Dimon di J.P. Morgan e di una grandissima banca globale elvetica e ha fatto una trimestrale con un utile che è inferiore ai 300 milioni di euro, ma che fa seguito a d un trimestre in profondissimo rosso, un utile tuttavia spiegabile solo con la performance di una delle sue CIB e che non contribuisce a svelare i misteri della banca che, non so dire perché, mi ricorda sempre più da vicino al Lehman Brothers delle settimane precedenti il default, liquidity pool compresa!
Nessun commento:
Posta un commento