Nei due anni circa in cui ho pubblicato quotidianamente le puntate del Diario della crisi finanziarie, mi è stato rimproverato più volte di occuparmi prevalentemente degli Stati Uniti d’America, dedicando minore attenzione all’Europa e, in particolare, all’Italia, un’accusa solo parzialmente fondata, visto che ho dedicato al nostro Paese e al Vecchio Continente non meno di cento puntate, ma il problema è rappresentato dal fatto che la tempesta perfetta ha origine dagli USA ed è dall’evoluzione delle cose in quella grande nazione che potremo un giorno dire se è terminata oppure no!
Ma quello che vi è di meraviglioso in quella nazione è la gran messe di statistiche e l’accuratezza con cui la stampa va alla ricerca delle cause dei fenomeni che sono all’attenzione dell’opinione pubblica, spinti da motivi concorrenziali, dalla loro linea politica e, almeno in alcuni casi, da ambedue queste ragioni.
Non fa eccezioni il caso del blocco delle procedure di foreclosure, cioè l’avvio di quei procedimenti che si concludono, nella maggior parte dei casi, con l’esproprio e la successiva vendita all’asta della casa, come di mostra un eccellente reportage del New York Times che è andato a scovare il caso zero che ha innescato la ribellione dei mutuatari contro le procedure in molti casi disinvolte seguite dalle banche e dalle finanziarie per impossessarsi, spesso a caro prezzo, di case che poi, una volta messe all’asta, spesso non ripagano le spese sostenute dalle banche per portare a termine l’intera procedura.
Il servizio si apre con una foto di un’abitazione indipendente e tutt’altro che di lusso costata alla signora Nicolle Bradbury 75 mila dollari interamente finanziati dalla GMAC, che ha pure fornito la somma necessaria per la ristrutturazione e, in sede di rinegoziazione del mutuo e relativo innalzamento della rata, altro denaro, rate che la signora Bradbury ha smesso di pagare da due anni, avendo perso lei il lavoro, essendosi gravemente ammalato il marito e con due figli in età scolare (16 e 14 anni).
Si trattava di una causa vinta per la GMAC, parlo di causa perché la località in cui vive la signora Bradbury è situata in uno Stato, il Maine, nel quale, come accade in altri 22 Stati, per avviare l’esproprio è necessario andare in giudizio, ma la GMAC aveva fretta e ha affidato la pratica a un funzionario che, senza troppe verifiche ne sforna, come ha lui stesso testimoniato 400 al giorno, divenendo il primo robo-signer ad aver ammesso l’esistenza di tali procedure non proprio accurate.
La fortuna della signora Bradbury è stata quella di rivolgersi a una associazione no profit che le ha assegnato pro bono un legale, Thomas A. Cox, che ha lavorato per anni per una banca locale occupandosi proprio di procedure di foreclosure e relativi espropri, e che ha scoperto subito l’omissione di alcuni passaggi nelle procedure stesse e che è riuscito a farle ammettere in giudizio al dipendente di GMAC, che è stata pure condannata a corrispondergli 27 mila dollari a titolo di onorario, ed è sulla base degli sviluppi di questo caso che le maggiori banche statunitensi si sono viste costrette a bloccare i pignoramenti alcune sull’intero territorio degli USA, altre nei 23 Stati in cui è necessario andare in giudizio, mentre pende la possibilità che si giunga a una moratoria disposta per legge ed è in corso un’indagine federale sulla materia degli espropri!