Hanno destato una certa sorpresa i dati del terzo trimestre del Credit Suisse, una delle banche globali che ha maggiormente retto agli alti marosi della tempesta perfetta che io continuo a ritenere ancora viva e vegeta ad oltre tre anni dal suo avvio nell’agosto del 2007, una banca che ha certamente vissuto molte meno traversie della sua rivale e conterranea UBS, banca notoriamente afflitta dalle ingenti perdite nell’ampio settore della finanza e colpita sul piano reputazionale per il suo ruolo nell’evasione fiscale di numerosi suoi clienti statunitensi.
Nel trimestre che si è chiuso il 30 settembre, il Credit Suisse ha riportato un utile di 609 milioni di franchi svizzeri, in calo del 74 per cento nei confronti dei 2,35 miliardi di franchi conseguiti nel terzo trimestre del 2009, ma quello che più ha stupito gli analisti è rappresentato dall’ermeticità delle spiegazioni fornite dal CEO, Brady Dougan, che, invece di fornire spiegazioni di una performance inferiore alle più pessimistiche stime degli esperti, ha preferito sottolineare la bontà del modello produttivo, un modello che, a suo dire, non mancherà di fornire grandi soddisfazioni agli azionisti della banca elvetica.
Per ammissione del Chief Financial Officer della banca elvetica, buona parte del è legata a risultati nettamente sotto le attese del trading che si accompagnano a maggiori costi della divisione di Corporate & Investment Banking a loro dovuti ad una aggressiva politica di assunzioni e ad un aumento dei bonus, per non parlare dei maggiori accantonamenti legati alle indicazioni dei regolatori che appaiono addirittura più restrittive di quelle previste a livello internazionale che lo saranno ancora di più a partire dal 2012.
Quello dei modesti risultati nel settore del trading in azioni, cambi e materie prime è un fenomeno che è risultato evidente nei bilanci del terzo trimestre delle banche statunitensi, Goldman Sachs e Morgan Stanley in testa, un fenomeno che è in larga parte dovuto alla minore volatilità dei mercati, volatilità più o meno spontanea che è il propellente per gli utili miliardari delle banche globali e delle divisioni di Corporate & Investment Banking delle banche ad operatività sovranazionale e al proposito sarà interessante vedere i bilanci per il terzo trimestre delle banche basate nell’area dell’euro.
Dalla Cina viene, nel frattempo, qualche segnale di rallentamento con la crescita nel terzo trimestre pari a “solo” il 9,6 per cento contro il 10,3 registrato nel secondo e l’11,9 nel primo e, ancor di più, la decisione della banca centrale cinese di alzare, per la prima volta in tre anni, i tassi di riferimento, due eventi che non impediranno ai partecipanti al prossimo vertice internazionale in programma a Seul di spingere sui vertici cinesi per un adeguamento al rialzo dello yuan.