giovedì 28 ottobre 2010

Un pittbull azzanna Bank of America!


Reduce dalla chiusura di lucrose transazioni riguardanti discutibili passaggi di titoli della finanza strutturata aventi come sottostante mutui residenziali o contratti di altro genere, una certa avvocatessa Connor, definita da quanti la conoscono il pitbull, ha inviato a Bank of America e a un intermediario una lettera nella quale chiede che BofA si riprenda 49 miliardi di bonds collegati a mutui erogati dalla acquisita Countrywide.

Al momento, né Bofa né l’intermediario hanno risposto alla lettera della Connor, ma, guardando il file dei successi della donna che passa il tempo libero ad insegnare catechismo ai bambini e quello lavorativo a fare le pulci ai mastodontici contratti in uso nelle transazioni finanziarie, certamente un po’di inquietudine sarà serpeggiata ai piani alti delle due istituzioni, ree, secondo quanti hanno dato mandato allo studio del quale la Connor fa parte di aver rifilato loro una patacca più o meno ben confezionata.

Ho trascorso oltre due a sostenere che la montagna di titoli della finanza strutturata non sarebbe scomparsa di incanto, così come credo che l’operazione in esame, un’operazione che potrebbe chiudersi in tempi brevi con una transazione o in tempi lunghi per via giudiziale, non sia che una delle tantissime messe in piedi dalle banche per traslare su altri il rischio, un rischio che nessuno come loro era in grado di prezzare appieno.

Bank of America da un lato e l’avvocato dall’altro sanno benissimo che si tratta di una vertenza pilota di enorme importanza e che è necessario ricorrere a tutti i mezzi per evitare di soccombere, la prima perché sa che se ne aprirebbero immediatamente moltissime altre, mentre la Connor è perfettamente consapevole del fatto che, vinta questa, la fila dei clienti alla porta del suo studio si allungherebbe a dismisura.

Nel frattempo, il mondo finanziario si è molto preoccupato ieri per il rallentamento della crescita della Corea del Sud nel terzo trimestre, un incremento dello 0,7 per cento pari alla metà di quella segnalata nel secondo trimestre che, a sua volta, aveva già segnalato una frenata rispetto al primo quarto dell’anno.

Come avevo segnalato in una precedente puntata del Diario della crisi finanziaria, anche la crescita del colosso cinese ha dovuto abbandonare le due cifre, fermandosi al di sotto del 10 per cento (9,6) e sia nel caso coreano che in quello cinese si segnala un rallentamento della crescita delle esportazioni.

Ma la più forte preoccupazione, con relativa flessione dei mercati azionari, l’ha innescata ieri un articolo del solitamente informato Wall Street Journal che pronosticava un approccio molto graduale e moderato nell’entità da parte della Federal Reserve, con acquisti di titoli per centinaia e non per migliaia di miliardi di dollari, acquisti, oltretutto, diluiti nel tempo.