Anche se viene relegato in fondo alle pagine online dei principali quotidiani italiani, la crisi nella centrale nucleare giapponese di Fukushima continua a segnalare contaminazioni dell’ambiente circostante a livelli da brividi: 1,1 milioni di volte i limiti consentiti per il cesio 137 e 8,5 milioni di volte per lo iodio 131, livelli riferiti ad un campione prelevato prima dello sversamento in mare di decine di migliaia di tonnellate d’acqua proveniente dalla centrale, mentre non basta più l’area di 30 chilometri soggetta ad evacuazione, perché livelli di radioattività superiore alla norma sono stati rilevati a distanze maggiori.
La borsa di Tokyo ha chiuso ieri in rialzo grazie alla notizia che sarebbe stata tappata la falla al reattore numero due dalla quale fuoriusciva materiale altamente radioattivo che andava a contaminare le decine di migliaia di tonnellate d’acqua presenti nella centrale, acqua che presumibilmente verrà riversata in mare, a meno che non giunga in soccorso una piattaforma russa specializzata nel raccogliere l’acqua radioattiva dei sommergibili nucleari russi, intervento che non si sa ancora se e quando avverrà.
Sarà fra poco un mese che terremoto e conseguente tsunami hanno determinato il più grave incidente nucleare della storia del Giappone, un incidente che non si sa ancora se classificato a livello di 6 come Three Mile Island o 7 come Chernobyl, ma quello che è chiaro è che, quando accadono incidenti simili, si va a tentoni mentre i rischi crescono ogni giorno che passa sia per la popolazione che per i kamikaze utilizzati per tenere sotto controllo una situazione che diventa sempre più incontrollabile.