Quando, nel febbraio di questo anno di disgrazia 2016, ho ripreso le pubblicazioni del Diario della crisi finanziaria, ero convinto che, dopo tre anni circa di sospensione delle pubblicazioni, avrei stentato a ritrovare i miei lettori degli anni roventi della Tempesta Perfetta, anche perché ero convinto che condividessero la mia percezione che oramai il peggio era passato e che non fosse quindi necessario seguire quotidianamente le fasi di una crisi che si era fatta pressoché sotterranea, anche se pronta a riemergere quando le condizioni si fossero fatte propizie, il che è puntualmente accaduto nei mesi a cavallo dell'inizio 2016, dando luogo a quella che ho definito la terza fase della Tempesta Perfetta, una fase che presenta caratteristiche diverse dalla prima e dalla seconda fase di quella che non a caso viene riconosciuta come la più grave crisi di liquidità dalla fine del secondo conflitto mondiale, ma che, grazie alla deregolamentazione nel settore dei servizi finanziari e al più generale processo di globalizzazione, ha rischiato di superare, come effetti devastanti, alcuni dei quali ancora di là da venire, anche la crisi del 1929 e di quella successiva fase di acuta depressione che fu interrotta più di dieci anni dopo solo dallo sforzo bellico, uno sforzo che fece parlare del presidente di allora degli USA come di un keynesiano malgrado sé.
Mi sembrava, quindi, di lanciare dei messaggi in una bottiglia affidata al vasto mare del web e ho anche accettato di pubblicare le puntate, oltre che su Facebook, anche su tre siti che abitualmente si occupano d'altro, anche se, per una serie di motivi, ne è rimasto soltanto uno più alcuni siti che fanno il copia incolla delle puntate che più gli interessano, ma è bastato poco per capire che si trattava di una preoccupazione infondata perché la risposta dei lettori è stata pressoché immediata e ora il blog è visitato da circa 7.500 persone al mese, più che triplicando in pochi mesi il numero di visite, anche se è radicalmente cambiata la composizione che vede i lettori statunitensi giungere ad una cifra di visite mensili più che doppia rispetto a quelli italiani, con 4500 visite circa contro le 1803 dei miei compatrioti, mentre si aggirano sulle duecento visite per ciascuno dei paesi quelle di Germania, Filippine e Lituania, per non contare le decine di visite che caratterizzano gli altri paesi.
La cosa interessante delle circa duecento visite quotidiane statunitensi è che le stesse sono rigorosamente raggruppate in blocchi di 30 persone e le visite riguardano prevalentemente puntate della prima fase della Tempesta Perfetta e, quindi, comprese tra il 2007 e il 2010, facendo pensare a lezioni o seminari incentrati sugli anni più turbolenti, in particolare negli Stati Uniti d'America, della crisi finanziaria, ipotesi che voglio verificare avvalendomi nuovamente di Google Analitics che per pigrizia non ho riattivato.
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