venerdì 2 settembre 2016

Le banche tedesche seguiranno la via italiana?


Giovedì scorso è dovuto intervenire lo stesso Chief Executive Officer del colosso creditizio globale dai piedi di argilla, Deutsche Bank, per smentire un'ipotesi alla quale la borsa stava dando ampio credito e cioè che era allo studio avanzato una fusione tra Deutsche e Commerzbank, una soluzione che avrebbe diluito fortemente i problemi della prima, ma che non sarebbe comunque stata in grado di risolvere il problema dei problemi della banca tedesca gravata da una montagna di derivati e titoli tossici dall'ammontare nozionale dell'ordine di 52 mila miliardi di euro e per la quale la competente entità federale statunitense ha chiesto a un giudice federale di intimare alla banca basata a Francoforte di nominare una personalità indipendente in grado di fornire una rappresentazione più chiara di cosa si nasconde nelle pieghe delle due (?) Corporate & Investment Banking di cui si è dotata la banca  tedesca.

A differenza di Deutsche, Commerzbank è una banca di impronta più commerciale e non presenta un'esposizione così forte come la sua rivale nel campo minato della finanza strutturata ed ha una forte rete distributiva, proprio quella che Deutsche ha tagliato in maniera significativa, con annesso personale, nel recente piano industriale presentato dall'amministratore delegato proviene dall'esperienza anglosassone, così come va ricordato che la banca di Francoforte ha da poco venduto Postbank.

Nel corso di numerose puntate pubblicate negli anni su Il diario della crisi finanziaria, ho sottolineato i vari aspetti delle tre fasi del lungo processo di ristrutturazione del sistema creditizio italiano, un sistema che era all'origine per il 70 per cento formato da entità che rispondevano alle norme del diritto pubblico, di proprietà diretta o indiretta dello Stato, e composto da un numero di banche, casse di risparmio e quelle che allora venivano chiamate casse rurali e artigiane in un numero complessivo di oltre mille unità, una situazione ingarbugliata che è stata soprattutto modificata dalle previsioni della Legge Amato e dai processi molto significativi di concentrazione che le norme ivi contenute hanno stimolato, al punto che i due principali attori del sistema bancario italiano, Unicredit e Intesa-San Paolo sono state in realtà il risultato, in vari tempi e modi, della concentrazione di decine e decine di banche e casse di risparmio, anche perché le fondazioni proprietarie di queste ultime furono convinte che era prossima una forma di esproprio per le fondazioni che avessero continuato a detenere quote significative di azioni delle banche conferitarie, una fattispecie che vale soprattutto per la genesi di Unicredit.

Come dicevo, è stato un processo lungo, contrastato e a tratti contraddittorio e un processo molto costoso, perché, limitando l'analisi ai soli primi due gruppi, le pretese delle fondazioni di mantenere le banche marchio con un alto grado di autonomia, una pretesa soddisfatta per molto, troppo tempo, è costata molti miliardi di euro, anche se va detto, per amore di verità, che anche dopo la scomparsa delle banche marchio non vennero attuati quei processi di ristrutturazione veri che avrebbero consentito di approfittare fino in fondo delle economie di scala che la nuova situazione offriva su un piatto di argento.

Sia che sia, con gli ultimi provvedimenti del Governo Renzi sulle banche popolari e ancor di più sulle Banche di credito cooperativo (nuova denominazione delle casse rurali e artigiane), il sistema bancario va verso una semplificazione quasi definitiva anche se rimane oppresso da quei 360 miliardi di Non Performing Loans che gli impediscono di essere il motore di una spinta propulsiva dell'economia italiana.

La lunga digressione è spero utile per capire perché l'eventuale fusione tra Deutsche e Commerz non solo non risolverebbe i problemi ma rischierebbe anzi di aggravarli e che, se una esperienza del sistema bancario può essere utile è proprio quella delle banche popolari e delle BCC italiane, un modello da imitare per le Landesbanken e per le altre numerose banche pubbliche ancora esistenti in Germania!

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