sabato 29 novembre 2008

Gli americani continuano a ringraziare, Brown nazionalizza la Royal Bank of Scotland e la montagna Bermonti partorisce un topolino!


Forse a causa delle pesanti libagioni a base di tacchino ingurgitate nel corso del Thanksgiving Day da operatori, analisti ed investitori/risparmiatori, quella di ieri sul mercato azionario statunitense è stata davvero una seduta soporifera che ha visto abortire sul nascere un’ondata di prese di profitto, immediatamente sovrastata dalla quinta ripetizione consecutiva di quella scommessa sul futuro seguita agli ultimi provvedimenti dell’amministrazione uscente che sono stati visti come largamente condizionati dall’impostazione del Dream Team obamiano che, con la nomina di Paul Volker, può dirsi oramai completato e che vede rafforzato il suo impatto dal sempre più evidente ruolo di cerniera tra il vecchio ed il nuovo rappresentato da Timothy Geithner, al momento presidente della Fed di New York ma, dal 20 gennaio prossimo venturo, nuovo ministro del Tesoro USA.

E’ anche grazie a questo nuovo clima che si è potuto registrare un notevole affinamento degli strumenti di intervento che stanno perdendo sempre di più quelle caratteristiche di misure un po’ alla cieca che ha visto le tante ‘pensate’ dell’ex (?) investment banker Hank Paulson, che forse sin da febbraio potrà tornare ad occuparsi della sua amata, potente ed ancor più preveggente Goldman Sachs, potendo a certamente maggior titolo di Bush Junior pronunciare la fatidica frase “mission accomplished” nella splendida sala che accoglie i lavori del board of directors di Goldman.

Non vi è, infatti, dubbio alcuno che la selettiva acquisizione di titoli della finanza strutturata strettamente collegati a mutui, più o meno sub prime, credito al consumo nelle sue più svariate forme, prestiti agli studenti consente, attraverso il braccio armato delle nazionalizzate Fannie Mae e Freddie Mac, di rinegoziare le condizioni, mettendo così un freno efficace alla crescita esponenziale del deliquency rate, cosa che sta avvenendo anche in tutte quelle banche di ogni ordine e grado, Citigroup in testa, chiamate, sarebbe meglio dire obbligate, a contribuire a questo gigantesco sforzo di rinegoziazione che era del tutto impensabile fino alle elezioni presidenziali di inizio novembre, pur essendo sostenuto con tutte le sue forze dalla brava presidentessa della Federal Deposit Insurance Corporation, una donna che ha provato in tutti i modi ad abbattere quel vero e proprio muro di stupidità neofondamentalista incarnato dalla maggior parte dei suoi colleghi nell’amministrazione uscente che ancora crdevano, o fingevano di credere, nel verbo neoliberista che tanti lutti inflisse ai discendenti dei padri pellegrini!

Non vorrei che qualcuno tra i miei non più tanto pochi ma, almeno a giudicare dalle statistiche graziosamente fornitemi da Google Analytics, sempre più affezionati, dovesse pensare che sono stato colto da un eccesso di ottimismo nelle doti dei componenti del Dream Team obamiano, peraltro non ancora in carica, ma li invito a riflettere sul fatto che, per la prima volta da quando quasi diciassette mesi orsono la tempesta perfetta ha preso il via, sembra di scorgere un’analisi più corretta delle vere cause della crisi finanziaria in corso, un’analisi che consente l’adozione di misure più efficaci nei confronti dei suoi effetti, ma, soprattutto, un approccio bene augurante per il prossimo sforzo di redazione di regole intelligenti che consentano di non vedere, a medio termine, una riedizione dei comportamenti che ci hanno portato nella gravissima situazione attuale, anche se non nascondo che il ruolo che stanno svolgendo Warren Buffet, George Soros e Paul Volker nell’edificazione di una obanomics che, grazie ad altri e più giovani ispiratori, sta preoccupandosi di vedere nella drammatica sfida ambientale il vero motore di quella terza rivoluzione industriale che potrebbe coniugare in modo molto più efficace i concetti di locale e di globale.

Lasciando gli americani alle loro speranze di un sol dell’avvenire tinto di verde, credo sia ancora il caso di soffermarsi sui diversi approcci che vengono seguiti nell’Unione Europea a 27, perché credo che mai come in questa fase stia emergendo la profonda divergenza tra il decisionismo e la chiarezza sulle misure da prendere tra il blocco rappresentato dalla Gran Bretagna, la Francia e la Germania, in parte imitati da Spagna ed Irlanda e quella del resto dei paesi membri, con particolare riferimento a quei paesi un tempo facenti parte del blocco sovietico e che, forse anche per questo, non vogliono sentir parlare di alcuna forma di limitazione della loro sovranità nazionale in favore di maggiori poteri delegati ad un futuro governo europeo, per non parlare poi della da loro aborrita prospettiva di edificazione degli Stati Uniti d’Europa.

Non credo in alcun modo che si possibile trovare un denominatore comune tra le visioni politiche del rinato Gordon Brown, dell’irrequieto presidente francese, Nicolas Sarkozy, e di quella vera sorpresa rappresentata dalla cancelliera proveniente dal freddo della ex Germania Est, Angela Merkel, ma è, tuttavia, certo che è possibile rinvenire in questi tre personaggi, così diversi tra di loro per storia, visione del mondo e cultura, una consapevolezza della crisi attuale molto più simile a quella che caratterizza la terrorizzata amministrazione statunitense uscente e la speranzosa ed attivista amministrazione entrante, una consapevolezza che si è tradotta nell’adozione di piani di intervento per più di 1.500 miliardi di euro, sulla base dei quali, ad esempio, la Royal Bank of Scotland è da ieri a pieno titolo una banca nazionalizzata, con una quota facente capo al Tesoro britannico che sfiora il 60 per cento del capitale sociale, un intervento che potrebbe venire presto praticato anche con riferimento alle banche degli altri due paesi.

Fa un po’ tristezza dopo questi esempi parlare del piano annunciato ieri da Bermonti, tutto composto di interventicchi e del quale è pure difficile dire che è sempre meglio di niente, non fosse che per la decisione di agganciare i tassi variabili al tasso BCE!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.