mercoledì 19 novembre 2008

Solo i Governi sanno quali saranno le banche aggreganti e quali le aggregate!


Mentre Hank Paulson e Bernspan difendono con le unghie e con i denti il loro bottino di 700 miliardi di dollari davanti alla Commissione bancaria del Senato degli Stati Uniti d’America dall’assalto dei massimi esponenti dell’industria automobilistica a stelle e strisce che reclamano una cospicua fetta di quella somma per non vedere le loro aziende andare a ramengo, il mercato continua a scommettere contro qualsivoglia cosa abbia a che fare con il mercato finanziario statunitense, ma anche, e con rinnovata virulenza, vende il vendibile delle banche e delle compagnie di assicurazioni europee, oramai universalmente considerate alla vigilia di ancor più massicci e condizionanti interventi da parte dei rispettivi governi.

Pensavo proprio in questi giorni che, se avessi detto due anni fa che Lehman Brothers poteva fallire, Bear Stearns e Merrill Lynch essere ignominiosamente assorbite da banche commerciali, i tre massimi esponenti dei colossi dell’auto presentarsi con il cappello in mano di fronte ai senatori per essere salvati, il minimo che poteva capitarmi era di essere rinchiuso in qualche casa di cura per malattie mentali, un pensiero che si accompagnava alla tristissima constatazione che questo non è che l’inizio di un terreno del tutto inesplorato per chi è nato dopo la fine del secondo conflitto mondiale e non ha avuto modo di misurarsi con le conseguenze della Grande Depressione seguita al crollo borsistico del 1929.

Ho avuto modo di ascoltare l’intervista fatta da tre giornalisti all’autore di Crack, una sorta di instant book scritto da un economista, ex banchiere ed ex proprietario di una casa che realizzava i software utilizzati dagli apprendisti stregoni delle fabbriche prodotto delle principali banche d’investimento e delle divisioni di Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali, un signore abbastanza anziano per avere potuto toccare con mano gli effetti della Grande Depressione e che ha lucidamente messo in luce le analogie tra l’abbondanza di liquidità degli anni Venti del secolo scorso e quella che ha caratterizzato questi ultimi quindici anni, ma che ha anche ricordato come alcune grandi banche che si sono tenute alla larga dall’ingegneria finanziaria ed hanno mantenuto bassi i livelli di leverage ratio godano a tutt’oggi di buona salute, anche se negli anni passati si sono dovuti accontentare di ROE molto più modesti di quelli vantati dalle banche più disinvolte, così come i loro amministratori hanno ricevuto stipendi ben più bassi dei loro concorrenti, ma almeno manterranno il posto!

Venendo all’attualità, va ricordato il vero e proprio tracollo dell’indice dei prezzi alla produzione negli USA, che ha segnato un calo record del 2,8 per cento nel mese di ottobre, in larga misura determinato dal crollo dei prezzi delle materie prime, in particolare di quelle energetiche, a sua volta determinato da un calo della domanda tale da fugare ogni dubbio sulla profondità della recessione in corso nell’ultimo trimestre di questo veramente orribile 2008, un trimestre che dovrebbe registrare un calo del prodotto interno lordo nell’ordine del 3,5 per cento, sempre che le cose non decidano di mettersi peggio, anche perché non va mai dimenticato che il rischio maggiore che stiamo vivendo è quello di entrare alquanto bruscamente da una fase di prezzi in decisa salita ad una di prezzi ancor più rapidamente in discesa.

Come dicevo sopra, gli operatori e gli investitori cominciano a sentire il sangue delle diverse entità protagoniste del mercato finanziario globale ed intensificano le loro scommesse sugli esiti possibili dei processi di feroce ristrutturazione e concentrazione per ora nella mente dei decision makers politici ubicati al di qua ed al di là dell’Oceano Atlantico, anche perché è molto più difficile intuire le intenzioni del governo giapponese, mentre è quasi impossibile anticipare le mosse dei vertici del partito comunista cinese in materia creditizia e finanziaria.

Quello che inizia a delinearsi nei maggiori paesi europei è il superamento di quella coesistenza di tre, a volte quattro, grandi gruppi bancari, spesso aventi come azionisti di riferimento colossali compagnie di assicurazione, un numero che appariva molto ridotto ma che appare oggi destinato a ridursi ancora sino ad un massimo di due gruppi creditizi per paese, banche di dimensioni davvero colossali ma dai piedi veramente di argilla, “temporaneamente” controllati dallo Stato ed in grado di garantire il flusso desiderato di risorse alle imprese, molte delle quali, altrettanto “temporaneamente”, direttamente o indirettamente controllate dai rispettivi governi nazionali.

Le oscillazioni vistosissime di alcune banche europee sembrano anche indicare quale sarà la banca aggregante e quale quella destinata a fondere sé stessa nella prima, un gioco molto, ma molto pericoloso, a meno di non disporre di informazioni riservate, il che determinerebbe una fattispecie che esporrebbe chi le fornisse e chi le utilizzasse a grossi rischi sul piano giudiziario.

I cinque mesi circa che ci separano dal vero vertice del G20/G21 previsto per aprile, quello deciso nel corso dell’alquanto inutile passerella svoltasi nello scorso fine settimana, saranno dunque davvero cruciali per la stessa sopravvivenza come entità autonome di numerose banche americane ed europee, nonché per i destini di una vera pletora di Chief Executive Officer, Chief Financial Officer, Chief Operating Officer, nonché per centinaia e centinaia di manager di alto livello destinati ad essere soppiantati, almeno in larga parte, dai loro omologhi presenti nelle banche aggreganti, il tutto senza neanche la soddisfazione di ricevere il solito generoso bonus per Natale.

Ma mentre è abbastanza chiara la road map che verrà seguita in gran Bretagna, Germania e Francia, le richiano di presentarsi più oscure e complesse per quanto riguarda il nostro paese, per il semplice motivo che le banche in ballo sono certamente tre, se non addirittura cinque, il che rende molto complessa la scelta di quelle tra loro destinate ad aggregare e di quelle destinate ad essere aggregate!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.