Avendo vissuto dalla trincea della redazione del quotidiano Il Manifesto le vicende del terribile mese di ottobre del 1987, un mese che vide un vero e proprio meltdown del mercato azionario che, nella sua versione più rappresentativa fornita dal Dow Jones Wilshire 5000 Composite Index, perse il 23 per cento del suo valore, credo proprio di poter dire che questo mese di ottobre dell’anno di disgrazia 2008 presenta, con la sua maxi flessione del 17,7 per cento, delle caratteristiche assolutamente non comparabili con quelle che vennero messe in luce dal profondo, ma pressoché istantaneo, sommovimento dei mercati verificatosi 21 anni orsono, un sommovimento che vide all’opera per la prima volta un relativamente giovane Alan Greenspan, fresco della sua esperienza di previsore ed analista di Wall Street, maneggiare con perizia la leva della liquidità, creando, al contempo, le basi di una finanza del tutto drogata che è stata in gran parte già spazzata via prepotentemente dagli alti marosi della tempesta perfetta che ha avuto il suo battesimo ufficiale il 9 agosto del 2007.
Per gli amanti delle statistiche, è forse utile ricordare che il mese di ottobre del 2007, che ha avuto immancabilmente luogo due mesi dopo l’avvio di perfect storm, è stato forse uno dei migliori mese per i mercati borsistici statunitensi di tutti i tempi, circostanza ben testimoniata dal record di tutti i tempi segnalato dal molto meno ampio Dow Jones 30, portatosi di spinta al di sopra dell’asticella posta a 14 mila punti, mentre è stata ottima anche la performance del Nasdaq, seppur non in grado di eguagliare il suo record da bolla al di sopra dei 5 mila punti della primavera del 2000, così come eccellente fu la performance del relativamente ampio Standard & Poor’s 500, né molto peggio andarono gli indici borsistici europei e quelli asiatici, con l’indice della borsa di Shangai balzato pochi mesi orsono oltre i 6 mila punti (oggi si trova intorno ai 1.700 con prospettive di ulteriore deperimento).
Ricordo bene gli sguardi di compatimento di quanti avevano modo di leggere le mie cronache quotidiane della crisi finanziaria sui tre siti che ufficialmente allora avevano la bontà di pubblicarle, mentre il presente blog ha preso il via alla fine del mese di novembre dell’anno scorso, anche se nessuno aveva il coraggio di dire chiaramente che le mie sembravano cronache marziane, visto che, pur in presenza della perdurante crisi di liquidità sul mercato interbancario e le sventure della Northern Rock e di qualche banca media tedesca, le cose sulla Terra sembravano andare non proprio così male come io mi ostinavo a scrivere, ostinandomi a descrivere quanto accadeva sotto la superficie del mare della finanza più o meno strutturata, grazie anche alla non breve esperienza di previsore che avevo acquisito nel quinquennio in cui avevo svolto tale attività, conclusasi, a causa dell’assunzione dell’incarico di responsabile dell’ufficio studi del sindacato dei bancari, assicurativi ed esattoriali della UIL, la notte in cui vennero stabilite le parità fisse ed irrevocabili delle valute che avrebbero dato vita all’euro.
Tralascio, anche per motivi di comprensibile emozione, i ricordi personali, per venire alla promessa evidenziazione delle differenze tra un evento, quello dell’ottobre 1987, che fu una crisi legata ad un bolla speculativa iniziale del processo di deregolamentazione che datava pochissimi anni e quello che è accaduto in uno dei quindici mesi di questa tempesta perfetta tuttora virulentemente in corso, non senza notare che alcuni tratti tra le due circostanze storiche sono, tuttavia, straordinariamente coincidenti, comuni, peraltro, anche alla prima tempesta perfetta, quella dell’ottobre (aridaglie, come direbbero a Roma) 1907 ed alla vicenda borsistica dell’ottobre 1929 che diede il via alla Grande Depressione durata, purtroppo, poco meno di quindici anni.
Il tratto comune a queste quattro crisi è rappresentato, temo senza possibilità di dubbio, dal fatto che le cosiddette forze del mercato, lasciate libere di agire, tutto fanno meno che mirare ad un equilibrio di piena occupazione sostenibile nel medio-lungo periodo, quell’equilibrio perfetto caro a Walras, basato su di una irrealistica piena e completa informazione di tutti gli attori economici, così come all’inesistenza di barriere all’ingresso nelle diverse attività possibili per l’homo economicus, premessa, a sua volta, di quella concorrenza perfetta che ritengo veramente che sia come “l’araba fenice, che vi sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa”.
Ho appena finito di ascoltare un’interessante trasmissione della terza rete della RAI che ha ospitato Lorenzo Bini Smaghi, rappresentante italiano nel board della Banca Centrale Europea, ed il direttore di Libero Economia, Oscar Giannino, nel corso della quale Bini Smaghi, da vero membro neotemplare della BCE, ha fatto una radiografia delle cause della crisi e di quel che manca nelle terapie proposte da governi e banche centrali, in particolare dell’area dell’euro, che mi trova perfettamente d’accordo, ma che, purtroppo, rappresenta l’ennesima conferma del deficit politico dell’Unione Europea che, peraltro, non coincide ancora esattamente con l’area dell’euro neppure per i quindici paesi membri al momento della fissazione delle parità fisse ed irrevocabili delle valute partecipanti all’euro (si era nel maggio del 1998), per non parlare del divario tra i dodici aderenti ed i ventisette paesi che attualmente ne fanno parte, molti dei quali mancanti dei requisiti minimi per un’adesione all’euro.
Se il problema che distingue l’attuale tempesta perfetta e le altre tre crisi citate è quello di un regolatore non solo distratto, ma anche messo nell’impossibilità di regolare efficacemente per i tre concomitanti fenomeni della globalizzazione, della finanziarizzazione e, the last but not the least, della deregolamentazione, è evidente che le bollle speculative risultanti possano assumere, e purtroppo lo hanno tragicamente fatto, divenire di dimensioni tali da minacciare se non tutta, certamente una rilevantissima parte, della ricchezza finanziaria esistente a livello globale, anche perché, e in questo sono debitore delle intelligentissime osservazioni di un mio interlocutore, una sorta di equilibrio alla fine deve sempre trovarsi, al di là della totale evidenza del fatto che ciò avverrà al prezzo di un vero e proprio bagno di sangue per gli attuali possessori della ricchezza finanziaria stessa, mentre altri soggetti, che certo poveri non sono neanche oggi, “rischiano” di diventare enormemente ricchi, un processo che, pur realizzandosi quotidianamente nel mercato capitalistico, credo non abbia mai minacciato di realizzarsi nelle proporzioni attuali.
Al bravissimo Bini Smaghi ed a tutti i suoi colleghi, vorrei proprio dire che le regole prossime venture, verranno solo al termine di questo processo di reditribuzione della ricchezza!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.