mercoledì 28 settembre 2016

La scissione dell'euro e i guai delle banche tedesche


L'esito del referendum sull'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea ha prodotto sinora effetti marginali, al netto della rilevante svalutazione di una sterlina che era in realtà un po' sopravvalutata in precedenza, anche perché non c'è stato ancora il voto di ratifica del parlamento britannico, passo fondamentale per l'attivazione delle previsioni dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona che prevedono  comunque un percorso lungo e accidentato per mettere la parola fine all'adesione di Londra all'Unione europea, un percorso che, secondo le previsioni del Governo di Theresa May che sta lavorando per evitare il passaggio parlamentare di ratifica del referendum che come si sa è solo consultivo, non si concluderà prima del gennaio del 2020 e che quindi durerà qualcosa di più di un triennio e che potrebbe vedere la celebrazione dell'importantissimo e già annunciato referendum sull'uscita della Scozia dal Regno Unito con annessa e anche questa più volte annunciata dall'attuale premier scozzese richiesta di adesione all'Unione europea.

Ma, nel frattempo, da questa parte della Manica non si sta con le mani in mano ed è di questi giorni la notizia che un comitato ristretto di cinque membri, nominato non si sa da chi, ha già elaborato delle linee guida per il negoziato con Londra, un negoziato che metterà in discussione anche quanto stabilito dai trattati con altri paesi, ad esempio con la Svizzera, e che traccerà i contorni di un Europa a due velocità, la prima riferita ovviamente ai paesi facenti parte dell'area euro e a quelli che, pur facendo parte dell'Unione, non adottano la moneta unica e la seconda ai paesi europei che non aderiscono all'Unione ma con i quali la stessa raggiunge accordi che, in cambio della libera circolazione delle merci e dei capitali, richiedono una totale o parziale libertà di circolazione delle persone e norme non troppo punitive per l'accesso dei migranti targati UE ai più o meno generosi sistemi di welfare dei paesi ospitanti.

E in questo quadro che si inserisce una boutade del premio Nobel per l'economia, Joseph Stiglitz che ha sostenuto nelle scorse settimane nella quasi totale indifferenza della Commissione europea e dei principali governi dei paesi membri e che prevede l'adozione di un euro a due velocità,  in realtà di due vere e proprie monete delle quali la più forte sarebbe adottata dalla Germania e da quei non tanti paesi del Nord Europa che attualmente fanno parte dell'area euro (una valuta a cui presumibilmente aderirebbero anche quelli che non si sono voluti a suo tempo mischiare con i paesi più deboli), mentre sarebbe più debole per i paesi della cosiddetta area mediterranea, Francia probabilmente inclusa) e per i paesi di quella che un tempo chiamavamo Europa dell'Est, un'idea che non tiene conto del fatto che la fissazione nel 1998 della parità fisse e irrevocabili tra le valute dei paesi candidati alla costituzione dell'euro stabilì delle svalutazioni di fatto della lira italiana, della peseta spagnola e dell'escudo portoghese, per la dracma andrebbe fatto un discorso a parte e questa non è la sede per farlo.

Uno studio effettuato di recente in Gran Bretagna dall'economista Angel Talavera per l'Oxford Economics  rappresenta involontariamente un formidabile assist per la "provocazione di Stieglitz in quanto mette mette in luce come la forza dell'euro sarebbe molto diversa a seconda del paese che si prende a riferimento, in quanto in base ai fondamentali dei diversi paesi presi in esame, otto per la precisione, vengono fuori rapporti di cambio con il dollaro statunitense molto diversi tra loro e che sarebbero di 1,40 dollari per euro nel caso a fare da pivot fosse la Germania, contro un cambio attuale  euro/dollaro che fatica a mantenere quota 1,12, mentre sarebbe di 1,15 nel caso che il benchmark dell'area euro fosse l'Italia e qualcosa meno della parità con il dollaro se l'euro avesse i parametri e lo stato di salute, si fa per dire, della Grecia.

Va notato che il cambio riferito alla Germania si avvicina molto ai massimi  dell'euro contro dollaro (1,60), mentre quello riferito alla Grecia farebbe tornare la valuta unica europea ai valori dei suoi esordi. E' molto interessante, altresì, che il cambio riferito all'Italia ci porta assai vicino ai valori attuali e reali del rapporto di cambio tra le due valute, così come non è un caso che lo studio metta in risalto che la causa di questa quasi coincidenza sta nel Quantitative Easing della BCE, un'operazione accomodante che, a quanto è dato di capire dalle dichiarazioni di Mario Draghi, proseguirà, pur in presenza delle fortissime resistenze della Germania e dei suoi più stretti alleati anche dopo la scadenza prevista del marzo del 2017.

Nutro profonda stima per le idee in campo economico e per la visione politica liberal del Nobel Stiglitz e penso che anche questa sua uscita un po' estemporanea, estremamente stimolante per me che mi sono occupato professionalmente di cambi, meriti un approfondimento e un dibattito che forse complice l'estate è mancato, anche se penso francamente che se la metodologia applicata da Angel Talaverra  fosse applicata agli Stati che compongono gli Stati Uniti d'America ne vedremmo davvero delle belle!

° ° °

Ho iniziato ad occuparmi dei guai di Deutsche Bank nella terza fase della Tempesta Perfetta sin dal febbraio di questo anno di disgrazia 2016 in perfetta solitudine e mentre l'azione del colosso creditizio tedesco dai piedi d'argilla era, seppur lontanissima dai suoi massimi, ben al di sopra dei 20 euro, ricordo benissimo la solitudine che percepivo mentre sottolineavo le numerose multe subite dalla stessa e denunciavo che al suo mare magnum di derivati per 52 mila miliardi di euro di capitale nozionale si affiancava una quantità non meglio precisata di titoli tossici di classe 3, quelli considerati più pericolosi e figli delle invenzioni degli apprendisti stregoni impegnati a tempo pieno nelle fabbriche prodotto delle sue due divisioni di Corporate & Investment Banking , quelle che l'attuale CEO straniero vuole ora drasticamente ridimensionare, così come ha annunciato la chiusura di un terzo delle filiali in Germania, con relativo salasso di dipendenti e la chiusura di alcune dipendenza all'estero.

Poi sono venute le aperte accuse anche in sede dell'Unione europea mosse dal nostro presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e, solo di recente, la multa da 14 miliardi di dollari comminata dalle autorità federali statunitensi per i comportamenti dalla banca basata a Francoforte nella prima fase della Tempesta Perfetta, comportamenti figli degli errori commessi negli anni che ne hanno preceduto l'avvio nell'estate del 2007, accuse gravi ma che vedono la banca globale tedesca in compagnia del gruppo di testa delle banche globali basate al di qua e al di là dell'Oceano Atlantico e di quelle che allora si chiamavano Investment Banks, alcune delle quali hanno già accettato di pagare multe miliardarie per gli stessi capi d'accusa, una grossa goccia, quella della multa miliardaria a Deutsche, che ha fatto davvero traboccare il vaso e spinto l'azione della banca sino ad un minimo storico di 10,11 euro, vicinissima cioè alla rottura di quella soglia psicologica dei 10 euro  per una capitalizzazione di borsa più o meno pari alla multa comminata, un valore dell'azione che è considerata molto pericoloso sia dagli analisti tecnici che da quelli fondamentali.

Ma nelle sue disgrazie Deutsche Bank non è sola in patria, in quanto da ieri è deflagrato il nuovo caso di quella Commerzbank, salvata negli anni scorsi dallo Stato tedesco che tuttora ne detiene il 15 per cento delle azioni, e la fusione della quale in Deutsche era auspicata da molti, ignari in buona o mala fede del fatto che raramente mettendo insieme due debolezze se ne fa una forza, ma ora Commerz annuncia un draconiano piano di ristrutturazione che vedrà anche in questo caso la chiusura di moltissime dipendenze e il licenziamento di 9 mila dipendenti su un totale di 45 mila, anche se molti dubitano che ciò basterà a salvare la storica banca tedesca.

Le difficoltà della prima e della seconda banca tedesca non hanno colto di sorpresa il Governo di Angela Merkel che, dopo i disastri degli anni scorsi, le marca molto da vicino attraverso un rapporto informale  tra esponenti dell'amministrazione e i vertici delle due banche, il tutto coordinato dall'arcigno ministro delle finanze cui riportano inoltre sia i consiglieri di amministrazione indicati dal Governo in Commerz, sia i massimi vertici della Deutsche, una consapevolezza che spiega l'atteggiamento molto accomodante della Germania sulla trattativa in corso a Bruxelles tra il Governo italiano e la Commissione, un benign neglect che alla luce dei fatti di ieri e degli ultimi mesi diviene ancor più chiaro, così come va ricordato che negli ultimi dieci anni Germania, Francia e Gran Bretagna hanno iniettato nei rispettivi sistemi creditizi una vera montagna di denaro degli spesso ignari contribuenti, così come hanno fatto la Spagna, l'Irlanda e il Portogallo, per non parlare del Belgio nel caso di Fortis|

La posizione della stampa tedesca e della Bundesbank, nonché degli ambienti politici bavaresi, non  è mai stata tenera verso il presidente italiano della BCE, Mario Draghi, ma, forse anche per il nervosismo legato alla critica situazione delle due maggiori banche di quel paese, oggi assistiamo ad un vero e proprio fuoco di fila contro la politica monetaria di Super Mario, un attacco che segue di pochi giorni l'intervista in mondovisione del falco Weidmann, attacchi con toni inusuali dai quali ha cercato di smarcarsi il falco dei falchi Schauble che sa che inimicarsi Draghi e la Vigilanza BCE proprio in questa delicatissima fase non è proprio la mossa più saggia da fare.

2 commenti:

Unknown ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Unknown ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.