Pur non sottovalutando le differenze tra i rischi elencati nella puntata precedentemente con riferimento a Unicredit Group e quelli inseriti nelle pieghe del bilancio di Intesa-San Paolo, non vi è dubbio, non di meno, che la patata bollente dei finanziamenti a rischio nei numerosi paesi non coperti da garanzie dei rispettivi governi non si troppo dissimile in entrambi i casi, così come i rischi intrinseci a un’attività finanziaria svolta dai Passera’s Boys in modo non troppo dissimile da quello che non troppa fortuna ha portato agli uomini della finanza operanti alle dipendenze di Profumo.
Trattandosi di due gruppi oltremodo cresciuti e i guai dei quali vengono opportunamente riflessi in quotazioni di borsa che, seppur distanti dai minimi assoluti, si presentano ancora molto, ma molto distanti dalle vette toccate in concomitanza con quelle fulminee operazioni di consolidamento che hanno portato i primi quattro gruppi creditizi a ridursi a due, potrei anche fermarmi qui, anche perché sono portato a ritenere che qualcosa di molto più interessante avverrà ai piani immediatamente più bassi del sistema bancario italiano, tra quelle otto banche che completano i primi dieci posti in graduatoria e che, per ragioni della più diversa specie e natura, sembrano non riuscire a capire cosa vorranno fare da grandi.
Pur esprimendo sempre pieno rispetto per quanto ritiene al riguardo il Governatore della Banca d’Italia, penso, tuttavia, che potrebbe anche non trascorrere l’intero 2009 senza che nell’ampio segmento rappresentato dalle banche popolari si muova foglia, una supposta immobilità che non tiene conto delle rispettive fragilità di alcune tra le principali banche della categoria, una condizione non del tutto appropriata quando si è sottoposti ai sempre più alti marosi della tempesta perfetta, anche se sono certo che, ove avvenissero, eventuali operazioni di concentrazione verrebbero sempre opportunamente, seppur in modo discreto e informale, sottoposte al vaglio attento delle autorità monetarie.
Premetto anche che una eventuale aggregazione che avesse a perno il martoriato Banco Popolare opportunamente affidato alle sagge cure di un banchiere di lungo corso di scuola Banca Commerciale Italiana, quale certamente è Piergiorgio Saviotti, non potrà che essere effettuata che con una realtà guidata con criteri del tutto privatistici e che disponga di più che adeguati ratio patrimoniali!
Così come credo che non sarà proprio possibile lasciare trascorrere un intero semestre senza porre attenzione, se non mano, a quell’alquanto scottante dossier intitolato al Monte dei Paschi di Siena e alla fondazione omonima che ne resta azionista di maggioranza assoluta, un dossier probabilmente seguito con maggiore attenzione dal per la terza volta ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che dal Governatore.
Né penso che, al proposito, sia sfuggito ad alcuno il vero senso della lunghissima intervista concessa non troppo tempo fa dal presidente della fondazione Cariplo e al contempo massimo esponente dell’ACRI e uomo di punta del mondo delle fondazioni nel capitale di Cassa SpA, Giuseppe Guzzetti, un’intervista che potrebbe essere agevolmente riassunta in un ‘chi sbaglia paga (fosse anche una fondazione di origine bancaria) e i cocci sono suoi’, opportunamente affiancato dalla rivendicazione orgogliosa di aver mantenuto l’investimento in Intesa-San Paolo addirittura al di sotto del limite previsto dalle norme!