Alla vigilia del vertice di Pittsburgh dei capi di Stato e di governo del G20, il presidente della Commissione dell’Unione Europea, Manuel Barroso, batte non uno ma ben quattro colpi, proponendo quattro organismi di vigilanza paneuropei, il primo sulle banche, il secondo sulle compagnie di assicurazione, il terzo sui mercati finanziari e l’ultimo, ma non certo per importanza, sarebbe chiamato a vigilare sui rischi sistemici, organismi che partirebbero come paneuropei, ma che dovrebbero presto diventare globali.
Come Barroso sa benissimo, sarà molto difficile convincere non tanto i partners extraeuropei, Stati Uniti in testa, quanto la comunitaria Gran Bretagna che ci tiene molto all’indipendenza e all’autonomia del suo sistema duale di vigilanza sul proprio sistema finanziario e non credo proprio che basterà prevedere la vice presidenza del nuovo organismo deputato a vigilare sulle banche di tutta l’Unione europea al Governatore della Bank of England, Mervey King, mentre la presidenza spetterà ovviamente a Jean Claude Trichet e la sede sarà a Francoforte.
Organigrammi a parte, si tratterebbe, il condizionale è d’obbligo, di un passo molto importante sulla strada della prevenzione dei rischi nei diversi comparti che sono presenti nel mercato finanziario, condizione necessaria, ma, purtroppo, non sufficiente per prevenire il ripetersi di crisi finanziarie, a prescindere dal fatto che le stesse assumano o meno la forma di una tempesta perfetta come quella che è in corso da oltre due anni.
Quella del carattere globale delle nuove entità di vigilanza è una questione apparentemente ovvia, ma anche in questo caso basta andare al di là delle dichiarazioni ufficiali per capire di quante difficoltà e di quanti ostacoli è lastricata la strada indicata dall’ex primo ministro portoghese, del resto basterà aspettare il summit del G20 per vedere all’opera i guastatori pronti a sabotare il progetto.
Avevo torto a dire che non sarebbe scaturito qualcosa di importante dal meeting di due giorni del Federal Open Market Committee, anche se avevo scritto nella puntata di ieri del Diario della crisi finanziaria che si trattava di un’occasione ghiotta per Bernspan e i suoi colleghi per lanciare un segnale forte in vista della riunione dei leaders dei venti paesi maggiormente industrializzati del pianeta.
Ovviamente, la novità non riguarda i tassi di interesse prossimi allo zero, che, secondo quanto recita il comunicato della Fed, verranno mantenuti a tale infimo livello ancora per qualche tempo, una dichiarazione sulla quale si sono gettati a pesce gli analisti, divisi tra quanti sono sicuri che resteranno a questo livello fino alla fine dell’anno in corso e quanti giurano che non verranno toccati anche per una buona parte del 2010.
Né, alla luce delle ripetute dichiarazioni di Bernspan e le ultime edizioni del Beige Book, può essere considerata una novità la valutazione che vede l’economia oramai in ripresa dopo una recessione durata 19-20 mesi, mentre il cilindro tirato fuori dal cappello riguarda il non completamento del programma di acquisto di mortgage baked securities e altri titoli emessi da Fannie Mae, Freddie Mac e Ginnie Mae per 1.450 miliardi di dollari, un programma finalizzato sia a cavare le castagne dal fuoco delle tre entità nazionalizzate, sia a favorire un livello più basso dei tassi dei mutui residenziali.