La notizia è di quelle da far tremare i polsi: le autorità federali statunitensi hanno fatto ricorso a un tribunale perché intimi al colosso creditizio tedesco Deutsche Bank di nominare una figura indipendente in possesso dei requisiti professionali adatti per fare una valutazione obiettiva dei derivati montati dagli apprendisti stregoni delle due diverse Corporate & Investment Banking preposte alle attività finanziarie della banca, la nuova figura prevista dovrebbe districarsi tra derivati e titoli tossici per un ammontare di 52 mila miliardi di euro in termini di nozionale, un'esposizione immensa che però ovviamente si riduce di molto quando si eliminino le operazioni di segno opposto, ma che resta immensa quando si consideri il cosiddetto rischio di controparte.
Ho sentito un cauto commento in diretta su un canale televisivo specializzato in notizie economiche e finanziarie, ma l'interpellato non ha avuto esitazioni sugli effetti sistemici che potrebbero derivare da questa notizia, soprattutto se il giudice federale arrivasse a pronunciare un verdetto in linea con la richiesta delle autorità federali cosa che è in realtà molto probabile, ma che ha anche sostenuto che, in caso di nomina ed esito del lavoro sfavorevole rispetto alle attuali e molto rassicuranti rappresentazioni fornite dalla banca basata in Francoforte, sarebbe necessario ricorrere ad un maxi aumento di capitale di dimensioni superiori al fabbisogno di nuovo capitale previsto nel medio termine per le banche italiane!
Ovviamente, è stata ricordata la garanzia statale tedesca accordata alla banca globale, ma, ove l'importo previsto dovesse essere dell'importo ipotetico di cui parlavo di sopra, è evidente che andrebbe individuata una soluzione europea della quale non potrebbero essere escluse le banche degli altri paesi dell'eurozona, una circostanza che chiarisce anche i continui riferimenti del premier italiano, Matteo Renzi, alle difficoltà vere o presunte del colosso creditizio tedesco in materia di derivati, così come spiega la posizione conciliante della Merkel e del suo normalmente arcigno ministro delle Finanze rispetto alla richiesta italiana di non considerare aiuti di Stato eventuali partecipazioni pubbliche ad aumenti di capitale delle banche italiane in difficoltà.
Le banche come è noto vivono non solo di requisiti patrimoniali e di liquidità, ma possono operare anche e direi soprattutto sulla base della reputazione di cui godono nei paesi in cui operano; così non vorrei essere nei panni del Chief Executive Officer britannico che deve decidere se anticipare le mosse statunitensi proponendo sua ponte questa autorità indipendente aspettare che sia il tribunale di un altro paese a intimarglielo.
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