giovedì 18 agosto 2016

il Nobel Stiglitz propone l'euro a due velocità


Ho vissuto la fase cruciale del negoziato sulle parità "fisse e irrevocabili" tra le valute candidate a far parte della valuta unica europea nel maggio del 1998 mentre ero l'economista della sala cambi di un'importante banca italiana che disponeva di analoghe struttura a presidio di tutti i fusi orari e ricordo bene le discussioni tra gli operatori e le riunioni mattutine nelle quali si discuteva delle possibilità di successo della nuova valuta nel confronto con il dollaro statunitense, lo yen giapponese e la sterlina inglese, così come ricordo la notte in cui le stesse parità furono fissate perché dopo un'intervista al Tg 3 che aveva seguito il nostro lavoro notturno in diretta lasciai per sempre quell'attività per diventare il responsabile dell'ufficio studi di un sindacato nazionale del settore finanziario.

Ho ricordato i miei trascorsi solo per chiarire che quella delle basi fondamentali del percorso che ha portato all'introduzione dell'euro le ho vissute in prima persona e le ho vissute con la morte nel cuore perché ero perfettamente consapevole che se ci fossero stati due anni in più per la fissazione delle parità il processo travolgente di recupero della lira in corso dopo gli sfracelli avvenuti sotto il primo governo Berlusconi e quello di Lamberto Dini, la nostra valuta sarebbe entrata con un rapporto di cambio ben più favorevole, certamente più basso di quelle 1936,27 lire per euro fissate nel maggio del 1998.

Ma il problema, come si suol dire in questi casi, era politico più che economico, in quanto il governo Prodi non solo fece di tutto per partecipare sin da subito alla costruzione della moneta unica, ma, nelle fasi più convulse del negoziato puntò sull'ultima svalutazione della lira puntando su un cambio anche oltre le 2 mila lire, mentre tedeschi e olandesi vedevano la nostra valuta intorno a 1.900 e dalla mediazione nacque il valore che ho appena ricordato e, al colpo di mazza del banditore di Walras, tutti i prezzi furono convertiti, nel 2001 ma di fatto tre anni prima, e, insieme il più grande processo di redistribuzione del reddito mai verificatasi nel nostro Paese mai dal secondo dopoguerra.

Il bello è che è stato un processo pressoché istantaneo e non a caso ho citato Walras e la sua rappresentazione del processo istantaneo di formazione dei prezzi, perché nella totale latitanza del governo Berlusconi in carica dal 2001 al 2006, intere categorie che avevano nelle loro mani il potere di fissare i prezzi fecero carne di porco e quello che è accaduto allora ai prezzi delle case è noto ai più, basti dire che dopo anni di calo dei prezzi il valore di un immobile è mediamente ancora, e di molto, più alto del suo valore in lire. Insomma, il combinato disposto di questi movimenti ha determinato per la popolazione che vive a reddito fisso un impoverimento che è stato calcolato intorno al 30 per cento, al netto ovviamente dei risparmi sugli interessi dei mutui legato alla moneta unica.

Sono molte le cose che mancano all'euro, ma la prima di tutte è l'assenza di un Governo vero dell'Unione, unito all'applicazione della regola dell'opting out da parte di numerosi paesi membri, Regno Unito in testa e che ora ha lasciato addirittura l'Unione, anche se in realtà non lo farà verosimilmente prima del 2020, così come sono forti le differenze tra le diverse aree dell'Unione ed è da qui che parte la proposta del Nobel per l'Economia, Joseph Stiglitz, che è quella di prevedere un euro per l'Europa del Nord ed un altro, ovviamente più debole, per i paesi dell'area mediterranea, ma è un rimedio peggiore del male perché non tiene conto che inizierebbe quasi automaticamente un processo di disgregazione che porterebbe danni incalcolabili.

Non è un mistero che numerosi esponenti dell'accademia americana sono stati sin dall'inizio contrari all'introduzione dell'euro che, negli anni, ha iniziato a rappresentare un'alternativa nelle riserve ufficiali al dollaro, così come l'Europa incalza gli Stati Uniti nel prodotto interno lordo, ma non penso che gli economisti europei avrebbero mai proposto di prevedere diversi dollari che tenessero conto delle grandi disparità esistenti tra gli stati americani.

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