mercoledì 31 agosto 2016

Le armi scariche delle banche centrali


Ho parlato ieri delle difficile scelte che si trovano ad affrontare Janet Yellen e i suoi compagni della Federal Reserve che, trovandosi alle prese con un'economia in crescita, anche se non a ritmi travolgenti, un'inflazione che non decide a tornare a quel 2 per cento che è ormai il miraggio delle banche centrali poste al di là e al di qua dell'Oceano Atlantico, un tasso di disoccupazione più che dimezzato rispetto agli anni più duri della tempesta perfetta, un mercato immobiliare che vede prezzi in salita e vendite a livelli pre crisi, si trovano, dicevo, a dover decidere la tempistica di una politica monetaria che è in realtà one way e, cioè, che non può che procedere con quella che Guido Carli chiamava la corda del boia, il rialzo dei tassi per raffreddare un economia che è, in particolare nella sua parte finanziaria, in una situazione di riscaldamento, anche se aggiungevo che, per motivi di opportunità politica, il secondo rialzo dei tassi non dovrebbe venire effettuato prima delle elezioni presidenziali.

In situazioni ben peggiori di quella dei loro colleghi statunitensi la stanno vivendo i presidenti o Governatori della Banca Centrale Europea, della Bank of England e della Bank of Japan, mentre il numero uno della banca centrale cinese deve solo decidere quando ratificare lo stato di fallimento di parte del sistema bancario cinese, oberato di crediti che definire deteriorati è soltanto un bell'eufemismo (ricordo che alla ripresa delle pubblicazioni del Diario della crisi finanziaria mettevo i problemi finanziari della Cina tra le tre maggiori criticità della terza ondata della tempesta perfetta), e la ragione della maggiore criticità della posizione delle tre banche centrali più importanti dopo la Fed sta nel fatto che che hanno utilizzato tutte le munizioni dell'arsenale di cui dispone normalmente una banca centrale quando vuole far ripartire un'economia in deflazione.

Per quanto riguarda l'arma dei tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento dei rispettivi sistemi bancari, siamo ormai allo zero, se non in qualche caso ai tassi negativi, mentre il solo numero uno della BoE si è tenuto un margine dello 0,25 per cento prima di giungere anche lui a fine corsa; pensate che ho visto il cartello di una banca dell'Italia del Nord che avverte i clienti interessati ad un mutuo che lo stesso costerà al cliente comunque lo spread e cioè che lo stesso non sarà decurtato dal tasso negativo attualmente esistente sull'Euribor a un mese o su quello a tre mesi, il che, come si direbbe a Roma, è una bella sola.

Poi c'è il Quantitative Easing nelle sue diverse forme, uno strumento ormai utilizzato su larga scala da tutti i banchieri centrali citati, ma anche uno strumento che, a detta dei più, non sta portando i frutti sperati, anche perché, tranne qualche variante recente si rivolge esclusivamente alle banche, banche che hanno tanti di quei problemi con il parco crediti esistenti da impiegare questi fondi o nell'acquisto di titoli di Stato dei rispettivi paesi o nel parcheggio di parte dei fondi presso la stessa Banca Centrale Europea!

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