mercoledì 10 agosto 2016

Le banche italiane alla battaglia di autunno


Ai più sarà sfuggita una frase dal sen fuggita di Viktor Messiah, Chief Executive Officer di Ubi Banca, uno dei più forti conglomerati bancari italiani, spintonato da tutte le parti perché si faccia carico dell'alquanto disastrato Monte dei Paschi di Siena, offerta che ha ripetutamente declinato in modi a volte anche bruschi, mentre, dopo la doppia approvazione della vigilanza BCE del piano di Fabrizio Viola che prevede l'azzeramento delle sofferenze e un aumento di capitale da cinque miliardi cinque, Messiah ha messo il silenziatore al refrain: stiamo bene così, per dire che, insomma, se si tratta di una fusione che accresce valore alle due convitate a nozze allora si potrebbe anche fare, il che è davvero il massimo che si può strappare a un tipo come lui.

D'altro canto, le cronache di ieri dicevano che il clima si sta rasserenando anche sul fronte della nascita di Atlante 2, quel fondo nato dalla costola di Penati, dominus del Fondo Atlante, e che è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale nell'opera di smaltimento delle sofferenze di MPS e che vedeva latitare fino a poco tempo fa i sottoscrittori, il tutto grazie all'opera di convincimento del ministro dell'Economia, Piercarlo Padoan, e della potente Cassa Depositi e Prestiti che è in realtà il suo braccio armato.

Ma, venendo all'argomento di questa puntata del Diario della crisi finanziaria, è evidente a tutti che, spinti dalle attenzioni a volte pressanti della vigilanza bancaria europea presso la BCE, i vertici delle banche italiane stanno rivedendo in tutta fretta i loro piani industriali, a partire dalle due entità coinvolte nella più grossa fusione della storia bancaria recente, il Banco Popolare e la Banca Popolare di Milano, che hanno retto alla prova dell'aumento di capitale da un miliardo del Banco e stanno lavorando pancia a terra allo smaltimento delle sofferenze, anche se lo stress test di novembre prossimo riguarderà ancora soltanto il Banco Popolare, in quanto la fusione sarà pienamente operativa solo dal primo gennaio 2017.

Ma quello che manca in questa fusione, e più in generale nel complesso e variegato mondo delle banche italiane, è l'applicazione del modello Deutsche Bank, un modello che taglia alla radice uno dei problemi alla base della debolezza delle banche nella terza ondata della tempesta perfetta e che è rappresentato dalla pletorici della rete distributiva, leggi filiali e agenzie, e il correlativo organico delle stesse, con qualche sforbiciata anche all'organico delle sedi centrali, all'attività di Corporate & Investment Banking e alle presenze all'estero. Insomma, Hic Rodi, hic salta!


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