Dopo molte chiacchiere e non poche incertezze, il Consiglio dei Ministri ha varato una nota di variazione alla Legge di Bilancio 2017 che impegna una somma fino a venti miliardi (erano 15 fino a pochi giorni fa) per intervenire sulle banche in difficoltà e in odore di procedura di risoluzione, quelle banche, ad esempio Monte dei Paschi di Siena, dove, secondo il BRDD, si potrebbe applicare il bail in con relativo bagno di sangue per azionisti, obbligazionisti subordinati e depositanti per la quota eccedente la soglia garantita pari a 100 mila euro e che, solo per MPS, era pari a 64,8 miliardi di euro con area di applicazione pari a 13 miliardi di euro, interventi che non eviteranno comunque la conversione forzosa delle obbligazioni subordinate in azioni ad un prezzo svantaggioso rispetto a quello offerto nella finestra che si chiude domani dalla banca senese (tra l'85 e il 100 per cento del valore nominale contro il 50-60 per cento circa dei valori di mercato). L'elevazione del paracadute a 20 miliardi fa pensare che vi siano molte più banche in difficoltà rispetto a quelle di cui si parla, MPS e le due banche venete, ma allo stato dei fatti e delle informazioni è difficile capire se si tratti soltanto di un'apposizione prudenziale o se il lavoro comune incessante tra Governo italiano, Commissione UE, BCE e Banca d'Italia non abbia già prodotto dossier significativi su banche italiane di medie o grandi dimensioni!
Dall'elenco delle quindici banche, ridottesi a tredici per la fusione di Banco Popolare e Banca Popolare di Milano (che sarà legalmente efficace dal 1° gennaio 2017) e quella molto probabile e fortemente voluta dal proprietario Fondo Atlante tra Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, possiamo tranquillamente superare la Banca Popolare di Sondrio, Barclays Italia (presente solo perché non consolida i dati con l'illustre capogruppo britannica), la holding delle BCC, ICCREA e il Credito Eniliano, a meno di sorprese oggi non prevedibili e anche perché si tratta di realtà ben patrimonializzate e con un livello di Non Performing Loans non preoccupante, cosa che non si puà certo dire per quella Unipol Banca che sta zavorrando da anni i conti della relativa Holding con il suo mare di sofferenze per crediti andati a male nei confronti di aziende impegnate nel settore edilizio e immobiliare per complessivi quattro miliardi di euro nel 2015.
Con Intesa san Paolo veniamo alla regina delle banche italiane nato attorno alla Cassa di Risparmio delle Province Lombarde e sulle ceneri del vecchio Banco Ambrosiano divenuto poi il nuovo Banco Ambrosiano, una banca che ha continuato per anni nello shopping di banche di ogni dimensione, incluse la Banca Commerciale Italiana e il San Paolo di Torino che, a loro volta si erano date parecchio da fare acquisendo banche di ogni dimensioni prima di essere acquisite a loro volta dal duo Bazoli-Guzzetti due uomini che sono oggi al centreo di quella rete di salvataggio che vede nella loro creatura Fondo Atlante un elemento indispensabile, anche se il loro euolo in Atlante è talmente forte che molte banche ed entità finanziarie italiane e straniere non hanno voluto partecipare all'iniziativa, pur condividendone gli obiettivi.
Sul piano delle sofferenze lorrde, Intesa presenta un totale di circa 32 miliardi di euro che sono coperti per quasi il 50 per cento da appositi fondi e rappresentano il 9 per cento del totale degli impieghi vivi, ma è in corso una gestione attiva delle sofferenze che vede molti operatori specializzati interessati ai 2,5 miliardi di sofferenze lorde offerte dalla banca milanese, va inoltre considerato che il Cet 1è appena al di sotto del 14 per cento e di quattro punti percentuali superiore a quello della concorrente Unicredit che, non a caso, dovrà fare un aumento di capitale da 13 miliardi e rivedere buona parte delle sue strategie. (continua)
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