In una serie di interviste concesse al New York Times, Bernard Madoff, l’uomo condannato a 150 anni di carcere per aver truffato migliaia di investitori utilizzando una versione aggiornata dello schema di Ponzi, ha dichiarato che banche e hedge funds non potevano non sapere dell’esistenza del suo schema e che, anzi, erano complici di un’operatività che si è conclusa con un buco di svariate decine di miliardi di dollari.
Con un sapiente dosaggio delle informazioni, Madoff non ha fatto il nome di quelle banche né di quegli hedge funds, limitandosi a dire che l’atteggiamento prevalente dei suoi interlocutori operanti in queste entità era del tipo “se stai facendo qualcosa di sbagliato noi non lo vogliamo sapere”, ribadendo tuttavia che essi non potevano non sapere.
Il bancarottiere settantaduenne è ristretto al Burtner Federal Correctional Complex è libero di comunicare con l’esterno via e-mail, ma ha anche avuto la possibilità di un colloquio di due ore con la giornalista Diana B. Henriques, che oltre agli articoli sul quotidiano sta scrivendo un libro sul caso che ha sconvolto il mondo della finanza e minato la fiducia degli investitori e dei risparmiatori nelle entità protagoniste di quello stesso mondo.
Certamente le dichiarazioni di Madoff hanno fatto provare qualche brivido ai massimi esponenti di J.P. Morgan-Chase, la banca contro la quale l’organismo incaricato da una corte di giustizia ha avanzato un esposto nel quale si afferma che la banca aveva la consapevolezza che vi fosse qualcosa di sbagliato nell’operatività di Madoff.