Ho iniziato l’avventura del Diario della crisi finanziaria nel settembre del 2007 dichiarando i miei riferimento per la lettura della tempesta perfetta, John Maynard Keynes per l’approccio teorico e due uomini d’affari statunitensi, Warren Buffett e George Soros per quello che riguardava gli aspetti pratici legati al loro modo pragmatico di interpretare le vicende della finanziarizzazione spinta dell’economia.
Non sempre ho condiviso le interpretazioni che davano dei fenomeni che si sono succeduti in questi tre anni e mezzo, in particolare nel caso di Buffett che è a capo di un conglomerato industrial finanziario, la Berkshire Hathaway, che è direttamente coinvolto nelle drammatiche vicende di questi anni e il suo fondatore ha fatto scelte di investimento volte a scongiurare l’avvitamento della potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs e, tra le altre scelte di investimento, ha acquisito il controllo di una delle più importanti compagnie ferroviarie statunitensi.
Nel suo principale appuntamento con i suoi azionisti, Buffett ha dipinto uno scenario ottimistico delle prospettive dell’economia statunitense, spingendosi a prevedere una ripresa del disastrato settore edilizio già nel corso di quest’anno, per non parlare delle soddisfacenti notizie provenienti dagli investimenti fatti dal gruppo, fatta eccezione per le attività legate al settore edilizio.
Ma, in mezzo a tante notizie rosee, il leone di Omaha non ha omesso di chiarire quello che è il concetto di incertezza, facendo un richiamo a come si vedeva il futuro il giorno prima dell’attacco di Pearl Harbor o il 10 settembre del 2001, il giorno che ha preceduto quello in cui è avvenuto l’attacco della maggiore organizzazione del fondamentalismo islamico al cuore degli Stati Uniti d’America!