Il giudizio di primo grado nel processo sulla tentata scalata della Banca Popolare Italiana alla Banca Antonveneta non è stato favorevole all’allora Governatore di Banca d’Italia, Antonio Fazio, condannato a 4 anni di reclusione e a un milione e mezzo di euro di ammenda, una pena inferiore a quella di Francesco Goldo (sei anni), ma maggiore di quella inflitta a Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, rispettivamente ex presidente e altrettanto ex vice di Unipol, cui sono stati comminati tre anni di reclusione e molto superiore all’altro protagonista della vicenda, Giampiero Fiorani, all’epoca dei fatti numero uno della Banca Popolare Italiana, assolto, invece, l’allora capo della vigilanza di Banca d’Italia, Francesco Frasca per non aver commesso i fatti attribuitigli dai pubblici ministeri.
Mentre si è in attesa della conclusione del processo sull’altra tentata scalata, quella messa in piedi da Unipol sulla Banca Nazionale del Lavoro, questa prima sentenza è interessante perché rappresenta una conferma del ruolo tutt’altro che imparziale giocato dall’ex Governatore di Banca d’Italia nel tentativo delle banche straniere di acquisire due importanti pezzi del sistema bancario italiano.