Come era largamente prevedibile, il dato di ieri sul Non Farm Payrolls in dicembre e le revisioni al rialzo dei dati relativi a ottobre e novembre gettano una luce oltremodo inquietante sul quarto trimestre dell’anno che è poi, secondo il pool di economisti che ha affermato che recessione si è avviata si dall’inizio del 2008, il quarto trimestre consecutivo di arretramento dell’economia statunitense, una situazione della quale si è pienamente mostrato consapevole il presidente eletto, Barack Obama, che, nelle sue esternazioni fatte a 24 ore di distanza dalla diffusione ufficiale dei dati, si è mostrato addirittura più preciso del consensus degli analisti.
La perdita netta di 524 mila buste si somma al milione di posti persi nei due mesi precedenti e porta ad almeno 2 milioni e seicentomila il saldo netto del 2008, ma con un accelerazione nel periodo settembre-dicembre che ben giustifica le previsioni degli esperti che vedono una contrazione del prodotto interno lordo a stelle e strisce che oscilla tra il 5,5 e il 6,5 per cento, anche se questo indicatore sottostima largamente l’effettiva recessione in corso, come è ben dimostrato dall’alquanto incredibile performance positiva registrata nel secondo trimestre dell’anno che si è appena concluso, una delle tante stranezze e delle pecche di quello che, comunque, resta il sistema di dati più accurato esistente nel mondo industrializzato.
Pur consapevole di annoiare i più scafati tra i miei lettori, mi preme sottolineare che il lungo elenco di segni meno non evidenzia correttamente il numero di licenziamenti che sta avvenendo in questi mesi perché viene in parte mitigato dalle assunzioni che ancora sono in grado di effettuare settori ‘protetti’ e in gran parte legati a quel mare magnum della pubblica amministrazione in senso lato statunitense, un fenomeno che rischia, in assenza degli interventi correttivi annunciati da Obama, di cambiare drasticamente di segno alla luce delle sempre maggiori difficoltà di cassa delle amministrazioni in parola e delle innumerevoli entità economiche che alle stesse fanno capo!
Il balzo compiuto nell’arco di un solo mese del tasso di disoccupazione dal 6,8 al 7,2 per cento, un dato che corrisponde a 11,1 milioni di donne e uomini in carne e ossa, è, a sua volta, largamente sottostimato, ove si tenga conto che non vengono considerati i milioni di cittadini ospiti delle spesso privatizzate patrie galere, così come non vengono considerati i milioni di persone in semilibertà e i tantissimi che, per motivi cronici di alcool, di droga o di malattia si tengono al di fuori del mercato del lavoro, persone che si dichiarano comunque disponibili a effettuarne uno ove richiesti, anche perché, in caso contrario, perderebbero il diritto ai sussidi di disoccupazione e alle altre forme di carità pubblica delle quali sono destinatarie.
Ho più volte ricordato l’impatto psicologico del Non Farm Payrolls sul clima di aspettative più o meno razionali dei consumatori americani, un impatto incomparabile con quello esercitato da qualsivoglia degli innumerevoli dati sfornati pressoché quotidianamente dalla più grande macchina statistica esistente al mondo, ma credo proprio che, entrati da oggi nel diciottesimo mese della tempesta perfetta e a dodici mesi dall’avvio della recessione, l’effetto di questi dati sia stato ancora più dirompente del solito e, comunque, tale da fornire nuova forza al micidiale effetto domino del quale stiamo contando, mese dopo mese, i drammatici effetti.
E’ in questo quadro alquanto cupo che va inserito lo scarno comunicato di ieri del colosso creditizio Citigroup che annuncia le dimissioni di Robert Rubin da Senior Adviser del gruppo, così come la sua ferma intenzione di non ricandidarsi come membro del Board of Directors di Citi all’assemblea prevista nel mese di aprile.
Capisco perfettamente che la notizia del pensionamento di lusso di un top manager entrato nel suo settantesimo anno di età possa suscitare poco più che un alzata di spalle da parte di chi sta leggendo questa puntata, ma credo proprio che la vicenda personale dell’ex ministro del Tesoro di Bill Clinton si intrecci in modo quasi inestricabile con i fenomeni che hanno creato le premesse, a mio modesto avviso micidiali, per l’avvio della più grave crisi finanziaria dell’umanità, una tempesta davvero perfetta e che, almeno nel mercato finanziario globale, ha già prodotto danni molto maggiori di quelli realizzati dal crollo del 1929 e dalla prima tempesta perfetta, quella del 1907, poco più di un sommovimento in un bicchier d’acqua ove confrontata con quella in corso.
Non credo, infatti, sia superfluo ricordare come, ancora con i calzoni corti, Robert abbia mosso i primi passi nel tempio dell’investment banking a stelle e strisce, la potente e ancor più preveggente Goldman Sachs, della quale ha percorso, nell’arco di alcuni decenni, quasi tutti i gradini sino alla chiamata di Clinton che, nel suo primo mandato, lo volle al suo fianco a reggere il dicastero del Tesoro, dove ha dato il meglio di sé smantellando il Glass Steagall Act, l’ultimo baluardo, non a caso eretto nel pieno della Grande Depressione, che impediva la realizzazione sul suolo americano delle cosiddette banche universali, una mossa che permise all’allora Citicorp di John Reed e David Weill di incorporare la Traveller e un bel po’ di altri bocconi per divenire Citigroup, un colosso bancario che si sdebitò creando allo stesso Rubin una posizione da nullafacente stipendiato svariate di decine di milioni di dollari l’anno.
Pur beneficiata da iniezioni di capitali privati per decine di miliardi di dollari di finanziamenti pubblici per 45 miliardi e di accollo federale di poco meno di 400 miliardi di dollari di titoli più o meno tossici della finanza strutturata, Citigroup si appresta a chiudere il quinto trimestre consecutivo in rosso e a fare una joint venture salvia nel wealth management con l’altrettanto traballante Morgan Stanley, restando, peraltro, due entità entrambe non ancora certamente scampate agli alti marosi della tempesta perfetta!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.