Con uno scarno e secco comunicato rilasciato nella serata di venerdì, la Federal Deposit Insurance Corporation ha reso noto di avere deciso la chiusura della Centennial Bank, una piccola banca californiana dotata di sei sportelli, una notizia corredata dell’informazione che si tratta della terza banca a fallire dall’inizio dell’anno e che, nel 2008, le autorità hanno lasciato fallire tredici banche di varia dimensione, a cui si aggiunge la Lehman Brothers, mentre sono state acquisite da altre banche la Bear Stearns, Countrywide, Wachovia Bank, Washington Mutual e Merrill Lynch, mentre sono state nazionalizzati i colossi dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac e la più grande compagnia di assicurazione statunitense, se non del mondo intero, AIG.
Mentre vengono annunciate misure che prevedono l’adozione di criteri più restrittivi per l’operatività di Fannie, Freddie e Zinnie, i nomignoli affettuosi con cui vengono descritte entità che hanno apportato al debito pubblico statunitense titoli per qualcosa come 5.200 miliardi di dollari, caratterizzati peraltro da un significativo turn over, è in corso un riorientamento che, attraverso uno stanziamento di 100 miliardi di dollari, dovrebbe puntare ad una rinegoziazione di parte dei mutui residenziali esistenti, soprattutto nelle micidiali componenti conosciute come subprime o quelle armi di distruzioni di massa che sono gli ARM nelle loro diverse varianti, una misura essenziale per ridurre al minimo le procedure di foreclosure che, a loro volta, portano a quel proliferare di vendite all’incanto che stano esercitando un effetto davvero micidiale sui prezzi delle case.
Purtroppo, non sarà né facile né semplice risolvere gli intricatissimi problemi legali che impediscono le rinegoziazioni, problemi in buona misura legati al trattamento cui i mutui originari sono stati sottoposti dagli apprendisti stregoni impegnati nelle fabbriche prodotto delle ex Investment Banks e delle sempre più deperite divisioni di Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali, mutui che sono stati spesso prontamente impacchettati, spacchettati, sminuzzati in quei titoli più o meno tossici della finanza strutturata che nessuno oramai vuole più e che il sistema della riserva federale sta stoccando a tonnellate nella più ampia discarica a cielo aperto del pianeta, provvidenzialmente, almeno per le banche di ogni ordine e grado, aperta presso la Fed di New York, presieduta sino a pochi giorni fa dal nuovo ministro del Tesoro a stelle e strisce, Timothy Geithner.
Non posso non ricordare che nel settembre del 2007, agli albori cioè della tempesta perfetta, la brava ed energica presidentessa dell’ente federale che si occupa del problema abitativo propose esattamente di intraprendere la strada della rinegoziazione dei mutui, ma fu prontamente stoppata da Hank Paulson e Bernspan che, a nome di quelle stesse banche e finanziarie a cui avevano consentito di tutto, trovarono molto interessante la sua idea, ma trovarono insormontabili i problemi legali connessi, ma, soprattutto, invocarono il principio sacro in ogni paese influenzato dall’ideologia protestante e che prevede che chi sbaglia, ovviamente, almeno secondo loro, i mutuatari deve inesorabilmente pagare!
La logica micidiale che ha portato la finanza più o meno strutturata a deviare dal suo compito originario sta colpendo con forza anche le varie società finanziarie collegate alle grandi Corporations, entità che spesso avevano le dimensioni di una grande banca e che basavano le loro pratiche alquanto disinvolte sul principio dell’estremo frazionamento del rischio, avendo le stesse decine di milioni di clienti, un principio in sé poco discutibile se non quando, evento giudicato pressoché impossibile dai teorici neoliberisti, ci si trova a fronteggiare una tempesta perfetta che non è poi che lo scoppio contemporaneo di varie e gigantesche bolle speculative, una situazione che rende del tutto inefficace la logica assicurativa di fatto seguita da colossi quali GMAC e la divisione finanziaria del colosso energetico General Electric, due entità che, insieme ai piani previdenziali e di assistenza sanitaria previsti sia in General Motors che in General Electrics, minacciano di far affondare il primo produttore di automobili statunitensi e la più grande società elettrica (in realtà un mostruoso conglomerato di attività le più disparate) a stelle e strisce.
Mentre è appena iniziato quello che ieri definivo un tranquilli weekend di paura per le banche europee, è giunta la notizia di un accordo tra l’oramai celebre Socgen, quella del trader infedele Kerviel e del relativo buco di 5 miliardi di euro, e il Credit Agricole che avrebbe deciso di costituire una joint venture nell’assett management, una nuova entità che vedrebbe la banca verde al 70 per cento e Socgen al 30, un divario di pesi ancor più accentuato di quello presente nel deal raggiunto tra Citigroup e Morgan Stanley e che autorizza a definire l’operazione come una vendita dell’assett management di Sosgen al Credit Agricole.
La notizia assume un particolare rilievo alla luce dell’obiettivo da me attribuito al decisionista presidente francese Nicolas Sarkozy di giungere ad una drastica riduzione del numero delle grandi banche francesi, un obiettivo la cui realizzazione potrebbe passare per un merger proprio tra Socgen e l’Agricole, mentre non è chiaro, una volta andata in porto l’operazione Fortis, quale potrebbe essere lo shopping più o meno ‘spintaneo’ di BNP Paribas che potrebbe solo passare per acquisizioni nel variegato mondo delle casse di risparmio e delle banche a carattere mutualistico.
Non è peraltro un mistero per nessuno che la rilevante perdita del sistema delle casse di risparmio nel casinò a cielo aperto della finanza più o meno strutturata, pur se di molto inferiore al danno patrimoniale e d’immagine subita da Socgen, ha fatto andare su tutte le furie Sarkozy e non pochi dei suoi ministri
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .