domenica 4 gennaio 2009

Gli alti marosi della tempesta perfetta consentono il ridimensionamento dell'investment banking all over the world!


Uno dei principali effetti della tempesta perfetta ancora virulentemente in corso dopo diciassette mesi dal suo avvio il 9 agosto del 2007 è dato dal vero e proprio regolamento di conti che sta avvenendo nelle banche più o meno globali tra la parte che si occupa delle attività retail e corporate e le cosiddette divisioni di Corporate & Investment Banking, un confronto che ha visto per decenni le ultime avere la meglio sulle prime, viste al più come fornitrici della indispensabile materia prima che, nelle abili e alquanto spregiudicate mani degli apprendisti stregoni delle fabbriche prodotto, veniva in larga parte trasformata in titoli della finanza strutturata.

E’ oramai di pubblico domino che, a partire dall’autunno del 2007, i rapporti di forza tra le due principali componenti delle banche universali si sono profondamente modificati, al punto di indurre a uscire allo scoperto l’ex Chief Executive Officer della extracomunitaria UBS, Luqman che, in un’articolata missiva con ricevuta di ritorno inviata all’attuale vertice della banca, metteva nero su bianco la proposta di effettuare uno split delle gigantesche attività di Corporate & Investment Banking che, ad avviso suo e del gruppo di azionisti da lui rappresentati, minacciavano di trascinare nel baratro l’intero organismo aziendale, ancora oggi l’indiscusso numero uno nella lucrosissima attività di gestione dei patrimoni dei ricchi e dei potenti in un numero di paesi che è appena inferiore rispetto a quelli rappresentati nell’assemblea generale delle Nazioni Unite.

Dalla mossa di Luqman molta acqua è passata sotto i ponti della Confederazione elvetica, ma non sono certo mancati i risultati, consistenti in un ricambio dei vertici, nella restituzione di stock options e bonus per decine di milioni di franchi svizzeri, ricapitalizzazioni e forti iniezioni di capitali pubblici, ma soprattutto una ristrutturazione feroce delle attività che in parte rispondeva all’ultimatum del banchiere, attuata mediante una divisione in tre delle attività di UBS e fortissimi tagli occupazionali nelle sedi principali dell’Investment Banking, in particolar modo nelle sedi di Londra e di New York dove si è registrato un dimezzamento degli organic che ancora non si sa se esaustivo.

Non molto diversa si presenta la situazione nelle principali quattro banche basate nel regno di Sua Maestà Elisabetta II, nelle due principali banche francesi, nelle due residue grandi banche tedesche, mentre andrebbe fatto un discorso a parte per i due colossi creditizi iberici, misteriosamente scampati alle altissime ondate della tempesta perfetta per finire di recente coinvolte pesantemente, in particolare il Santander di Don Emilio Botin, nello schema di Ponzi messo in atto da Bernanrd L. Madoff, un incidente di percorso che ha avuto ripercussioni pesantissime sul piano reputazionale, certamente maggiori di quelli che alla fine dovranno essere contabilizzati nei rispettivi conti economici.

A maggior ragione, un discorso a parte lo meriterebbero le banche italiane, in particolare i primi due grandi gruppi creditizi realizzati più o meno nell’arco di un week-end, Unicredit Group e Intesa-San Paolo, istituti a vocazione più europea che globale, ma certamente alfieri indiscussi di quel gruppo di testa del sistema bancario italiano che vede come comprimari il Monte dei Paschi di Siena, il Banco Popolare, la Banca Popolare di Milano e UBI Banca, tutte entità che una vera e propria favola metropolitana, accreditata dai media e da buona parte della classe politica in versione del tutto bipartisan, ha per lungo tempo definito come troppo arretrata per essere coinvolta dagli alti marosi della tempesta perfetta in corso, ma che, forse per un destino cinico e baro, si trova a evidenziare quotazioni delle rispettive azioni in ribasso dal 40 a oltre il 77 per cento rispetto ai massimi toccati negli ultimi due anni!

Era abbastanza difficile, d’altro canto, restare immuni dal sostanziale congelamento della liquidità interbancaria a livello europeo e globale, dal repentino ma molto annunciato fallimento di Lehman Brothers e da tutto quello che sta avvenendo negli Stati Uniti d’America, ma la goccia che ha fatto davvero traboccare il vaso è stato il coinvolgimento di Unicredit Group nello schema di Madoff, un coinvolgimento che, almeno a livello di gruppo, via Pioneer e Bank Austria, supera largamente il miliardo di euro, una cifra, per intenderci, pari o superiore alle plusvalenze nei saldi di fine effettuati da Piazza Cordusio e che, secondo la stampa, hanno costretto Profumo e gli altri topo manager del gruppo a rinunciare alle vacanze di fine anno.

Non è dato di sapere cosa ha detto realmente l’ex elefante prodige della finanza italiana nell’incontro con i vertici della MBI, il nome dell’entità cui, in Unicredit Group, fanno capo buona parte delle attività di investment banking, ma è certo che è stata annunciata una fortissima ristrutturazione delle attività, tagli degli organici e una senibile riduzione del capitale allocato.

Se ho lasciato per ultima la realtà statunitense, non è certo perché quello che è avvenuto e sta avvenendo nella principale piazza finanziaria a livello globale sia di minore importanza, anche perché, bruscamente accasate e ridimensionate Bear Stearns e Merrill Lynch, miseramente fallita Lehman Brothers, le sopravvissute Goldman Sachs e Morgan Stanley hanno dovuto accettare la trasformazione in normali holding bancarie soggette alla vigilanza della Federal Reserve e costrette a sperimentarsi in quella raccolta di depositi a livello retail, un’attività che, almeno ai tempi delle Big Five, sarebbe stata del tutto degradante, soprattutto nella potente e molto preveggente Goldman, la cui sopravvivenza è forse l’unico motivo di soddisfazione, forse l’unica ragione tout court, nei due anni e mezzo di permanenza al dicastero del Tesoro per il suo ex numero uno Hank Paulson!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.