Per quel che può valere di questi tempi la capacità previsiva dei Chief Executive Officers statunitensi, è alquanto inquietante il minimo storico del sondaggio sul clima di fiducia nutrito dai capi di azienda effettuato da una rivista specializzata (significativamente intitolata come gli interpellati), che da un punteggio massimo di 186 toccato all’inizio del 2006 è sprofondato sino ai 40,9 nel mese di dicembre, con un calo di 9 punti rispetto alla rilevazione precedente, ma quello che più colpisce è l’amplissimo range di opinioni raccolte che, per quanto riguarda a esempio il principale indice industriale statunitense, il Dow Jones 30, va da un minimo di 4 mila a un massimo di 17 mila punti entro l’anno in corso.
La stessa confusione di idee che caratterizza le donne e gli uomini posti al vertice delle corporations statunitensi di ogni ordine e grado, sta certamente regnando anche fra gli analisti, gli operatori e gli investitori risparmiatori, passati, in un breve volgere di tempo, da una sorta di ottimismo nelle capacità taumaturgiche del presidente eletto e del suo Dream Team a una sorta di pessimismo spinto che si sta traducendo nel terzo giorno consecutivo di perdite a Wall Street, perdite particolarmente significative mercoledì sull’onda dei dati catastrofici sull’occupazione nel settore privato, che ha registrato un’emorragia di un milione e duecentomila posti di lavoro nel solo bimestre novembre-dicembre.
D’altra parte, le prime notizie sull’andamento delle vendite natalizie non sono state per niente incoraggianti, con un livello complessivo che si pone al punto più basso degli ultimi quarant’anni e che ha visto vere e proprie flessioni del venduto o, come nel caso di Wal Mart, incrementi largamente al di sotto delle attese degli analisti, un fenomeno peraltro largamente annunciato, visto che la campagna di svendite è in corso ininterrottamente sin dai primi di novembre.
Non so quanto stiano influenzando i comportamenti e le attese le previsioni sfornate da Nouriel Rubini e che vedono un calo del prodotto interno lordo statunitense nel quarto trimestre del 2008 nell’ordine del 6 per cento, seguito da una flessione appena più modesta nel primo trimestre di quest’anno (-5 per cento), per poi giungere ad un calo molto più moderato nell’ultimo trimestre del 2009 (-1 per cento), il che comporterebbe una flessione del 3,5 per cento per l’intero 2009, pur in presenza del piano di sostegno promesso da Barack Obama e sempre che la frenata delle economie degli altri paesi del G7 non risulti più accentuata di quanto è oggi possibile prevedere e, soprattutto, che non si estende in modo marcato agli altri paesi membri del G20.
Non avendo una formazione quantitativa e, comunque, non disponendo di una sufficiente base di dati, non sono assolutamente in grado di esprimermi sull’esattezza delle stime di quello che per mesi è stato etichettato il Dr Doom, ma che è oggi uno degli economisti più ascoltati, oltre a essere uno dei pochi ad avere compreso da subito le caratteristiche dirompenti della tempesta perfetta in corso, anche perché sono consapevole dell’estrema difficoltà di valutare le conseguenze dell’effetto domino in corso oramai da molti mesi e quelle, ancora più catastrofiche, derivanti dal galoppante credit crunch.
In una sua recentissima esternazione, il presidente eletto degli Stati Uniti d’America ha reso nota la sua estrema preoccupazione per l’andamento a legislazione invariata dell’economia statunitense, una preoccupazione che sembra rafforzare in lui la determinazione nel procedere speditamente verso l’attuazione del suo piano di stimoli all’economia che dovrebbe concretizzarsi nella rapida attuazione del piano di alleggerimento del carico fiscale per i contribuenti con redditi fino a 250 mila dollari annui e in un mix di misure volte a sostenere le imprese industriali in difficoltà, mentre non è ancora chiara la tempistica degli interventi in infrastrutture.
Il periodo che intercorre tra l’Election Day e l’insediamento effettivo del nuovo presidente non è mai sembrato così lungo come in questa occasione, per il semplice motivo che non era mai accaduto che un passaggio così delicato di consegne avvenisse nel mezzo della più grave finanziaria mai verificatasi dal 1929, senza tenere poi conto del periodo di rodaggio che sarà necessario affinché i nuovi responsabili dei vari dicasteri di cui si comporrà la nuova amministrazione possano dare concreta attuazione ai progetti che sono stati molto sommariamente illustrati nel corso della lunghissima campagna elettorale e delle emergenze determinatesi nel frattempo.
Se agli altri ministri verranno forse perdonate le incertezze legate al loro nuovo incarico, è certo che l’azione del nuovo responsabile del dicastero del tesoro sarà soggetta a uno scrutinio molto severo da parte dei media, degli investitori e dei risparmiatori che si attendono dall’ex presidente della Federal Reserve di New York azioni incisive volte a ripristinare quel livello minimo di fiducia che è essenziale per porre fine allo sciopero degli investimenti più lungo dalla fine del secondo conflitto mondiale, ma, soprattutto, comportamenti che chiariscano sin da subito che Timothy Geithner non sarà lo strenuo difensore di Wall Street come lo è stato il suo predecessore, l’ex investment banker che risponde al nome di Hank Paulson.
A quanti trovano troppi i settantacinque giorni previsti per l’insediamento del nuovo presidente USA, mi permetto di ricordare che i leaders dei 20 paesi più industrializzati del pianeta hanno deciso, nell’ottobre del 2008, che era possibile aspettare sino alla metà di aprile del 2009 per dare vita a quella riunione dalla quale dovrebbero venire le prime indicazioni precise su quel processo di regolamentazione dell’attività finanziaria che è condizione necessaria anche se non sufficiente per il ripristino della fiducia!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.