giovedì 29 gennaio 2009

A Davos sono assenti i principali protagonisti della tempesta perfetta!


La scarsa esperienza maturata nella sua breve permanenza al Senato degli Stati Uniti d’America ha pesato sul fallito tentativo del nuovo presidente, Barack Obama, di convincere almeno una parte dei deputati repubblicani ad adottare un atteggiamento bypartisan sul suo mega progetto di rilancio dell’economia a stelle e strisce, un’illusione che si è presto infranta quando è stato reso noto l’esito del voto di ieri notte, un risultato che ha visto il no compatto degli eletti del Great Old Party, cui si sono addirittura uniti undici deputati democratici.

Certo, quello che conta è che il provvedimento sia passato a pochi giorni dall’insediamento di Obama alla Casa Bianca e che l’esame da parte del Senato dovrebbe iniziare già nella giornata di lunedì, il che consentirebbe di rispettare la scadenza di metà febbraio indicata dal presidente affinché gli effetti del piano possano dispiegarsi al più presto possibile sull’alquanto malridotta economia statunitense, ma è altrettanto certo che quanto è avvenuto ieri alla Camera dei Rappresentanti induce a ritenere che la strada della nuova amministrazione non sarà affatto cosparsa di petali di rose!

L’approvazione del piano da 819 miliardi di dollari ha comunque contribuito al rally dei tre principali indici statunitensi di ieri e continua a esercitare i suoi effetti positivi anche sull’andamento di stamane delle borse asiatiche, che vedono la prosecuzione del trend positivo del Nikkei 225, ma anche un’ottima performance delle borse che erano rimaste chiuse per il capodanno cinese, in particolare l’indice della borsa di Hong Kong, che registra un rialzo di qualcosa di più del 5 per cento.

Tuttavia, come scrivevo ieri, la borsa di New York ha reagito molto di più per l’annuncio della realizzazione in tempi prevedibilmente rapidi di una bad bank destinata a raccattare i titoli più o meno tossici della finanza strutturata che ancora ingolfano i bilanci, sopra e sotto la linea, delle banche di ogni ordine e rango basate all over the world, una mossa che mira dritto al cuore del problema, anche se non sono noti dettagli tutt’altro che irrilevanti quali quello del prezzo al quale i titoli medesimi verranno ceduti alla nuova entità, un particolare dal quale dipenderà il successo o meno dell’operazione i cui costi ricadranno in ogni caso sulle spalle di quegli stessi contribuenti destinatari di un sollievo fiscale da 500 dollari per i single e di 1.000 dollari per le coppie previsto dal piano di Obama.

Non del tutto a caso i lavori dell’Economic Forum di Davos sono stati di fatto aperti dagli interventi delle due principali vittime della tempesta perfetta in corso da oltre diciotto mesi, Vladimir Putin,vero padrone, al di là della carica che temporaneamente si attribuisce, della Russia, e Wen Jiabao, leader indiscusso della Repubblica Popolare Cinese, il primo colpito quasi a morte dal crollo del prezzo del petrolio e delle altre tante materie prime di cui dispone la sua Santa Madre Russia, mentre il secondo vede un quasi dimezzamento della crescita attesa per l’anno in corso rispetto alla velocità siderale registrata dalla stessa nel corso del 2007, dopo la forte frenata verificatasi nel 2008.

Il selezionato pubblico che affolla i saloni del Forum attendeva con una certa ansia le dichiarazioni dei due, in particolare di quelle del leader cinese che ancora non ha deciso di utilizzare l’arma fine di mondo, rappresentata da quei duemila miliardi di dollari in Treasury Bonds di cui potrebbe decidere di liberarsi, mandando i relativi yields alle stelle e il dollaro alle stalle!

Per fortuna delle coronarie di Geithner e dei banchieri a stelle e strisce presenti nella località sommersa dalla neve, Jiabao non ha fatto il ferale annuncio, limitandosi ad accusare, in perfetta sintonia con il suo collega russo, gli Stati Uniti d’America di essere la causa di tutto quanto sta avvenendo, qualcosa del tipo chi rompe paga e i cocci sono suoi, mentre entrambi hanno fermamente invitato l’Occidente a non chiudersi nei propri confini, mediante una rivisitazione in senso protezionistico delle nuove regole che hanno consentito la globalizzazione degli scambi commerciali e la crescita esponenziale delle esportazioni cinesi verso gli USA che, in un breve volgere di tempo, hanno surclassato quelle giapponesi.

Devo confessare che temevo molto che la rivoluzione geopolitica indotta dalla tempesta perfetta desse la stura a quei dietrologi e complottasti dei quali abbonda il web, anche perché gli elementi e gli ingredienti per stimolare la loro accesa fantasia ci sarebbero tutti, inclusa una riunione al vertice di magnati dell’industria e della finanza che decidono in un luogo più o meno misterioso di mettere in ginocchio gli oligarchi ex sovietici e i sempre più invadenti cinesi, così come quei paesi membri dell’Unione Europea che potrebbero anche accorgersi di essere, almeno sul piano economico, ormai più forti degli Stati Uniti d’America e che quello che manca loro è la potenza militare e un vero governo europeo.

Molto probabilmente, a furia di cercare le prove di una responsabilità statunitense nei tragici fatti dell’11 settembre o la verità su altri avvenimenti della storia più o meno contemporanea, complottasti e dietrologi non hanno avuto il tempo per scavare nei retroscena del più grande sommovimento economico e finanziario mai verificatosi a memoria d’uomo e che determinato un mutamento dei rapporti di forza internazionali superiore a quello che si potrebbe ottenere mediante un conflitto militare globale, ma con non secondaria differenza che, sommersi dagli alti marosi della tempesta perfetta, è impossibile distinguere gli amici dai nemici, non fosse altro che per il fatto che, come ha ben ricordato Jaques Attali, la maggior parte delle principali banche e compagnie di assicurazione sono oramai entità del tutto sovranazionali!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .