lunedì 26 gennaio 2009

Perché è impossibile una riforma del mercato finanziario globale


Senza grande clamore, la maggior parte delle banche di tutto il mondo stanno mettendo mano al portafoglio per compensare in tutto o, nella maggior parte dei casi, almeno in parte i propri clienti danneggiati dal repentino fallimento di Lehman Brothers nel settembre del 2008, un evento che ha cambiato in modo così radicale il mercato finanziario globale che, molto probabilmente, i futuri storici della tempesta perfetta parleranno di prima Lehman e di dopo Lehman per fornire una datazione agli eventi venuti prima e dopo quel fatidico giorno nel quale il trio Bush-Paulson-Bernspan decisero che la storica banca di investimento dovesse finire a zampe all’aria, apparentemente incuranti delle terribili conseguenze di questa loro decisione.

Come ben sanno i miei lettori, nei giorni, nelle settimane e nei mesi successivi a quel 15 settembre, il principale responsabile di quella decisione e, per fortuna di noi tutti, ex ministro del Tesoro statunitense, Hank Paulson, un uomo solitamente sicuro di sé, non fu assolutamente in grado di fornire una qualche ragione razionale per spiegare come mai a Richard Fuld e all ‘sua’ Lehman non fosse stato consentito di avere una sorte simile a quella di Bear Stearns o Merrill Lynch, tanto per restare nel campo delle ex investment banks, o di Countrywide, Wachovia Bank o Washington Mutual, tutte entità andate a irrobustire quel nucleo di banche destinate a sopravvivere agli alti marosi della tempesta perfetta, forse per il semplicissimo motivo che tali ragioni razionali non esistevano.

Non vorrei passare per un convertito sulla strada del too big too fail, quel principio che, almeno a parole, era stato solennemente rinnegato dalla vasta pletora di teorici del neoliberismo più o meno spinto, nonché dai reggitori pro tempore del dicastero del Tesoro negli ultimi venticinque anni, ma quello che trovo davvero intollerabile è vedere salvare l’orso di Stearns che ha dato il la alla più grave crisi finanziaria mai vista a memoria d’uomo, oppure quella Merrill Lynch gestita da un ex Goldman come John Thain, sì quello che è stato licenziato in tronco da Bank of America quando si è scoperto che aveva un po’ indorato la pillola alla banca acquirente e aveva elargito un mare di bonus ai manager negli ultimi giorni che hanno preceduto l’ufficializzazione della transazione, per non parlare del disastro che la Bank of America, sì sempre lei, ha trovato nei conti della Countrywide fondata e gestita dal ‘figlio del droghiere’ Angelo P. Mozilo o della finanza allegra di Fannie Mae e Freddie Mac, o delle voragini trovate in AIG.

Più procede il salvataggio del sistema finanziario a stelle e strisce e più non si capisce dove e quale sia la differenza tra i comportamenti alla Bernand L. Madoff e quelli di cui si sono macchiati Chuck Prince III, John Thain, Dick Fuld, Robert Rubin, Hank Paulson, Larry Blankfein e tanti altri Chairman o Chief Executive Officer, figure che spesso coincidevano, che, nelle stanze foderate di mogano poste ai piani alti dei grattacieli di Manhattan, hanno gestito quello che ogni giorno che passa si rivela un casinò a cielo aperto nel quale valgono regole che verrebbero considerate illegali anche a Las Vegas!

Non stupisce al riguardo che i leaders del mondo industrializzato strillino come aquile di fronte a tutto questo, anche se si va a scovare nei rispettivi curricula si scopre che l’inorridito presidente tedesco è stato in passato il numero uno del Fondo Monetario Internazionale, che il bellicoso presidente francese è stato un brillante avvocato d’affari, che i ministri del Tesoro di Bill Clinton sono stati i picconatori del sistema di regole introdotto nel corso della grande depressione, che l’attuale premier britannico, Gordon Brown, è stato per quasi dieci anni Cancelliere dello Scacchiere, cioè ministro dell’economia, e non vado oltre perché l’elenco sarebbe troppo lungo e non aggiungerebbe nulla al ragionamento.

Sempre in tema di ipocrisie e di responsabilità più o meno soggettive, che dire dei banchieri centrali con un passato di presidenti e/o amministratori di banche più o meno di investimento e più o meno globali o alti esponenti delle stesse e qui non faccio l’elenco perché non basterebbero due puntate del Diario della crisi finanziaria per enumerarli tutti, il che consente di dire che l’espressione apparentemente offensiva del per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, loro rivolta, l’oramai storico “topi posti a guardia del formaggio”, non era in fondo che un buffetto affettuoso!

La realtà è che la schiera di responsabili più o meno colpevoli e più o meno distratti è estremamente vasta e del tutto bipartisan, il che è di poco conforto ove si pensi che ciò rende non solo oltremodo difficile distinguere i buoni dai cattivi, ma, il che mi sembra molto più importante, induce a ritenere che molto, ma molto difficilmente ci si potrà attendere dagli attuali governanti e banchieri centrali una riforma incisiva delle regole sulle quali dovrà essere edificato il mercato finanziario globale del futuro, figurarsi poi se ci si può attendere da questi personaggi un processo severo ai responsabili della tempesta perfetta.

Con questo non voglio assolutamente dire che non accadrà nulla o che non verranno adottate misure volte a ripristinare quel minimo di fiducia essenziale per il funzionamento dei mercati in generale, e di quello creditizio in particolare, ma soltanto che come è già accaduto più volte nel secolo scorso, tali misure non saranno mai caratterizzate da quel grado di efficacia e di incisività che pure lo sfacelo attuale richiederebbe, anche perché questo è letteralmente impossibile anche per il giovane nuovo presidente degli Stati Uniti d’America e non perché non sia possibile, ma per la semplicissima ragione che è letteralmente impossibile anche per uno come lui non essere influenzato dai poteri forti esistenti al di qua e al di là dell’Oceano Atlantico.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .