giovedì 29 gennaio 2009

L'ipotesi della creazione di una bad bank per i titoli tossici mette le ali alle azioni delle banche!


Dopo una lunga serie di voli concentrici attorno al problema, le autorità monetarie statunitensi e la nuova amministrazione americana, hanno finalmente deciso di prendere per le corna la questione che rendeva impossibile un recupero della normale attività creditizia e che è rappresentata dalla immensa montagna di titoli più o meno tossici della finanza strutturata che sul mercato valgono oramai poco più di zero.

E’ bastato che qualche lancio di agenzia sapientemente pilotato facesse trapelare la notizia relativa all’intenzione di creare una (o più) bad bank destinata ad accogliere le decine di migliaia di miliardi di dollari di titoli (almeno tale è il loro valore facciale) che la Fed di new York non è riuscita ad accogliere nella pur molto ampia discarica all’uopo dedicata e che, grazie allo sforzo sovrumano fatto a carico dei contribuenti, ha una capacità che non va al di là dei due-tre mila miliardi di dollari che vi sono state stoccate, per mandare decisamente verso l’alto le quotazioni delle superstiti maggiori banche statunitensi, rialzi generalmente a due cifre che si sono estesi anche alle azioni delle principali banche europee.

Ovviamente, si tratta per il momento soltanto di un annuncio e non sono per il momento disponibili informazioni né sulle tecnicalità che verranno adottate, né, tantomeno, sullo scottantissimo tema del prezzo al quale verranno acquistati dalle sempre più traballanti banche, anche perché l’ultima mega transazione raggiunta da John Thain per conto di Merrill Lynch prevedeva uno sconto del 78 per cento sul valore nominale dei titoli tossici, un prezzo che, peraltro, era accompagnato dal pressoché integrale finanziamento dell’esborso dell’acquirente e di una clausola di riacquisto ove il prezzo di mercato fosse ulteriormente crollato!

Sono certo che l’intero dibattito al Forum economico che si apre oggi a Davos ruoterà intorno alla soluzione sulla quale aveva preventivamente messo il cappello il per la terza volta ministro italiano dell’economia, Giulio Tremonti, che ha utilizzato una recente comparsata al fortunato programma televisivo di Fabio Fazio, Che tempo che fa, per informare del progetto qualche milione di telespettatori e i milioni di lettori dei quotidiani del giorno dopo che hanno fatto da ulteriore grancassa all’idea del ministro, un’idea che circolava da tempo tra gli addetti ai lavori, in particolare tra quelli impegnati in quel Financial Stability Forum che il ministro italiano si diverte a svillaneggiare un giorno sì e l’altro pure, prendendo di mira una volta l’organismo composto da esponenti delle banche centrali e l’altra il suo presidente pro tempore, il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi.

Dispiace apprendere dai giornali americani del trucco messo in atto dall’ex numero uno della defunta Lehman Brother, Dick Fuld, che ha cercato di sottrarre al suo incerto destino giudiziario una proprietà immobiliare in Florida del valore stimato in 13 milioni di dollari, vendendola alla moglie al prezzo più che simbolico di dieci dollari, una mossa che verrà prontamente annullata dall’autorità giudiziaria e che reso ancora meno simpatico l’uomo che Hank Paulson ha voluto a tutti i costi rovinare.

Ma oggi gli analisti, gli operatori e gli investitori non hanno alcuna voglia di soffermarsi sulle poco onorevoli gesta di uno dei tanti Dei caduti dall’Olimpo della finanza a stelle e strisce, troppo presi come sono a scommettere sulla mossa che potrebbe fare da diga agli alti marosi della tempesta perfetta ininterrottamente in corso da oltre diciotto mesi, una mossa molto più convincente delle tante pensate del disoccupato di lusso Hank Paulson o di quelle messe in campo da Bernspan e dai suoi colleghi assisi ai loro scranni nella sala che ospita i lavori del Federal Open Market Committee, ospite l’attuale ministro del Tesoro, Timothy Geithner, forse il vero ideatore della bad bank sin da quando era certamente il più potente tra i presidenti delle sistema della riserva federale, ma che ha atteso di insediarsi al vertice di quel dicastero nel quale ha mosso i primi passi della sua carriera di civil servant.

La perdita stratosferica da 19 miliardi di euro attribuita a Fortis, nonché la valutazione del collegio di periti che ha giudicato corrette le decisioni dei governi belga, lussemburghese e olandese che procedettero mesi orsono allo spezzatino del colosso bancario e assicurativo, inclusa l’accettazione dell’offerta di BNP Paribas, mettono una serissima ipoteca sull’esito dell’assemblea degli azionisti di Fortis prevista per il prossimo 11 febbraio, anche perché gli stessi periti valutano del tutto irrealistica l’ipotesi che la banca possa sopravvivere stand alone, anche se è scontato che i piccoli azionisti vedranno migliorate le condizioni dell’offerta a suo tempo avanzata dalla banca francese.

L’ipotesi di una soluzione positiva di questa telenovela molto seguita a Bruxelles e dintorni e che ha addirittura provocato una crisi di governo in quel Paese, insieme alle anticipazioni sui risultati negativi del quarto trimestre ma positivi per 3 miliardi di euro per l’intero esercizio 2008, hanno messo le ali per la seconda seduta consecutiva al titolo di BNP che, dopo il +17 per cento di ieri, ha recuperato un altro 20 per cento oggi, riguadagnando la soglia psicologica dei 30 euro, nel corso di una seduta che ha visto anche le due principali concorrenti, Socgen e il Credit Agricole, registrare incrementi meno vistosi, ma comunque a due cifre.

Aria di festa grazie alle notizie provenienti da oltreoceano anche per le banche britanniche, tutte in forte rialzo ma mai come la Royal Bank of Scotland che ha chiuso con un rialzo di poco inferiore al 40 per cento, così come per le due principali banche tedesche, per quelle italiane, in particolare per Unicredit Group, per le due principali banche svizzere, per quelle spagnole.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .