Ho dedicato diverse puntate del Diario della crisi finanziaria al vero e proprio ricatto che la nuova amministrazione statunitense sta perpretando nei confronti dei possessori di obbligazioni prima della Chrysler e ora della General Motors, offrendo in entrambi i casi una esigua porzione di quanto a suo tempo pagato dagli investitori istituzionali e dai risparmiatori/investitori o, in alternativa, la trasformazione, sempre a deciso sconto, di quanto è stato acquisito come un credito fruttifero nei confronti delle due case automobilistiche a stelle e strisce in azioni ordinarie delle stesse, quindi di capitale di rischio.
Il rifiuto opposto dai bondholders di Chrysler a questa ‘offerta’ ha condotto dritti, dritti al ricorso ad uno dei capitoli di cui si compone la legge fallimentare statunitense, mentre è di ieri la notizia che, nonostante le estreme pressioni esercitate dal gruppo di lavoro che sta cercando ogni possibile soluzione per General Motors, anche i bondholders per 27 miliardi di dollari di GM restano sulle loro posizioni, il che rende altrettanto inevitabile, salvo un miracolo dell’ultim’ora, il ricorso a una procedura fallimentare che, per quanto pilotata, sempre un fallimento resta, con il doloroso corollario derivante dal divenire esigibili i micidiali Credit Default Swaps per un importo presumibilmente multiplo del debito della casa di Detroit.
La notizia non ha scosso più di tanto la borsa di New York, che ha scelto ieri di privilegiare il dato positivo sulla fiducia dei consumatori, invece di porre attenzione alla secca smentita proveniente dall’ennesimo crollo dei prezzi delle case, -19,1 nel primo trimestre e -18,7 nel mese di marzo, l’ultimo disponibile, una scelta forse opinabile ma che ha consentito ai tre principali indici statunitensi di segnare significativi rialzi e di fare invertire la rotta anche ai principali mercati azionari europei che avevano fatto registrare performance negative sia nella solitaria seduta di lunedì (i mercati USA erano chiusi per festività), sia nella mattinata di ieri, in linea, peraltro, con la chiusura negativa della borsa di Tokyo.
Ma perché è così importante la questione dei possessori di obbligazioni della Chrysler e della General Motors, semplicemente perché rischia di prefigurare l’unica possibile via di uscita da una tempesta perfetta che si appresta a entrare nel suo ventitreesimo mese di vita e che è oramai certo potrà spegnere anche le sue prime due candeline il 9 agosto di quest’anno, una soluzione che prevede che l’enorme montagna di carta partorita dalle fervide menti degli apprendisti stregoni delle investment banks e delle divisioni di Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali potrà, nella migliore delle ipotesi, venire acquistata da mani più o meno pubbliche a un prezzo compreso in una forchetta che va dal 10 al 20 per cento del valore facciale, un’eventualità che manderebbe a carte quarantotto i conti dei fondi pensione e dei fondi di investimento, colpirebbe seriamente le compagnie di assicurazione e manderebbe in fumo i risparmi di una vita di semplici investitori, che non credo troveranno consolazione nel fatto che, dopo il dimezzamento del 2008, i grandi patrimonio potrebbero vedere erosa un’altra significativa quota anche nel corso del 2009.
Nella sempiterna guerra tra Wall Street e le tante Main Street di cui è puntellata l’America, rischierebbero così di perdere tutti, uno scenario che non permette di intravedere un possibile punto di svolta della recessione in presenza del perdita di oltre un terzo del valore delle abitazioni, di una sforbiciata molto drastica dei portafogli, per non parlare di quell’ecatombe di posti di lavoro che non aiuta certo la tenuta della propensione al consumo, variabile davvero cruciale in una nazione che vede più del 70 per cento del prodotto interno lordo venire proprio dai consumi di quelle cicale pentite che rischiano ogni giorno che passa di trasformarsi in formichine giudiziose e molto risparmiose!
Credo proprio che non vi sia molta consapevolezza in giro sulla concretezza dello scenario sopra descritto, anche se quel pugno di pessimisti che sta cercando di non farsi incantare dalla corsa dell’orso vede la possibilità che le cose saranno molto, ma molto più chiare tra la fine di giugno e l’inizio di luglio, non fosse altro che per allora molti dei nodi verranno inesorabilmente al pettine e le attuali cortine fumogene sparse ad arte dagli imbonitori potrebbero venire spazzate via dal vento portato con sé da una nuova e ancor più alta ondata della tempesta perfetta.
Non è, peraltro, un mistero per nessuno che l’invenzione del nuovo ministro del Tesoro, Timothy Geithner, quelle joint ventures tra pubblico e privato destinate a fare da spazzini delle montagne di carte della finanza più o meno strutturate sono rimaste più o meno nella fervida mente del loro ideatore, rischiando così di fare esattamente la stessa fine ingloriosa delle tante invenzioni partorite dall’altrettanto fervida mente del suo predecessore, l’ ex(?) investment banker Hank Paulson, un uomo del quale si sono letteralmente perse le tracce da quando ha passato le consegne al più giovane suo successore, con il quale ha peraltro percorso quasi tutte le drammatiche tappe della più violenta crisi finanziaria mai vista a memoria di donna o di uomo.
Quello che sta accadendo nel mercato immobiliare e in quello finanziario, due insiemi largamente intersecatesi, non è affatto qualcosa di inedito, seppure non nelle attuali e ancor più prospettiche proporzioni, anche perché è accaduto innumerevoli volte in singoli mercati, in particolare in quello delle valute convertibili, basti pensare a quanto accadde nel lontano accordo del Plaza Hotel di New York ai tempi in cui le sorti del pianeta erano rette dal cosiddetto G3, per non parlare di quanto avvenne negli anni Settanta con i due shock petroliferi, o pochi mesi orsono a quanto è avvenuto nel mercato delle materie prime più o meno energetiche e di quello molto ampio delle derrate alimentari, spesso per motivi che nulla avevano a che fare con le relative funzioni di domanda e di offerta, ma molto di più per effetto delle scommesse via derivati effettuate dai soliti noti!
Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dell’associazione FLIP, all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog