Ho troppo rispetto per il lavoro della magistratura di Forlì e per il nucleo di polizia giudiziaria che da un anno e mezzo collabora attivamente con i due sostituiti procuratori titolari dell’indagine sull’Asset Bank prima e sulla Cassa di Risparmio sanmarinese ora per non attendere pazientemente gli sviluppi di una vicenda che, secondo i soliti ben informati, rappresenta soltanto la punta di un iceberg e che vede svilupparsi attorno al minuscolo Stato sovrano del Titano un giro di affari più o meno leciti di dimensioni assolutamente sproporzionate alla consistenza demografica della minuscola Repubblica e alla sua pur indubbia vitalità economica.
Le indagini, peraltro, sono validamente assistite sia dalle donne e dagli uomini della Vigilanza della Banca d’Italia, sia dalla Guardia di Finanza che conduce da lungo tempo attente indagini sugli alquanto misteriosi, ma certamente molto consistenti flussi di denaro che vanno e che vengono dalle casse degli istituti di credito e dalle molteplici finanziarie che hanno sede legale all’ombra del Titano, attività che hanno avuto evidenti riflessi nelle decisioni che la stessa Banca d’Italia ha ritenuto di assumere nei confronti delle propaggini italiane del sistema.
E’ per questi motivi che non intendo aggiungere valutazioni a quelle espresse a caldo nei giorni immediatamente successivi alla pubblicizzazione dell’inchiesta e dei relativi provvedimenti restrittivi della libertà personale operati, nonché delle iniziative della Vigilanza, ma ritengo piuttosto opportuno ripubblicare le due puntate apparse sul Diario della crisi finanziaria il 5 e il 6 maggio di quest’anno in una versione che ne consente una visione unitaria e ne faciliterà, per chi ne sentisse il bisogno, la stampa.
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Almeno stavolta non c’è stato il silenzio assordante dei media sulla seconda parte dell’operazione Re Nero del sostituto procuratore della Repubblica, Fabio di Vizio nei confronti dei vizi e vizietti del sistema bancario sanmarinese, già colpito al cuore nel dicembre del 2007 la Banca Assett portando in carcere l’intero gruppo dirigente, così come quello della controllata banca monosportello romagnola, mentre venivano indagati per vari reati una trentina di imprenditori italiani che avevano scelto di utilizzare la stessa Assett come lavanderia di una rilevante quantità di denaro dalla provenienza quanto meno incerta.
Stavolta, nel mirino del magistrato di Forlì e del folto numero di funzionari della Banca d’Italia sono finiti i vertici al completo della potentissima Cassa di Risparmio San Marino, dal presidente, Gilberto Ghiotti, all’amministratore delegato, Mario Fantini, entrambi spediti difilato in carcere, mentre hanno ottenuto il beneficio degli arresti domiciliari il direttore generale, Luca Simoni, il consigliere di amministrazione Paola Stanzani e Gianluca Ghini, direttore di Carifin Sa.
Ma la il gruppo dirigente della Cassa di Risparmio sanmarinese era presente pressoché al completo anche al vertice della controllata società di credito al consumo Delta, con sede a Bologna e con un organico di tutto rispetto per una entità operante in questo lucrosissimo settore che ha conosciuto negli ultimi anni tassi di crescita davvero esponenziali, una trasposizione di top manager che vedeva l’amministratore delegato di Carisp svolgere il ruolo di presidente di Delta, la consigliera Stanzani quello di amministratore delegato e il direttore di Carifin Sa quello di consigliere di amministrazione.
Insomma, come nota l’inviato del quotidiano La Repubblica, Luciano Nigro, “un intreccio di cariche e di interessi (basta aprire il sito del gruppo per scoprire che l’azionista tutt’altro che occulto è la Cassa sanmarinese) quanto sospetto visto che un’ispezione della Banca d’Italia su Delta, conclusa nel febbraio 2009, ha portato alla sospensione delle autorizzazioni a operare come gruppo bancario. Un intervento senza precedenti motivato dal fatto che la cassa del Titano ha un’influenza determinante sulla gestione e il controllo del gruppo bolognese. Influenza al di fuori delle regole, poiché non sono consentite le operazioni bank to bank con la Repubblica di San Marino che gode di un segreto bancario più impenetrabile di quello svizzero e di una legislazione che non prevede il reato di evasione fiscale”.
Come accade sempre più di sovente, Milena Gabannelli, autrice della bellissima trasmissione televisiva Report non casualmente piazzata nei palinsesti della terza rete della RAI nell’alquanto sonnolenta domenica sera, ha bagnato ancora una volta il anso ai colleghi della carta stampata, in quanto è riuscita a intervistare prima dell’ondata di arresti e perquisizioni proprio al presidente di Delta e amministratore delegato di Carisp, Mario Fantini, il quale, evidentemente disorientato dalla pesante iniziativa dell’istituto governato da Mario Draghi, pur ammettendo il controllo della società di credito al consumo italiana, sosteneva che il gruppo di dirigenti che ne detiene il 40 per cento delle azioni gode della massima autonomia nelle deleghe (sic).
Non vorrei essere troppo malevolo, ma credo proprio che senza quella registrazione di Milena molto, ma molto difficilmente l’ennesimo scandalo bancario sanmarinese sarebbe uscito da quelle pagine locali dei quotidiani nella quale venne relegata, e senza troppa evidenza, l’operazione avvenuta sedici mesi orsono e che pure era stata preceduta dal sequestro molto anomalo di un imprenditore italiano cui vennero sottratti 500 mila euro che il malcapitato aveva prelevato proprio dalla banca monospetello romagnola controllata integralmente da Assett Bank, notizia riportata con risalto dai telegiornali pubblici e privati, omettendo il singolare particolare che vedeva il sequestrato non disporre di un conto corrente nella piccola banca, una circostanza che dice poco o nulla ai non addetti, ma che accese più di un campanello nella mente del magistrato di Forlì e negli ambienti della Guardia di Finanza e della Banca d’Italia che da tempo tenevano sotto controllo il paradiso fiscale posto nel cuore della Repubblica italiana, peraltro non il solo alla luce dell’altrettanta impermeabilità del segreto bancario vigente nella Città del Vaticano.
Non vi è dubbio, che la sterzata imposta da Francia e Germania sulla scottante questione dei paradisi fiscali nel corso dell’ultimo vertice del G20/G21, una virata che ha portato alla pubblicizzazione della lista nera e di quella grigia da parte dell’OCSE (anche se va detto che i quattro paesi presenti nella lista nera hanno ottenuto a tempo di record di essere trasferiti in quella grigia, avendo i rispettivi governi prontamente accettato di impegnarsi a fare i bravi in futuro) e che ha sostanzialmente benedetto le iniziative dei governi dei paesi maggiormente industrializzati volte a contrastare il massiccio deflusso di capitali verso questi confortevoli lidi, incluse le note operazioni di intelligence dei servizi segreti tedeschi che permisero di ottenere da un dipendente di una banca del principato del Liechetenstein una lunghissima lista di depositanti tedeschi e di altri paesi, con il corollario dell’invio delle liste relative ai cittadini francesi, italiani, spagnoli, britannici e via discorrendo ai rispettivi governi, spesso non del tutto lieti di trovarsi tra le mani una bella gatta da pelare!
Va detto che i giornali italiani, una volta tanto prodighi di notizie sul lato sanmarinese della vicenda, omettono di fornire qualsivoglia dettaglio sull’identità delle sedici banche italiane ispezionate, limitandosi a dire che la maggior parte delle sedi bancarie visitate sono situate in quel di Roma, né tanto meno alcun dettaglio viene fornito sull’identità dei banchieri coinvolti a vario titolo nell’indagine, una circostanza che appare ancor più grave alla luce del’attivismo delle donne e degli uomini alle dipendenze di Mario Draghi che avevano ‘scoperto’ che molti istituti di credito italiani non classificavano le banche e le finanziarie del Titano come banche straniere.
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Passato l’effetto della spettacolarizzazione degli arresti in carcere o ai domiciliari di una parte significativa del gotha bancario della Repubblica di San Marino, un’operazione ovviamente disposta dalle autorità giudiziarie italiane al termine di un lungo e paziente lavoro di indagini svolte in tandem dalla polizia e dalla guardi di finanza, ma supportata dal vaglio della Vigilanza della Banca d’Italia, la maggior parte dei quotidiani italiani ha ripreso a voltare la testa dall’altra parte, relegando in trafiletti o non parlando affatto della conferenza stampa tenuta ieri dal sostituto procuratore della Repubblica Fabio di Vizio e dal collega che lo ha affiancato nelle indagini, così continua a restare ignota l’identità delle sedici banche italiane che sono state perquisite su ordine dei due magistrati, un particolare non di poco conto, alla luce del fatto che, dopo il precedente scandalo della Assett Bank nel dicembre del 2007, la Banca d’Italia aveva efficacemente operato in termini di moral suasion e non solo, affinché le entità protagoniste del sistema bancario italiano non facessero ulteriormente da sponda al gigantesco movimento di capitali che avviene da tempo con direzione la piccolissima Repubblica del Titano.
Come ho avuto modo di spiegare ieri, buona parte della risonanza mediatica della mega operazione di polizia giudiziaria svoltasi all’alba di lunedì è dovuta alla centralità della Cassa di Risparmio sanmarinese nello sviluppatissimo tessuto finanziario e creditizio del mini stato posto nel cuore dell’Italia, una banca di antica tradizione e che non aveva, come la Assett, soltanto una piccola testa di ponte in Romagna, ma era proprietaria di una rilevante entità con sede a Bologna e operante nel lucrosissimo e stranamente regolamentato settore del credito al consumo, un’entità, la Delta, che occupa 800 persone e nei confronti della quale la Banca d’Italia ha disposto, dopo accurata attività ispettiva, la sospensione delle autorizzazioni necessarie per continuare a svolgere la propria attività.
Quello che colpisce nell’intreccio esistente tra la Cassa sanmarinese e la società di credito al consumo italiana è la trasposizione massiccia dei vertici, seppure a ruoli invertiti, con l’anziano amministratore delegato della Carisp Mario Fantini, nel ruolo di presidente, mentre nella massima carica operativa era collocata Paola Stanzani, che di Carisp è ‘soltanto’ consigliere di amministrazione, mentre il ruolo di consigliere di amministrazione viene qui svolto dal giovane direttore generale di Carifin Sa, braccio armato finanziario di Carisp.
Questa presenza dominante delle donne e degli uomini della Cassa sanmarinese colpisce perché dimostra fino in fondo la necessità di controllare direttamente l’operatività della Delta, cosa che normalmente viene del tutto delegata ai dirigenti italiani ai quali erano state, non si sa a quale titolo, il quaranta per cento delle azioni della società e, almeno a detta dello stesso Fantini, ampie deleghe operative, una vera e propria anomalia rispetto a quanto avviene nelle entità finanziarie italiane facenti capo a gruppi bancari o assicurativi stranieri, che tendono notoriamente a lasciare la gestione e le relative responsabilità a manager con cittadinanza italiana!
Non vorrei proprio rassegnarmi al fatto di dover aspettare la prossima trasmissione della bravissima Milena Gabanelli, già autrice dello scoop preventivo ottenuto con l’intervista a Fantini effettuata prima dell’ondata di arresti, per scoprire cosa accade realmente nel Titano e negli immediati dintorni, un’ipotesi molto mortificante per i tanti giornalisti che si fregiano del titolo di cronisti investigativi e che continuano a credere di essere ad alto tasso di autonomia rispetto alle rispettive proprietà e a quel male davvero sottile che prende il nome di autocensura, una malattia che, come scrivevo nei giorni scorsi in occasione della giornata dedicata dall’Unesco alla libertà di informazione, è molto più diffusa di quanto si creda!
Al posto dei giornalisti economici non commetterei l’errore di sottovalutare l’importanza e l’impatto sugli scenari futuri derivanti dallo scontro al calor bianco verificatosi ieri alla prima riunione dell’Ecofin successiva al recente summit del G20/G21 di Londra che ha deciso di spingere l’OCSE a pubblicizzare la black e la grey list dei paesi non pienamente collaborativi in materia di reati finanziari, evasione fiscale e riciclaggio, ha messo in luce le contraddizioni esistenti in ambito europeo tra paesi come l’Austria e il Lussemburgo, inseriti a pieno titolo nella lista grigia, e Germania, Francia, Spagna e Italia che non sono proprio felici di fronte alla massiccia esportazione di capitali attratti sia dal molto benevolo regime fiscale che dell’alquanto impenetrabile segreto bancario esistenti nei due paesi che pure dell’Unione europea sono membri a pieno titolo.
Le cronache dei giornali si diffondono in particolari sulla richiesta di scuse avanzata dal lussemburghese Junker nei confronti dei paesi di maggiori dimensioni e pertanto presenti al summit londinese per non essersi opposti all’inclusione del suo paese e dell’Austria nell’infamante lista, una richiesta davvero originale alla luce del fatto che Francia e Germania sono stati i due paesi più determinati perché si assumesse tale iniziativa, una circostanza che ha fatto sì che, in risposta alle scuse avanzate dal presidente di turno dell’Ecofin, ceco ma anche sordo, l’irascibile ministro delle finanze tedesco sentisse la necessità di negare qualsivoglia scusa e di rivendicare fino in fondo le ragioni che spingono il suo e gli altri grandi paesi dell’Unione a rivendicare comportamenti collaborativi in materia da parte di tutti, ma proprio tutti i paesi che del collettivo europeo vogliono continuare a essere membri
.Noto con piacere che la posizione espressa dal per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, è stata perfettamente in linea con quella espressa dai suoi colleghi presenti per la Francia e per la Germania, anche se aspetto di vedere quali saranno le mosse concreto del Governo italiano in materia di lotta al riciclaggio di denaro più o meno sporco favorito dai cosiddetti paradisi fiscali!
Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dei dell’associazione FLIP, all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog