Come ben sanno i lettori del Diario della crisi finanziaria, nel tenere il giornale di bordo della traballante flotta finanziaria squassata dagli alti marosi della tempesta perfetta oramai entrata nel suo ventiduesimo mese di vita, non ho mai dedicato soverchia attenzione all’andamento delle borse, ma dopo quasi tre mesi di corsa dell’orso, credo proprio sia necessario dare uno sguardo a quanto sta accadendo nei luoghi deputati all’accertamento del livello relativo di ricchezza degli investitori che hanno deciso di acquistare azioni in luogo dei bonds o dei titoli della finanza più o meno strutturata.
Premetto che, al punto cui sono giunte le cose, tutte e tre le tipologie di investimento hanno acquisito la caratteristica di essere investimenti soggetti al rischio, cosa vera per definizione per le azioni, in particolare quelle ordinarie, ma che diventa ogni giorno che passa più vera anche per le obbligazioni emesse sia da aziende industriali che da banche o da altri soggetti, ma che è realtà da poco meno di due anni per quanti si ritrovino tra le mani il prodotto del genio degli apprendisti stregoni impegnati nelle fabbriche prodotto delle varie entità protagoniste del mercato finanziario globale.
Tornando ai listini azionari, non vi è dubbio che vi sia stato un significativo rimbalzo dai minimi, anche se salta subito agli occhi come, sia il Dow Jones Industrial che lo Standard & Poor’s 500, una volta allontanatisi dal punto più basso toccato nell’attuale fase, abbiano fallito il superamento di importanti resistenze (soglia 9 mila per il primo e l’allontanamento deciso di quella posta a 900 punti per il secondo), iniziando a oscillare intorno, rispettivamente, ai livelli posti a 8.500 e a 900 punti, mentre spero mi consentirete di non occuparmi di quella strana entità rappresentata dal Nasdaq, un agone che ha visto la creazione e lo sfarinamento improvviso di ricchezze né più né meno di quanto accade nelle case di gioco, almeno in quelle regolamentate da non confondere con le bische clandestine.
Non voglio assolutamente esagerare l’importanza di questi evidenti ‘tappi’ posti alla ulteriore crescita di questi due indici azionari statunitensi di cruciale importanza per gli operatori del mercato finanziario globale, ma credo che i novelli esegeti della soluzione della crisi sempre dietro l’angolo dovrebbero riflettere attentamente su queste ‘resistenze’, così come si sono esercitati sugli altrettanto importanti ‘supporti’ di fase, posti, rispettivamente, a livelli che, solo per praticità, individuo intorno ai minimi toccati a 8.440 e a 666 (sic) punti.
Premettendo che, mutatis mutandis, analoghi ragionamenti potrebbero essere fatti per i principali indici europei e asiatici, fatta eccezione per quella vera e propria casa di gioco autorizzata posta nella località cinese di Shanghai, mi preme fare rilevare che questa continua oscillazione intorno ai livelli di 8500 e 900 punti avviene in contemporanea con volumi enormemente maggiori di quelli registrati normalmente, una circostanza che induce a pensare che non solo gli scalpers, ma anche gli investitori istituzionali e buona parte di quelli al dettaglio si stiano esercitando in un tipo di operatività che un tempo veniva sprezzantemente definita del ‘mordi e fuggi’!
Seguendo, per motivi facilmente comprensibili, con maggiore attenzione le quotazioni delle banche e delle altre entità protagoniste del mercato finanziario rispetto a quelle delle grandi entità impegnate in altri settori, mi permetto di segnalare che sono stati sempre più frequenti volumi di scambi vicini o intorno al miliardo di pezzi scambiati con riferimento alle due maggiori banche universali statunitensi, Bank of America e Citigroup, livelli multipli di varie volte qualsiasi media prendiate in esame e particolarmente frequenti in prossimità del rilascio dei risultati di quegli stessi stress test difesi ieri a spada tratta da Bernspan, l’unico sopravvissuto della triade che tanti lutti addusse agli sventurati risparmiatori/investitori statunitensi e ovunque altrove basati.
Sembra quasi che la maggior parte della volatilità si sia spostata su un numero davvero limitato di entità, un gruppo alquanto ristretto che oltre alle due banche citate e altre quattro grandi entità finanziarie sopravvissute agli alti marosi della tempesta perfetta, include ovviamente General Motors e Ford, una circostanza che mi permetto di segnalare ai folti uffici studi di banche e compagnie di assicurazione, non fosse altro che sono popolati da persone che hanno certamente più tempo per verificare se, depurando dai volumi complessivi giornalieri quelli riferiti a queste otto entità, le quantità di azioni scambiate quotidianamente sui mercati statunitensi non ritornino a un livello che potremmo considerare normale, per quanto si possa definire normale il livello medio di questi ultimi ventuno mesi.
Non per fare a scaricabarile, ma penso proprio che questi analisti più o meno ben retribuiti farebbero anche bene a investigare se dietro questa esplosione dei volumi degli scambi quotidiani di azioni di queste otto entità, ma in particolare di quattro di queste, non vi sia anche una netta ricomposizione dell’azionariato, con un deperimento progressivo della quota rappresentata dagli individuals e una contestuale molto accresciuta presenza di investitori dalle spalle molto, ma molto larghe, che, volenti o nolenti, devono partecipare alla scommessa fatta dalla nuova triade Obama-Geithner-Bernspan che è quella che, costi quel che costi (al contribuente, si intende), nessuna di queste entità dovrà fallire, nemmeno, fatta eccezione ovviamente per General Motors, in quel senso tecnico che farebbe scattare, in base ai criteri rigidi applicati dall’ISDA, la liquidazione degli immensi ammontari in termini nominali dei Credit Default Swaps relativi alle stesse entità!
Oramai fuori gioco quella sorta di immenso hedge fund che era divenuta secondo lo stesso Obama l’American International Group, mi chiedo proprio, ma credo che dovremmo chiedercelo in tanti, chi stia facendo da controparte nella realizzazione di queste micidiali scommesse sulla sopravvivenza di questa o di quell’entità del mercato finanziario statunitense o di quelle altrove basate?
Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dei dell’associazione FLIP, all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog