Passato l’effetto della spettacolarizzazione degli arresti in carcere o ai domiciliari di una parte significativa del gotha bancario della Repubblica di San Marino, un’operazione ovviamente disposta dalle autorità giudiziarie italiane al termine di un lungo e paziente lavoro di indagini svolte in tandem dalla polizia e dalla guardi di finanza, ma supportata dal vaglio della Vigilanza della Banca d’Italia, la maggior parte dei quotidiani italiani ha ripreso a voltare la testa dall’altra parte, relegando in trafiletti o non parlando affatto della conferenza stampa tenuta ieri dal sostituto procuratore della Repubblica Fabio di Vizio e dal collega che lo ha affiancato nelle indagini, così continua a restare ignota l’identità delle sedici banche italiane che sono state perquisite su ordine dei due magistrati, un particolare non di poco conto, alla luce del fatto che, dopo il precedente scandalo della Assett Bank nel dicembre del 2007, la Banca d’Italia aveva efficacemente operato in termini di moral suasion e non solo, affinché le entità protagoniste del sistema bancario italiano non facessero ulteriormente da sponda al gigantesco movimento di capitali che avviene da tempo con direzione la piccolissima Repubblica del Titano.
Come ho avuto modo di spiegare ieri, buona parte della risonanza mediatica della mega operazione di polizia giudiziaria svoltasi all’alba di lunedì è dovuta alla centralità della Cassa di Risparmio sanmarinese nello sviluppatissimo tessuto finanziario e creditizio del mini stato posto nel cuore dell’Italia, una banca di antica tradizione e che non aveva, come la Assett, soltanto una piccola testa di ponte in Romagna, ma era proprietaria di una rilevante entità con sede a Bologna e operante nel lucrosissimo e stranamente regolamentato settore del credito al consumo, un’entità, la Delta, che occupa 800 persone e nei confronti della quale la Banca d’Italia ha disposto, dopo accurata attività ispettiva, la sospensione delle autorizzazioni necessarie per continuare a svolgere la propria attività.
Quello che colpisce nell’intreccio esistente tra la Cassa sanmarinese e la società di credito al consumo italiana è la trasposizione massiccia dei vertici, seppure a ruoli invertiti, con l’anziano amministratore delegato della Carisp Mario Fantini, nel ruolo di presidente, mentre nella massima carica operativa era collocata Paola Stanzani, che di Carisp è ‘soltanto’ consigliere di amministrazione, mentre il ruolo di consigliere di amministrazione viene qui svolto dal giovane direttore generale di Carifin Sa, braccio armato finanziario di Carisp.
Questa presenza dominante delle donne e degli uomini della Cassa sanmarinese colpisce perché dimostra fino in fondo la necessità di controllare direttamente l’operatività della Delta, cosa che normalmente viene del tutto delegata ai dirigenti italiani ai quali erano state, non si sa a quale titolo, il quaranta per cento delle azioni della società e, almeno a detta dello stesso Fantini, ampie deleghe operative, una vera e propria anomalia rispetto a quanto avviene nelle entità finanziarie italiane facenti capo a gruppi bancari o assicurativi stranieri, che tendono notoriamente a lasciare la gestione e le relative responsabilità a manager con cittadinanza italiana!
Non vorrei proprio rassegnarmi al fatto di dover aspettare la prossima trasmissione della bravissima Milena Gabanelli, già autrice dello scoop preventivo ottenuto con l’intervista a Fantini effettuata prima dell’ondata di arresti, per scoprire cosa accade realmente nel Titano e negli immediati dintorni, un’ipotesi molto mortificante per i tanti giornalisti che si fregiano del titolo di cronisti investigativi e che continuano a credere di essere ad alto tasso di autonomia rispetto alle rispettive proprietà e a quel male davvero sottile che prende il nome di autocensura, una malattia che, come scrivevo nei giorni scorsi in occasione della giornata dedicata dall’Unesco alla libertà di informazione, è molto più diffusa di quanto si creda!
Al posto dei giornalisti economici non commetterei l’errore di sottovalutare l’importanza e l’impatto sugli scenari futuri derivanti dallo scontro al calor bianco verificatosi ieri alla prima riunione dell’Ecofin successiva al recente summit del G20/G21 di Londra che ha deciso di spingere l’OCSE a pubblicizzare la black e la grey list dei paesi non pienamente collaborativi in materia di reati finanziari, evasione fiscale e riciclaggio, ha messo in luce le contraddizioni esistenti in ambito europeo tra paesi come l’Austria e il Lussemburgo, inseriti a pieno titolo nella lista grigia, e Germania, Francia, Spagna e Italia che non sono proprio felici di fronte alla massiccia esportazione di capitali attratti sia dal molto benevolo regime fiscale che dell’alquanto impenetrabile segreto bancario esistenti nei due paesi che pure dell’Unione europea sono membri a pieno titolo.
Le cronache dei giornali si diffondono in particolari sulla richiesta di scuse avanzata dal lussemburghese Junker nei confronti dei paesi di maggiori dimensioni e pertanto presenti al summit londinese per non essersi opposti all’inclusione del suo paese e dell’Austria nell’infamante lista, una richiesta davvero originale alla luce del fatto che Francia e Germania sono stati i due paesi più determinati perché si assumesse tale iniziativa, una circostanza che ha fatto sì che, in risposta alle scuse avanzate dal presidente di turno dell’Ecofin, ceco ma anche sordo, l’irascibile ministro delle finanze tedesco sentisse la necessità di negare qualsivoglia scusa e di rivendicare fino in fondo le ragioni che spingono il suo e gli altri grandi paesi dell’Unione a rivendicare comportamenti collaborativi in materia da parte di tutti, ma proprio tutti i paesi che del collettivo europeo vogliono continuare a essere membri
.Noto con piacere che la posizione espressa dal per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, è stata perfettamente in linea con quella espressa dai suoi colleghi presenti per la Francia e per la Germania, anche se aspetto di vedere quali saranno le mosse concreto del Governo italiano in materia di lotta al riciclaggio di denaro più o meno sporco favorito dai cosiddetti paradisi fiscali!
Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dei dell’associazione FLIP, all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog