domenica 12 luglio 2009

A che punto è la notte!


Avevo riservato qualche considerazione sul passaggio al G8 delle cosiddette regole globali per la finanza nella puntata di oggi, ma ho rinunciato volentieri dopo aver letto l’interessantissimo articolo redatto dal Prof. Alessandro Penati dedicato allo stesso argomento e pubblicato dal quotidiano La Repubblica, considerazioni alquanto amare e veritiere che sottoscrivo integralmente e alle quali rinvio volentieri i miei lettori.

Così come condivido appieno l’opinione di Frau Merkel sull’eccessiva frequenza di vertici internazionali, riunioni a geometria variabile e più o meno pubblici che stanno sottoponendo i leaders politici, i ministri economici e i massimi esponenti delle banche centrali a un surmenage di impegni ai quali raramente fa riscontro la soddisfazione di aver deciso qualcosa di veramente importante, mentre è certamente fortissima la frustrazione di aver trascorso ben tre giorni impegnati nell’ennesima riunione proprio mentre la tempesta perfetta si esibiva in una nuova ondata a poco meno di due anni dal suo avvio il 9 agosto del 2007!

Lasciando volentieri i primi ministri e i capi di Stato alle loro ambasce più o meno compensate dai privilegi derivanti dal loro status, vorrei, invece, concentrarmi sull’analisi dei primi effetti dell’ondata da me prevista ai primi del mese di giugno, anche perché sta rivelandosi molto più lunga del previsto e ancora lontana dall’aver dispiegato tutto il suo potenziale distruttivo, pur avendo mandato in soffitta le speranze di quanti, più o meno in buona fede, ritenevano che la corsa dell’orso sarebbe continuata almeno sino alla fine del mese di giugno e che la stessa sarebbe stata prodromica di una ripresa dell’economia globale sin dai primi mesi dell’autunno prossimo venturo.

Pur non dedicando abitualmente molta attenzione agli indici di borsa nel Diario della crisi finanziaria, penso sia opportuno fare il punto sulla corsa del gambero cui stiamo assistendo oramai da qualche settimana, un arretramento pressoché generalizzato rispetto ai massimi della fase avviatasi dopo il tonfo di marzo e che, seppur tra spinte contrastanti, vede il rappresentativo Standard & Poor’s 500 nuovamente nell’area degli 800 punti, mentre sembra prossimo il test della soglia posta a 8 mila punti da parte del Dow Jones Industrials che, come è noto, ospita parecchi titoli considerati relativamente immuni agli effetti dell’attuale difficile congiuntura e nel quale non sono più presenti, per necessità o per scelta, né l’azione di quella General Motors che venerdì scorso ha partorito per scissione la New GM, né quella della Citigroup da poco orfana del suo presidente e già suo direttore finanziario.

Al di là di qualche spunto evidenziatosi nell’ultima seduta della scorsa ottava, il settore più colpito da questa corsa a ritroso è risultato indubbiamente quello finanziario, afflitto dall’affollamento al di sopra e al di sotto della linea di bilancio di titoli più o meno tossici della finanza strutturata che ancora non si sa se e a quale prezzo verranno rilevati dalle entità miste tra pubblico e privato previste dal piano di Timothy Geithner, un ritardo aggravato dal fatto che, a quanto risulta da un accurato studio reso noto dall’Associated Press, la maggior parte dei nuovi finanziamenti erogati dalle banche statunitensi è destinato a impedire che falliscano aziende originanti attività immobiliari che fanno da collaterale agli stessi titoli ancora presenti nei bilanci delle stesse banche, un raddoppio, per così dire, della scommessa originaria che non promette davvero nulla di buono per il futuro, così come poco di buono promette il vertiginoso calo dei rendimenti dei Treasury Bonds decennali che in poche settimane sono passati da poco meno di 4 punti percentuali di yeald a tre punti e un quarto, una flessione che è l’effetto speculare di una ripresa considerevole dei loro corsi!