venerdì 7 dicembre 2007

Bush espone la dottrina di Paulson

Sotto l'occhio vigile ed un po' preoccupato di Henry Paulson, George W. Bush ha dato ieri il meglio di sé nell'illustrare le misure escogitate dal suo ministro del tesoro d'intesa con la potentissima lobby bancaria statunitense, misure volte ad aiutare almeno una parte dei mutuatari in difficoltà e che, oltre all'ormai noto congelamento dei tassi per cinque anni, prevede anche la possibilità di rifinanziamento del mutuo, limitatamente a chi non è in ritardo con le rate ed abita la casa oggetto del finanziamento.
Pur avendo sbagliato il numero verde istituito per i milioni di mutuatari in difficoltà, il presidente USA se l'è cavata bene, anche perché la materia creditizia è forse una delle poche delle quali ha una qualche esperienza personale.
Pur tra molti dubbi sull'efficacia, soprattutto sul piano quantitativo, del piano governativo e in attesa della legge bipartisan che dovrebbe vedere la luce in tempi rapidi, l'effetto sui listini è stato positivo e tutti e tre gli indici di Wall Street hanno chiuso con rialzi superiori al punto percentuale, mentre Fannie Mae e Freddie Mac hanno registrato incrementi superiori al 7 per cento.
A rovinare un po' la festa è giunto sempre ieri il dato sulle procedure di esproprio delle abitazioni, che, nel terzo trimestre, ha toccato il massimo di tutti i tempi, aggiungendo qualche centinaio di migliaia di mutuatari all'elenco di quelli che, per definizione, non potranno usufruire delle previsioni del piano Paulson.
Mentre le cose sembrano mettersi bene per il secondo piano escogitato dall'ex numero uno di Goldman Sachs, non altrettanto si può dire per il primo parto di questa mente così prolifica, l'ormai celebre MLEC, quel Conduit dei Conduit che doveva fare da discarica per buona parte dei titoli della finanza strutturata parcheggiata presso SIV e Conduit messi in piedi dalle banche statunitensi, ma non presenti nei bilanci delle stesse.
Dopo aver strombazzato ai quattro venti che la dotazione del fondo sarebbe stata pari a 100 miliardi di dollari, le banche partecipanti, Bank of America, J.P. Morgan-Chase e Citigroup, hanno mestamente annunciato che, anche alla luce dello scaro interesse dei possibili interessati, la dotazione iniziale verrà pressocché dimezzata e che quindi non si andrà oltre i 50 miliardi di dollari.
Nel frattempo, scottata dall'annunciato disimpegno di Citigroup, l'olandese Rabobank ha deciso di incorporare nel proprio bilancio un SIV da 7,6 miliardi di dollari messo in piedi assieme alla banca americana ed ha contemporaneamente reso noto che la qualità dei titoli parcheggiati nel SIV è buona e che l'incorporazione non produrrà significativi effetti depressivi sui suoi conti del 2007.
Anche Royal Bank Of Scotland ha rassicurato i mercati, annunciando che le svalutazioni legate ai titoli della finanza strutturata saranno inferiori alle stime pessimistiche che circolavano tra gli analisti e che ciò consentirà di registrare per l'intero 2007 utili nell'ordine dei 10 miliardi di sterline.
Lo scontro ai vertici della Banca Centrale Europea tra la linea templare e quella più attenta alle sirene della politica si è chiuso con l'ennesimo nulla di fatto ed il tasso di riferimento è rimasto inchiodato al 4 per cento, mentre quelli ben più importanti segnalati dal mercato interbancario sull'euro continuano inesorabilmente a salire, mentre quelli sulla sterlina hanno di fatto ignorato il primo taglio dei tassi deciso in due anni dalla Bank of England e passati dal 5,75 al 5,5 per cento.

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