L’escursione fatta ieri mattina dall’euro nell’area degli 1,28 dollari è stata di breve durata, anche se costituisce un ulteriore segnale di come i mercati continuino a non credere che la crisi del debito pubblico nell’eurozona sia conclusa con il salvataggio dell’Irlanda, scetticismo che si è manifestato con vendite dei titoli di Stato dei paesi a torto o a ragione considerati deboli, mentre le principali europee borse hanno aperto la settimana con il segno meno.
Ho riferito nella puntata di ieri del Diario della crisi finanziaria del rumor che vedeva questa settimana come decisiva per l’attacco della speculazione ai paesi deboli dell’area dell’euro ed è anche la settimana nella quale la Slovenia diviene a tutti gli effetti il diciassettesimo paese dell’area della valuta unica, un numero che, almeno per gli scaramantici, non depone bene.
La speculazione sembra puntare sul Portogallo, visto come il terzo paese ad essere costretto a far ricorso al fondo di salvataggio, nonché, come da copione, ai finanziamenti dell’Unione europea e del Fondo Monetario Internazionale, anche se il governo di quel paese non smette di ripetere di non aver alcuna intenzione a fare ciò.
In un clima del genere, molto dipenderà dalle azioni e dai comportamenti della Banca Centrale Europea e, quindi, tutti gli occhi sono puntati sulla riunione di giovedì della BCE, anche se, per esperienza, so bene che i tentativi di contrastare la speculazione internazionale sui cambi o sui titoli di Stato sono sempre finiti nel nulla quando alla base delle decisioni degli operatori vi sono ragioni concrete!
La stessa decisione di alzare i margini di garanzia come è stato fatto per i titoli di stato irlandesi potrebbe essere una mossa utile ma non sempre efficace, in quanto dipende da quale è l’obiettivo e la determinazione degli speculatori, può al massimo tenere fuori della partita i pesci piccoli che si aggregano ai grandi operatori per spartire le soglie della preda.