Il primo scoglio che minaccia di guastare i rapporti alla Camera dei Rappresentanti tra la nuova maggioranza repubblicana e la minoranza democratica potrebbe essere il rischio molto concreto che l’indebitamento pubblico, 13,9 mila miliardi di dollari, possa raggiungere e superare il tetto posto dal Congresso nel febbraio dell’anno scorso a 14,3 mila miliardi di dollari, un’eventualità tutt’altro che remota visto che il debito a stelle e strisce cresce alla vorticosa velocità di 4 miliardi di dollari al giorno.
D’altra parte, basta pensare che il provvedimento che estende i tagli fiscali voluti da Bush ed estende di altre 13 settimane i benefici per i senza lavoro, nonché misure minori ma non per questo meno onerose, impegna per il prossimo biennio somme per poco meno di 900 miliardi di dollari, tra minori entrate e maggiori uscite!
Anche se ha fatto passi da gigante durante la tempesta perfetta, il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo in Eurolandia è di poco superiore al 70 per cento, mentre quello degli Stati Unti d’America si pone intorno al 100 per cento e sarà molto difficile che questo rapporto possa migliorare nei due anni che restano ad Obama, soprattutto considerando che l’ultimo dei due sarà un anno di campagna elettorale.
Come ho scritto in numerose puntate del Diario della crisi finanziaria, lo spirito bipartisan che ha portato al varo di un provvedimento che, nella sua parte fiscale, riprendeva appieno ai desiderata repubblicana svanirà come neve al sole non appena cambieranno gli equilibri parlamentari sia alla Camera che al Senato, dove la maggioranza democratica si è molto ridotta dopo il risultato elettorale di novembre.