sabato 20 settembre 2008

Hank Paulson smette i panni di civil servant e torna ad essere un investment banker!

Finalmente Hank Paulson si è tolto la maschera e ha gettato sul piatto il piano a cui stava lavorando indefessamente da alcuni mesi e che punta a cavare le castagne dal fuoco alla “sua” Goldman Sachs ed alle altre banche di ogni ordine, grado e specie, nonché agli altri principali protagonisti del mercato finanziario globale, finendo con l’addossare i disastrosi effetti dei loro e dei suoi errori sulle spalle dei contribuenti americani, molti dei quali hanno perso, nel corso della tempesta perfetta tuttora virulentemente in corso, la casa o il lavoro, se non, come è purtroppo accaduto in non pochi casi, entrambi.

Nel corso di questi lunghissimi e molto travagliati tredici mesi, ho ripetuto fino alla nausea che quello che era offerto in pasto alla pubblica opinione come il problema, se non la causa scatenante della tempesta perfetta, gli ormai celebri mutui sub prime, non erano, in realtà, che uno degli effetti partoriti da un modo di fare credito che aveva gettato alle spalle i fondamentali dell’arte bancaria, un’arte forse non del tutto nobile, ma che per secoli è stata basata sulla detenzione del rischio dall’inizio alla fine della vita di un affidamento di qualsivoglia natura, quello che è stato giustamente definito “il” modo di esercitare il mestiere del banchiere, un mestiere basato, a tutti i livelli di responsabilità, sull’attenta valutazione del cosiddetto merito creditizio del richiedente un finanziamento, merito no basato solo ed esclusivamente sulle pur necessarie garanzie, ma anche sull’affidabilità e realizzabilità delle idee e dei progetti che venivano proposti a coloro che erano chiamati a decidere nell’interesse dei vari stakeholders della banca.

Questo modello tradizionale era stato brutalmente gettato a mare ben molto prima che qualcuno pensasse di applicare il nuovo metodo del “presta e sbologna” che si fatto sempre più spazio a partire dal 1985 e diventato largamente prevalente grazie alla pletora di provvedimenti che hanno favorito fenomeni quali la globalizzazione, la finanziarizzazione, il tutto condito da una deregolamentazione selvaggia, dall’opera veramente scellerata delle maggiori agenzie di rating in pieno conflitto di interessi, da società di revisione spesso lautamente pagate per non vedere o per consigliare i sistemi più efficaci per gabbare gli azionisti, da un sistema di controlli spesso somigliante ad una fetta di gruviera quasi del tutto composta da buchi, per non parlare dei Governi estasiati da una crescita infinita di un benessere sempre più diffuso, almeno nei paesi dell’Occidente industrializzato, ed apparentemente infinito.

Non penso assolutamente che le responsabilità siano del tutto a senso unico, non fosse che per il semplice motivo che l’offerta crea la propria domanda solo se trova la disponibilità, se non la connivenza, dei richiedenti, ma è certo che ai sempre più avidi e potenti uomini della finanza non è parso vero di trovare centinaia di milioni di risparmiatori/consumatori felici di contribuire al in un modo o nell’altro al successo dei prodotti sempre più complessi, sofisticati e non trasparenti elaborati dagli apprendisti stregoni delle fabbriche prodotto delle Investment Banks, delle banche più o meno globali, delle mega compagnie di assicurazioni, di giganti industriali trasformatisi in veri e propri giganti finanziari e chi più ne ha ne metta.

Faceva impressione vedere ieri il quartetto che si avviava alla selva di microfoni predisposti nel giardino della Casa Bianca, un quartetto composto da George W. Bush, Hank Paulson, Ben Bernanke, in arte Bernspan ed Effe O Ixs, al secolo Christopher Cox che, del tutto dimentichi delle loro palesi e gravissime responsabilità nella gestione di una crisi peraltro probabilmente ingestibile, iniziavano a dire se non la verità almeno la parte di questa che è al momento possibile dire, e, cioè, che ad una situazione veramente gravissima ed oramai in pieno effetto domino loro non sanno far altro che pubblicizzare le perdite dopo essersi ben guardati dal tassare gli ingenti profitti!

E’ interessante vedere i filoni di intervento proposti perché consentono di capire la profondità del meltdown finanziario in corso, con particolare riferimento alle performance largamente negative di soggetti di vitale importanza nel modello americano, quali i fondi pensione ed i fondi di investimento, alle prese, nel totale silenzio degli analisti e dei giornalisti del tutto embedded alle logiche del capitale finanziario, ad un ondata montante di riscatti da parte dei sottoscrittori che si sono visti recapitare lettere recanti l’amara realtà che il valore del proprio investimento non solo non si è accresciuto, ma ha iniziato desolatamente a ridursi, per ora di poco, ma domani chissà di quanto.

E’ proprio nel fondo da 50 miliardi di dollari, un’inezia rispetto all’impegno governativo complessivo che viene prudenzialmente stimato in mille miliardi di dollari, che si può intravedere la tragicità della situazione, in quanto, come ha rivelato sin da aprile il Fondo Monetario Internazionale, i due terzi delle enormi perdite al momento previste come conto finale della tempesta perfetta fanno capo proprio ai fondi pensione ed ai fondi di investimento, rei di aver fatto incetta per anno di titoli della finanza strutturata più o meno tossici e di aver giocato alla grande sul mercato dei derivati sul petrolio e le altre materie prime, derrate alimentari, purtroppo, incluse, un gioco estremamente rischioso nel quale si è distinto l’un tempo floridissimo fondo degli insegnanti della California.

Lasciando gli aspiranti pensionati a stelle e strisce e i sottoscrittori di fondi di investimento alle loro ambasce, è utile guardare al piatto forte della proposta che l’ex (?) numero uno assoluto ed incontrastato della potente e molto preveggente Goldman Sachs, sta propinando alla pubblica opinione, ai leaders dei due maggiori partiti presenti nel Congresso degli Stati Uniti, ai due candidati alla presidenza degli Stati Uniti d’America e, per pura cortesia istituzionale, anche allo stesso prossimo ex inquilino di una Casa Bianca che si appresta ogni giorno che passa ad assomigliare alla Casa Rosada argentina.

Hank non sta, in realtà, facendo altro che svolgere il suo vecchio mestiere di banchiere di affari e di investimenti, rilanciando quella che è stata sin dall’anno scorso la sua idea fissa, che è poi rappresentata dal classico uovo di Colombo: se il problema è rappresentato dalla montagna altissima di titoli della finanza strutturata che nessuno vuole più, la soluzione non può che essere quella di creare un contenitore abbastanza ampio da acquistarli se non tutti almeno una parte e di farlo ad un prezzo che non sarà proprio quello che vorrebbero i banchieri, i finanziari, gli assicuratori e gli altri sfortunati detentori, ma sarà sempre più alto di quello che il suo pupillo John Thain, da vero ingrato per le esigenze di Big Finance, ha accettato da un compratore peraltro da lui stesso messo in condizione di affrontare l’acquisto, quei 22 centesimi per dollaro che hanno tolto il sonno a tutti gli inquilini dei piani alti dei grattacieli che ospitano i quartieri generali delle banche di investimento e di quelle più o meno globali ed hanno fatto saltare sulla sedia anche i top bankers europei ed asiatici che di questa robaccia ne hanno ad iosa e non hanno alcuna intenzione di mettere nei loro già poco brillanti conti perdite di questo genere!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.