lunedì 23 marzo 2009

Ma quanti partners ed ex partners fanno parte del prestigioso club della potente e ancor più preveggente Goldman Sachs!


Apprendo solo oggi la versione che Edward Liddy, meglio noto come Ed, ha fornito ai media sull’incredibile circostanza nella quale, a metà dell’orribile mese di settembre del 2008, venne coinvolto dal suo ex capo ed ex (?) investment banker, Hank Paulson, l’uomo che dal vertice della potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs fu spedito, ad opera dell’allora presidente degli Stati Uniti d’America, George W. Bush, a dirigere, nel giugno del 2006, il ministero del Tesoro a stelle e strisce, con una scelta dei tempi veramente opportuna e che diverrà maggiormente chiara ai più solo il 9 agosto del 2007, quando prenderà ufficialmente il via la tempesta perfetta che si appresta fra poco ad entrare nel suo ventunesimo mese di vita.

Scusandomi per la ricostruzione storica dell’ascesa di Paulson al dicastero del Tesoro, ma le date sono una delle poche cose che una stampa e dei media del tutto emebedded alle logiche del capitalismo finanziario non possono ancora modificare, quale fu il tenore della telefonata intercorsa tra il boss e il suo ex dipendente (peraltro, Liddy, almeno così raccontano le cronache, aveva chiuso la sua carriera in Goldman sedendo nel Board of Directors della ‘Ditta’), una telefonata che lo colse nella sua casa proprio nei giorni in cui il rinomato trio Bush-Paulson-Bernspan.stava decidendo chi salvare e chi lasciar affondare tra Lehman Brothers, Merrill Lynch e American International Corporation, la più grande compagnia del mondo nata un secolo prima in Asia con un esordio che pare non fosse proprio dei più specchiati e più o meno coevo con la prima tempesta perfetta che l’umanità abbia conosciuto, quella dell’ottobre del 1907 che, al confronto di quella attuale, fu più che un altro una tempesta in un bicchiere d’acqua e che fu risolta dall’intervento energico di John Pierpoint Morgan, che si limitò a staccare qualche assegno e utilizzò l’ingente carico d’oro imbarcato sul translatantico Lusitania, battente, almeno credo, bandiera dell’impero britannico.

Stando a quanto racconta l’ex partner di Goldman Sachs, il suo capo giunse rapidamente al sodo e gli chiese di farsi carico, in qualità di nuovo Chief Executive Officer, della tecnicamente fallita compagnia di assicurazione, ruolo al quale Ed era alquanto preparato avendo svolto lo stesso incarico in un’altra compagnia di assicurazioni, motivo per il quale aveva abbandonato il cautissimo stipendio e la vera e propria pioggia di benefit con i quali Goldman usava, ed usa ancora, gratificare i suoi massimi dirigenti, un incarico di cui Liddy comprese al volo la delicatezza e la pericolosità, facendo pure, o subendo, la previsione di affrontare l’improba fatica per uno stipendio annuo limitato all’elargizione di un molto, ma molto simbolico dollaro statunitense, ma, si sa, “chi per la Patria muor vissuto è assai”, con quel che notoriamente ne segue.

La storia finirebbe qui, se non fosse che poche ore più tardi, decidendo la fine anticipata dalla gloriosa banca di investimenti denominata Lehman Brothers, Paulson e i suo compagni di avventura posti ai massimi livelli del sistema della riserva federale, Bernspan e Timothy Geithner in prima fila, nonché avuto il via libera dal molto incauto inquilino di allora della Casa Bianca, misero le basi per un’ondata senza precedenti di perdite della stessa AIG, non fosse altro che per il motivo che la sventurata compagnia risultava controparte di buona parte dei Credit Default Swaps riferiti alla ditta dei fratelli Lehman, nonché di altri contratti per centinaia, se non migliaia di miliardi di dollari, riferiti ad altri contratti della specie che rischiavano di vedere concretizzarsi, in base alle stringenti clausole previste dagli alti volumi contenenti le specifiche previsioni e validati dal consiglio direttivo dell’ISDA, composto da diciannove professionisti molto stimati nell’ambiente della finanza più o meno strutturata, ma che non avrebbero assolutamente messo in gioco la propria onorabilità e credibilità nemmeno su pressione dei governi e delle banche centrali!

Come ho già scritto nel Diario della crisi finanziaria, l’obiettivo principale delle investment banks e delle banche più o meno globali ovunque basate nel mondo era quello di impedire a ogni costo il default, seppur semplicemente su base tecnica, di AIG, anche perché a quell’evento sarebbe seguita inevitabilmente una mesta e tristissima processione di Chairman e CEO delle banche di mezzo mondo in direzione dei tribunali fallimentari dei paesi di appartenenza, al fine di ottenere almeno la protezione prevista dalle norme di legge nei confronti dei creditori, un vero e proprio gioco al massacro nel quale ogni entità finanziaria era presente sia dal lato del creditore che da quello del debitore.

Ma la telefonata deve essere stata molto più lunga di quello che Liddy dice, o essere stata seguita da incontri a quattr’occhi con il suo ex principale in sale a prova di intrusioni più o meno autorizzate, anche perché, come è emerso dalla documentazione fornita dalla stessa AIG alla presidente di un apposta commissione del Congresso che indaga sulla vicenda, solo in poche settimane, e cioè sino alla fine dell’anno di disgrazia 2008, la compagnia di assicurazione ha soddisfatto le pretese della maggiori banche statunitensi, europee e asiatiche, rimborsi provvidenziali per la cifra di 90 miliardi di dollari e tra i quali spiccano in assoluto quelli erogati alla stessa Goldman Sachs per 13,9 miliardi di dollari, seguiti, per importi decrescenti da quelli in favore delle principali banche statunitensi, europee e asiatiche.

Purtroppo per gli appartenenti al club davvero più esclusivo della finanza globale basato a Manhattan, New York, la sospettosa e a volte impertinente autorità giudiziaria di quel facoltosissimo distretto, nella persona del nuovo e temibile sceriffo di New York, Andrew Cuomo, ha deciso di indagare sulla celerità e sulla congruenza degli stesi rimborsi, menttendo sotto indagine anche il potentissimo David Viniar, il sessantatrenne Chief Financial Officer di Goldman, così come altri esponenti dellae maggiori banche operanti sulla piazza, una mossa che ha avuto l’effetto di un terremoto, anche se i media si sono limitati a riportare l’autodifesa di Viniar che dice che tutto si è svolto secondo le regole, e Viniar, Blankfein e Paulson sono certamente uomini d’onore!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nel sito dell’associazione FLIP all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog