Per tutti noi che viviamo al di qua dell’Oceano Atlantico è davvero difficile renderci conto di cosa stia accadendo negli Stati Uniti d’America in relazione alla vicenda dei bonus per 165 milioni di dollari complessivi previsti per i top manager e i manager di American International Group, la compagnia di assicurazione destinataria, al momento, di aiuti pubblici per 173 miliardi di dollari e salvata da Bernspan e l’ex (?) investment banker Hank Paulson, allora ministro del Tesoro pro tempore, nella stessa notte in cui venne deciso il fallimento di Lehman Brothers e la ‘vendita’ di Merrill Lynch a Bank of America, una vicenda che ha pressocché occupato tutti i talk show dello scorso week end e che ha visto la davvero inusuale esibizione del numero uno del sistema della riserva federale, Benrspan appunto, alla fortunata trasmissione denominata Sixty Minutes, una performance impensabile prima che la tempesta perfetta prendesse il suo avvio nell’oramai lontanissimo 9 agosto del 2007.
Vorrei prevenire l’obiezione di qualcuno dei miei lettori che potrebbe pensare che si tratti della solita campagna mediatica volta a distrarre i davvero angosciati cittadini americani dai veri problemi posti da una crisi finanziaria devastante che si è a pieno titolo trasmessa all’economia reale a stelle e strisce e che ha visto parecchi milioni di persone perdere la casa, il lavoro, spesso entrambi, per il semplice motivo che la vasta risonanza che lo scandalo dei premi milionari elargiti proprio ai responsabili di uno dei maggiori disastri societari mai verificatisi negli States riesce appena a rendere l’idea del dibattito reale in corso in quel grande Paese e che vede un solo precedente nell’assemblea virtuale che a larga maggioranza decise nel mese di ottobre che le tre maggiori case automobilistiche non potevano ricevere aiuti pubblici incondizionati, esprimendo una chiara volontà popolare che costrinse il Congresso statunitense ad adeguarsi e a varare solo una frazione degli aiuti richiesti dai vari Wagoner, Nardelli e compagnia cantante!
Mi permetto anche di osservare che tutta la discussione intorno alla forza legale dei contratti ‘privati’ che hanno imposto ai riluttanti vertici di AIG di spedire venerdì scorso le lettere contenenti gli assegni per la somma complessiva sopra ricordata ricorda molto da vicino analoghe argomentazioni in merito all’impossibilità di rivedere i famosi mutui capestro, del tipo sub prime o ARM, per intenderci, che i legali della banche e delle finanziarie hanno sostenuto per mesi nelle aule dei tribunali cui i disperati mutuatari si erano rivolti a causa della impossibilità di pagare rate che da centinaia di dollari al mese erano divenute, spirati gli ingannevoli periodi di grazia previsti dai relativi contratti, in importi che spesso superavano lo stesso reddito anche ragguardevole dell’incauta o dell’incauto sottoscrittore cui, altrettanto spesso, tale ‘piccolo’ dettaglio era stato sottaciuto dai pressanti ‘venditori’ di mutui a tanto al chilo.
La vasta schiera di persone coinvolte nel micidiale processo che ha consentito in un arco temporale lungo ventidue anni di deregolamentare tutto il deregolamentabile hanno certamente posto scarsa attenzione al fatto che le infinite possibilità che la loro azione offriva a banche e finanziarie specializzate nel vasto mercato del mortgage ( un mercato che nei soli USA ha una dimensione che supera largamente quello del prodotto interno lordo cumulato di Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Spagna e Olanda e tutti i paesi dell’Est Europa messi assieme) andavano a impattare su previsioni legislative e regolamentari che continuavano a prevedere un’evidente disparità tra creditori e debitori, il tutto condito dall’assunto molto protestante che prevede implacabilmente che chi sbaglia paga, soprattutto quando l’errore è stato quello di fidarsi delle parole rassicuranti di un venditore senza troppi scrupoli e non si sono lette tutte le clausole del voluminoso contratto sottoscritto, incluse quelle parti scritte in piccolo e che spesso contengono le cosiddette clausole onerose.
Mi ha colpito molto il titolo di una trasmissione televisiva sul web targata Tech Ticker e che sostanzialmente diceva che lo scandalo dei bonus rappresentava meno dell’uno per mille del vero problema che è invece rappresentato dall’utilizzo dei 173 miliardi di dollari di fondi pubblici ricevuti da AIG e che hanno rappresentato una decisiva boccata di ossigeno per Goldman Sachs, Citigroup, Bank of America-Merrill Lynch, J.P. Morgan-Chase, Socgen, Barclays, UBS e una vasta schiera di altre entità protagoniste del mercato finanziario globale che devono alla provvidenziale sopravvivenza della maggiore compagnia di assicurazioni del mondo la loro stessa sopravvivenza, evitando così a molti governi e banche centrali di mettere mano al portafoglio più di quanto stiano già facendo.
Per quanti si fossero sintonizzati solo ora sul Diario della crisi finanziaria, potrebbe non essere del tutto chiaro il legame esistente tra AIG e questa vasta schiera di banche più o meno globali, un legane che passa attraverso una miriade di contratti derivati sottoscritti dalle stesse banche sia a titolo di copertura dei rischi connessi a loro controparti, sia per evitare di dotarsi di patrimoni molto più robusti al fine di rispettare appieno le previsioni delle rispettive autorità di vigilanza che, soprattutto in Europa, non si sono accorte o hanno fatto finta di non accorgersi di questo lucrosissimo business della filiale europea di AIG, validamente supportata in questa attività dalle donne e dagli uomini operanti alle dipendenze della filiale europea della potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs, nella quale, almeno sino alla fine dell’anno di grazia 2005, si è distinto Mario Draghi, il nemico numero uno del per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, sì proprio quel Tremonti che lo indicò come Governatore della Banca d’Italia al posto di Antonio Fazio.
Non voglio anticipare in alcun modo le conclusioni cui giungeranno Andrew Cuomo, General Attorney di New York, e lo stuolo di suoi colleghi chiamati a indagare sia sullo scandalo dei bonus che sulle attività pregresse di AIG, ma credo proprio che ne vedremo delle belle, soprattutto se non vi saranno timori reverenziali nei confronti di nessuno!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .