domenica 15 marzo 2009

Perché il prossimo vertice di Londra non partorirà vere nuove regole, né un nuovo ordine economico mondiale!


Entrati oramai da qualche giorno nel ventesimo mese di vita della tempesta perfetta, credo sia giunto il momento di fare il punto della rotta, anche al fine di dare modo ai miei lettori di orientarsi tra effetti e contro effetti delle misure assunte dai governi e dalle banche centrali dei maggiori paesi industrializzati in vista dell’appuntamento del G20/G21 previsto per il 2 aprile a Londra.

Per chiunque si ponga il problema di comprendere la traiettoria dell’economia e della finanza a livello globale, ignorare l’impatto che le misure anticicliche assunte dall’amministrazione Bush prima e da quella Obama poi, oppure trascurare l’impatto delle migliaia di miliardi di dollari impiegati dal Tesoro, ma soprattutto dal sistema delle riserva federale, a sostegno delle maggiori banche statunitensi, può indurre, infatti, a errori di prospettiva fatali, anche perché, pur non essendo assolutamente risolutive del problema di fondo di questa crisi finanziaria, queste manovre di gigantesche dimensioni modificano, e di molto, i tempi e i modi del meltdown della finanza e dell’economia reale in corso.

Tralasciando volutamente l’Europa e l’Asia per comodità di analisi, credo sia importante cercare di capire cosa sarebbe accaduto negli Stati Uniti d’America se gli assunti teorici della teoria economica implicita nell’azione dei governi repubblicani e democratici succedutisi dopo la cosiddetta rivoluzione reaganiana fossero stati pedissequamente applicati anche dopo il blocco totale della liquidità intervenuto nel mercato interbancario il 9 agosto del 2007, negando, cioè, il massiccio sostegno del sistema della riserva federale alle banche in totale debito di ossigeno e rifiutando qualsiasi intervento della mano pubblica volto a contrastare il fallimento delle banche e delle altre maggiori protagoniste del mercato finanziario statunitense.

Anche se alla luce di quanto è realmente avvenuto nei diciannove mesi successivi all’evento citato un’ipotesi del genere può apparire del tutto irrealistica, tuttavia essa è del tutto coerente con le affermazioni reiterate negli anni e ribadite all’indomani dello tsunami finanziario dell’estate del 2007, posizioni di autorevoli economisti, politici e perfino banchieri che anche in pieno marasma si affannavano a dichiarare in buona sostanza che il governo doveva continuare a disinteressarsi della finanza, che era oramai tramontato il principio del too big to fail, che il mercato avrebbe trovato da solo il suo nuovo equilibrio molto meglio quanto meno vi fossero state interferenze da parte delle autorità monetarie, non parliamo poi della reazione pressoché compatta del mondo degli affari e della finanza all’ipotesi da qualcuno ventilata di modificare in corsa le regole del gioco!

Ebbene, se i fondamentalisti del mercato avessero prevalso, il sistema finanziario statunitense, ma con esso quello di tutto il mondo, non esisterebbe più, così come non vi sarebbero che le macerie delle tre maggiori case automobilistiche a stelle e strisce, ma poco resterebbe anche del resto dell’industria manifatturiera americana, con le evidenti conseguenze sul settore dei servizi che così largo peso ha nel complesso dell’attività economica statunitense, con le conseguenze sociali che si possono facilmente immaginare.

La brusca inversione teorica su questioni per niente marginali come il rapporto tra Stato e mercato, la gerarchia effettiva dei poteri tra le entità multinazionali della finanza o dell’industria manifatturiera, il ruolo delle banche centrali e altre questioni che non è qui il caso di esaminare, rivela, in fondo, quanto l’autonomia della politica e la consistenza delle stesse sovrastrutture ideologiche siano in realtà ben fragili quando è a repentaglio la sopravvivenza di entità economiche di dimensioni ed estensione geografiche tali da esprimere il potere reale a livello dell’intero pianeta, rappresentando, in particolare in situazioni di assoluta emergenza quali quella che stiamo vivendo, il vero momento decisionale al di sopra e al di là delle istituzioni pro tempore della società o delle società nelle quali si trovano ad agire.

Un’analisi attenta dei rapporti reali di forza tra il potere economico rappresentato da queste entità a carattere globale e i governi regolarmente eletti è stata fatta di recente da Jaques Attali, una persona di grande apertura mentale che ha ricoperto diversi ruoli in istituzioni finanziarie sovranazionali e che è stato ed è ascoltato consigliere di diversi presidenti della Repubblica francese e che, in un suo recente libro, ha provato a formulare scenari che si spingono molto lontano nel futuro, anche se credo che lo stesso Attali sia rimasto non poco stupito di quanto è realmente accaduto su questo delicatissimo tema in questa fase di assoluta turbolenza della finanza e dell’economia reale a livello planetario.

Sbaglieremmo in tanti se ci illudessimo che la tempesta perfetta stia attribuendo realmente più potere agli esecutivi, sino al punto da consentire agli uomini che governano pro tempore i loro rispettivi paesi di ‘mettere sotto’ la sovranità degli Stati le entità economiche e finanziarie di maggiori dimensioni, dalle quali spesso peraltro provengono parte dei banchieri centrali e degli stessi governanti, così come sarebbe profondamente illusorio ritenere che questa ipotetica sottomissione possa realizzarsi attraverso un nuovo sistema di regole o l’individuazione di un nuovo ordine economico mondiale.

D’altra parte, come ebbe modo di constatare molto amaramente il mai troppo compianto John Maynard Keynes partecipando sia ai lavori della Conferenza di Parigi del 1919, sia ai lavori di Bretton Woods svoltisi tra i boschi del New Hampshire nel 1944, perché si giunga a nuove regole, è spesso necessario essere passati per una guerra mondiale e che le stesse le detta più che la ragione la convenienza del vincitore di turno, una situazione che oggi, e per fortuna, non c’è!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .