So bene che deluderò una buona parte dei lettori del Diario della crisi finanziaria, ma non commenterò il piano presentato dal ministro del Tesoro statunitense, Timothy Geithner, per il semplicissimo motivo che lo ritengo non molto più dettagliato di quello annunciato qualche settimana e che produsse un tale disappunto negli addetti ai lavori da far sprofondare il Dow Jones di ben 380 punti, in linea peraltro con gli altri due maggiori indici azionari a stelle e strisce, mentre ieri la reazione è stata di tutt’altro segno, spingendo con forza la rialzo gli stessi tre indici con incrementi percentuali che hanno oscillato intorno a un rotondo 6 per cento.
Non so per quale motivo Tim ha preteso che le telecamere restassero al di fuori della sala del dicastero del Tesoro nella quale, very early in the morning, ha illustrato il suo piano, che, purtroppo per tutti noi curiosi, vago era e vago francamente è rimasto, soprattutto su quello che è il dettaglio più importante di tutti, e, cioè, a quale prezzo verranno acquistati dalle banche i titoli più o meno tossici della finanza strutturata che continuano imperterriti a ingolfare i bilanci delle banche e delle altre entità protagoniste del mercato finanziario globale più o meno come quando la tempesta perfetta è scoppiata venti mesi orsono.
E’ davvero che strano che gli ambienti che contano nella finanza e nel credito non si siano scandalizzati per il siparietto del coetaneo del nuovo inquilino della Casa Bianca, a meno che non si sia svolto qualche incontro riservato nel quale Geithner abbia informato la business community sia sul dettaglio del prezzo, sia su chi dovrà, alla fine della fiera, farsi carico dei rischi dell’intera operazione, anche se temo fortemente che la reticenza dell’ex presidente della Fed di New York sia legata proprio a questo piccolo particolare, anche perché sarebbe molto difficile dire chiaramente ai contribuenti infuriati per i premi e le remunerazioni di quelli che, a torto o a ragione, ritengono i maggiori responsabili del meltdown della finanza e dell’economia reale che il conto molto salato del salvataggio sistemico sarà comunque pagato dalle donne e dagli uomini che risiedono e pagano le tasse negli Stati Uniti d’America!
Aspettando che vengano tempi migliori al di là dell’Oceano Atlantico sul piano della chiarezza espositiva della nuova amministrazione, vorrei, invece, soffermarmi sulla lunga e interessantissima intervista rilasciata al supplemento finanziario del quotidiano La Repubblica da Giuseppe Guazzetti, presidente della fondazione Cariplo e da lunga pezza presidente anche dell’ACRI, quella che un tempo era l’associazione di categoria delle casse di risparmio italiane e che, senza nemmeno cambiare l’insegna, si è trasformata nel club delle fondazioni di origine bancaria, un uomo che non è solo l’azionista di riferimento di Intesa-San Paolo, ma è anche l’autorevole capofila delle sessantasei fondazioni azioniste privilegiate della ex Cassa Depositi e Prestiti, oggi Cassa SpA, quell’istituzione che si appresta a divenire, nell’era berlusconiana, il principale crocevia economico e la vera stanza di compensazione tra gli interessi pubblici e privati, un colosso che, al momento, è dotato di disponibilità per 175 miliardi di euro derivanti in larga parte dalla raccolta postale e oltre cento dei quali depositati presso la tesoreria del ministero dell’Economia.
Non vorrei apparire dietrologo, ma, a poche pagine di distanza, lo stesso supplemento del giornale di proprietà del nemico numero uno del premier pubblica con grande risalto un ampio reportage sulla stessa Cassa SpA, notoriamente guidata da quel Massimo Varazzani per il quale il per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, ha appositamente fatto creare la carica di amministratore delegato e che condivide con il ministro idee di grandezza per quell’istituzione che un tempo si limitava a fare mutui agli enti locali, ma che ora si pone come il vero e proprio braccio armato in campo creditizio del Governo.
Fra pochi mesi Guzzetti e gli esponenti delle altre sessantacinque fondazioni dovranno ‘decidere’ se trasformare le loro azioni privilegiate in azioni ordinarie di cassa SpA, una scelta che il vecchio notabile democristiano sembra avere già deciso, ansioso come è di non irritare Tremonti che sembra occuparsi sempre di più, ogni giorno che passa, delle ricche fondazioni di origine bancaria, al punto da inviare a ognuna di loro un articolato e molto indiscreto questionario su argomenti che il potente presidente della Fondazione Cariplo, a differenza parrebbe di alcuni suoi colleghi, non esita ad affrontare dalle colonne di un quotidiano, sbandierando ai quattro venti le autolimitazioni che l’ente da lui guidato si è volontariamente date e che sembrano aver anticipato le pressanti richieste riservatamente avanzate dal ministro., come ad esempio quel limite del 40 per cento all’assorbimento diretto del patrimonio in banche e compagnie di assicurazione, limite ancora più restrittivo di quel 50 per cento previsto dalle norme di legge e ampiamente superato dalla fondazione Monte dei Paschi di Siena e dalla fondazione Cariverona, così come da altre tre o quattro fondazioni.
L’outing di Guzzetti è, ovviamente, tutto tranne che casuale, anche perché la sua fondazione avrebbe tutto da guadagnare da un’applicazione rigorosa delle previsioni di legge alle fondazioni non in linea con le stesse, misure che possono giungere sino al trasferimento di quel che resta del patrimonio delle fondazioni che, a insindacabile giudizio del ministro dell’Economia, non dispongono più dei mezzi per conseguire i propri scopi ad altra fondazione o, addirittura, allo Stato, direttamente o tramite qualche soggetto sotto il controllo statale e delle fondazioni bancarie stesse, come, ad esempio, la Cassa SpA, ipotesi certamente remote ma che stanno togliendo il sonno da qualche mese ai vertici delle quattro o cinque fondazioni ‘fuorilegge’ e che non sono del tutto estranee al rifiuto da 500 milioni di euro opposto all’ultimo minuto da Paolo Biasi a Unicredit Group!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nel sito dell’associazione FLIP all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . La riproduzione della presente puntata è possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog