giovedì 19 marzo 2009

Bernspan inonda il mercato di liquidità, mentre l'Europa continua a girare la testa da un'altra parte!


Mentre il povero Edward Liddy, il nuovo Chief Executive Officer di AIG, veniva letteralmente messo sulla graticola al Congresso in relazione allo scandalo dei bonus per 165 milioni di dollari complessivi previsti per i top manager e i manager della gigantesca compagnia di assicurazioni che è stato chiamato a dirigere per il simbolico compenso di un dollaro all’anno, Bernspan annunciava a mercati azionari ancora aperti che il sistema della riserva federale non si sarebbe limitato a mantenere i tassi sui Fed Funds nel corridoio compreso tra zero e un quarto di punto percentuale, ma avrebbe fatto la sua parte alla grande nel più gigantesco tentativo di salvataggio del sistema finanziario a stelle e strisce, nonché al quasi disperato contrasto della recessione oramai pienamente in atto.

A quanti si interrogavano su quali margini fossero rimasti al Federal Open Market Committee dopo avere portato i tassi sui Fed Funds dal 5,25 agli attuali livelli prossimi allo zero, nonché sui reali motivi che avevano spinto lo schivo professore di storia economica della prestigiosa Università di Princeton da poco trasformatosi nell’emulo del Maestro Alan Greenspan ad acettare di apparire davanti alle telecamere di Sixty Minutes, Bernspan ha risposto ieri mettendo in campo, in un modo o nell’altro, qualcosa come 2.500 miliardi di dollari, una somma stratosferica che va ad aggiungersi ai circa duemila miliardi già spesi dalla Fed da quando è iniziata la tempesta perfetta, ai 700 miliardi previsti dal TARP, al maxi piano di Bush e a quello proposto da Barack Obama e recentemente approvato quasi integralmente dai due rami del Congresso degli Stati Uniti d’America.

Stando alle informazioni contenute nei lanci delle informatissime agenzie di stampa statunitensi, Bernspan si è impegnato ad acquistare Treasury Bonds a lunga scadenza per 300 miliardi di dollari, una vera e propria boccata di ossigeno per il nuovo ministro del Tesoro, Timothy Geithner, atterrito come i suoi collaboratori dalla ferale notizia del deflusso record di capitali dagli USA in gennaio per 150 miliardi di dollari, ma anche un’ottima notizia per l’intera struttura dei tassi di interesse sul debito, destinati fatalmente a scendere per il quasi inevitabile aumento dei prezzi dei titoli del debito a stelle e strisce derivante da una richiesta così massiccia sulla parte più lunga della curva, ma l’acquisto dei Treasury a 10 o a 30 anni di scadenza non è che l’antipasto delle decisioni della Fed.

Il comunicato diramato poco dopo le 20 italiane di ieri afferma, infatti, che il sistema della riserva federale si farà anche carico di ulteriori titoli strutturati collegati a mutui garantiti dalle nazionalizzate Fannie Mae e Freddie Mac per 750 miliardi di dollari, una decisione che porterà a 1.250 miliardi la somma prevista per l’acquisto di titoli della specie, mentre è anche previsto l’acquisto di titoli del debito delle sopramenzionate entità per 200 miliardi di dollari, più o meno il turn over degli stessi nel primo trimestre dell’anno in corso.

Ma Bernspan deve avere proprio deciso di lasciare a bocca aperta quanti, come me, lo hanno accusato per venti mesi di stare ostinatamente behind the curve, perché l’ultimo punto del comunicato prevede che ulteriori mille miliardi di dollari vengano utilizzati per rilanciare la disponibilità di credito in favore dei consumatori e di quelle piccole imprese recentemente lodate dal nuovo inquilino della Casa Bianca che il presidente della Fed sta cercando in ogni modo di ingraziarsi, facendo davvero di tutto per allontanare da sé e dagli altri membri del FOMC il sospetto di essere stati parte della gestione davvero dissennata degli effetti davvero disastrosi della tempesta perfetta nel suo primo anno e mezzo di vita!

In un bell’articolo pubblicato recentemente anche dal quotidiano La Repubblica, l’economista Paul Krugman, non del tutto a caso insignito quest’anno del Premio Nobel per l’Economia, mette duramente a nudo i limiti dell’azione europea di contrasto alla tempesta perfetta, una critica che mette davvero il dito nella piaga della costruzione incompiuta dell’Unione Europea, anche alla luce della conclamata difficoltà di giungere all’edificazione degli Stati Uniti d’Europa da parte non solo dei numerosi new comers dell’Europa dell’Est, ma anche dai principali paesi membri dell’Unione stessa, quei quattro paesi di maggiore industrializzazione quali la Germania, la Francia, la Gran Bretagna e l’Italia che continuano imperterriti ad andare ognuno per la propria strada di fronte al meltdown della finanza e dell’economia reale e chiedendo implicitamente ai neotemplari assisi nel Board della Banca Centrale Europea di svolgere un ruolo di supplenza della politica che essi non debbono, né possono, né tanto meno vogliono svolgere, anche perché ne andrebbe di quella reputazione così faticosamente acquisita dall’istituto di Francoforte ad onta dei pregiudizi statunitensi e britannici nei confronti dell’euro.

Krugman, che pure ci invidia il sistema di welfare, non può non sottolineare i rischi derivanti dall’incapacità europea di stendere una rete di protezione efficace anche in favore di quei paesi un tempo facenti parte del Patto di Varsavia che pure vedono la presenza in massa di affiliate delle maggiori banche dell’Europa dell’Ovest, con la più che ovvia ipotesi di un micidiale rischio di contagio che porterebbe grandi guai a quegli stessi grandi paesi membri che attualmente dichiarano non essere opportuno uno sforzo congiunto.

Come scrivevo nella puntata di ieri del Diario della crisi finanziaria, nella sua recente audizione in Parlamento, il Governatore della Banca d’Italia ha spiegato che l’esposizione del sistema bancario italiano nei confronti dei paesi dell’Est ammonta a 150 miliardi di euro, ma che il 70 per cento di questa cifra è riferibile a soli cinque di questi paesi, mentre è a tutti nota la concentrazione di tali rischi a carico dei due maggiori gruppi bancari italiani!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .