venerdì 27 marzo 2009

Ma sono davvero infondati gli allarmi crescenti sulla sicurezza nazionale e su quella globale?


Non sono assolutamente in grado di prevedere quale impatto, ma soprattutto quale esito, potrà avere l’accorata lettera scritta dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ai leaders politici del G20/G21 che si apprestano a riunirsi in quel di Londra a partire dal 2 aprile prossimo venturo, un summit che si svolge a mesi di distanza dal precedente che si riunì a Roma solo per constatare quello che già sapevano tutti e, cioè, che sarebbe stato necessario dare un congruo tempo al presidente eletto degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, per insediarsi e registrare in qualche modo la macchina impazzita del suo paese, una fatica improba che solo da poco ha visto il completamento della squadra di Governo, anche a causa dei dieci nomi almeno di nominati e prontamente sostituiti a causa degli incidenti di percorso più disparati.

Nella sua missiva, il mite e gentile capo della diplomazia mondiale mette pesantemente i piedi nel piatto affermando quello che tutti sanno, ma che fingono volutamente di ignorare, e che, cioè, dalla più grave crisi finanziaria ed economica globale non si esce che tutti assieme, paesi maggiormente industrializzati e paesi in via di sviluppo, anche perché, se la coperta troppo corta non copre i piedi di tutti, è altissimo il rischio degli effetti boomerang che vanificherebbero del tutto gli effetti dei mastodontici piani di salvataggio messi in campo al di qua e al di là dell’Oceano Atlantico, così come i mega piani di Cina e Giappone, per il semplicissimo motivo che permangono altissimi i rischi di default per i paesi che un tempo facevano parte a vario titolo del sistema sovietico, per buona parte dell’Africa, così come non si può stare affatto tranquilli in Centro e Sud America, né in svariati paesi asiatici!

Certo, la cifra chiesta da Ban per tutti i paesi attualmente ‘scoperti’ è altina, cifrandosi in un trilione di dollari tondo, tondo, ma non è nemmeno confrontabile con gli oltre dieci trilioni stanziati dagli Stati Uniti d’America o i due-tremila miliardi di euro complessivamente impegnati da alcuni paesi membri dell’Unione Europea, mentre, aggiungendo gli immani sforzi compiuti da Giappone, Repubblica Popolare Cinese e Russia, il totale mondiale degli impegni ha superato largamente i 15 trilioni di dollari, mentre le somme spese superano più o meno la metà della somma stanziata, uno sforzo finanziario in larga parte pubblico assolutamente senza precedenti e che sembra non avere attenuato la virulenza della tempesta perfetta che tra meno di due settimane compirà il suo ventunesimo mese di vita.

Purtroppo, la cifra prevista dal numero uno del palazzo di vetro che si erge sulla parte meridionale dell’isola di Manahattan molto difficilmente verrà stanziata dai molto riottosi capi dei venti paesi ospitati da quello che si è autodefinito, non senza qualche ragione, il salvatore del mondo e, cioè, il resuscitato leader laburista, Gordon Brown, da me qualche mese orsono giudicato il sicuro perdente delle prossime elezioni politiche nel paese di Sua Maestà britannica, Elisabetta II, non fosse altro che per il semplice motivo che non sono venute meno le resistenze della cancelliera di ferro, Angela Merkel, di fronte a qualsivoglia progetto globale che vedrebbe la Germania come grande pagatore a fronte di poca o nulla influenza politica sia a livello europeo che, ancor più, a livello globale, per non parlare poi della strenua resistenza del popolo tedesco di fronte a qualsivoglia ipotesi che veda la Banca Centrale Europea seguire l’esempio di Bernspan che sta letteralmente fondendo le rotative della zecca statunitense, inondando gli USA e il resto del mondo di vagonate di dollari, un’ipotesi che riesce a resuscitare gli incubi mai sopiti della iperinflazione vissuta ai tempi della Repubblica di Weimar.

Quello su cui si troveranno, invece, tutti d’accordo i ventuno commensali è lo spinoso ma attualissimo problema delle migliaia di miliardi di euro, dollari, yen, franchi svizzeri e chi più ne ha ne metta, presenti nei comodi e riservatissimi forzieri di quei paradisi fiscali che per l’atterrita opinione pubblica mondiale sono sempre più parenti dei paesi canaglia, anche perché ricettacolo anche di capitali provenienti dalla criminalità più o meno organizzata, dagli oligarchi e dai dittatori di mezzo mondo, nonché dai poco puliti traffici di armi, droga e quant’altro spesso alimenta anche il terrorismo di varia e diversa matrice!

Non è, peraltro, un caso se questo tema è tornato così prepotentemente di attualità, anche alla luce delle crescenti preoccupazioni che i servizi di intelligence di tutto il mondo stanno alimentando nei loro più o meno generosi datori di lavoro governativi, un’attenzione che è ben visibile nel fiorire di convegni, più o meno a porte chiuse, aventi come tema principale il nesso esistente tra la crisi finanziaria e quella dell’economia reale e la sicurezza nazionale, per non parlare poi dei più che evidenti effetti della stessa sugli equilibri geopolitica in continuo e costante movimento, ma con punti di caduta che nessuno può dire in buona fede di conoscere.

Se qualcuno dovesse pensare che l’assegno per i più poveri chiesto da Ban Ki-moon è esagerato, aspetti di sentire la dimensione dello sforzo finanziario richiesto agli altri venti paesi partecipanti dal nuovo inquilino della Casa Bianca, anche perché, solo per mettersi in pari, i principali paesi dell’Unione Europea dovrebbero rassegnarsi a staccare un assegno di qualche migliaio di miliardi di euro, due terzi dei quali a carico dei quattro principali paesi, Italia inclusa, metà dei quali a carico del governo di Bonn, della cui posizione ho già detto di sopra.

L’allarme lanciato, sempre in vista del prossimo summit, dal direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, l’ex ministro socialista francese delle Finanze, Dominique Strauss Kahn, che veste nuovamente i panni di Cassandra, facilitato in questo dal fiorire di gravissimi episodi di cronaca che testimoniano dell’esasperazione dei contribuenti residenti al di qua e al di là dell’Atlantico, avvertendo che la crisi è giunta oramai a un livello di guardia tale che non possono essere assolutamente escluse ripercussioni anche gravissime sull’ordine pubblico e sulla stessa pace!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nel sito dell’associazione FLIP all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog