sabato 1 agosto 2009

Un PIL USA un po' troppo rivisto!


Nei mesi scorsi, ho più volte messo in guardia i lettori del Diario della crisi finanziaria sull’attendibilità delle informazioni fornite da quello che era e rimane il più grande apparato statistico esistente sul nostro pianeta, un apparato che rappresenta un mix quasi perfetto di fonti pubbliche e private e che consente a chiunque ne sia interessato di sapere come sta andando l’economia degli Stati Uniti d’America grazie a una quantità di informazioni che coprono praticamente qualsiasi aspetto dell’agire economico.

Rifuggendo per indole e natura da qualsiasi ipotesi complottistica, tengo a chiarire che non mi sfiora neanche il sospetto di qualsivoglia forma di manipolazione delle informazioni da parte degli enti federali o delle società private che sono deputati o si sono assunti il compito di fornirle, un’ipotesi valida al più in tempi di economia di guerra, ma del tutto da escludere in qualsiasi altra situazione, anche se questa assume le caratteristiche della tempesta perfetta e della conseguente lunga e difficile fase recessiva.

Il mio warning è invece riferito alle frequenti e doverose revisioni dei dati precedentemente diffusi, non fosse altro che, solo prendendo in esame queste correzioni, è possibile capire la positività o meno del dato che viene, tempo per tempo, diffuso, una fattispecie che si applica in modo quasi perfetto all’attesissimo dato relativo all’andamento del prodotto interno lordo statunitense nel secondo trimestre dell’anno in corso, un dato che, seppure siamo solo alla prima delle tre letture previste, poteva fornire una risposta all’oramai stucchevole dibattito sull’esistenza o meno dei cosiddetti germogli di ripresa.

La flessione dell’uno per cento annualizzato, in presenza di una stima di consenso che prevedeva un calo dell’1,5 per cento, avrà provocato più di un brivido nelle schiene dei traders e dei dealers, un brivido di eccitazione che, purtroppo, deve essere durato solo per il brevissimo lasso di tempo che è occorso agli economisti delle sale operative per capire il senso della revisione peggiorativa del dato relativo al primo trimestre (da una flessione del 5,5 ad una del 6,4 per cento), ma, soprattutto, il netto ridimensionamento della crescita del Pil per l’intero 2008, ridotta ad un miserevole 0,4 per cento, poco più di un terzo rispetto all’1,1 per cento stimato in precedenza, una revisione verosimilmente legata all’appesantimento ulteriore del già disperante dato del quarto trimestre dell’anno scorso, finora stimato ad un -6,3 per cento.

Al di là del dato che misura la variazione rispetto al trimestre precedente moltiplicandola poi per quattro, va segnalata la variazione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, una flessione che viene valutata come la peggiore dal 1947, mentre solo la forte ripresa della spesa pubblica e il contributo positivo riveniente dal dimezzamento del saldo negativo della bilancia commerciale hanno consentito al dato del secondo trimestre, nel confronto anno su anno, di non battere altri record negativi!

Il folto plotone degli ottimisti a ogni costo, dopo una lettura un po’ più approfondita di quella che è consentita agli economisti delle sale operative, traggono proprio da questa pesantissima serie di revisioni al ribasso dei dati precedenti, nonché dal vero e proprio tracollo delle scorte nel secondo trimestre (-141 miliardi di dollari), la forza per ripetere che qualche segnale positivo dovrebbe venire dai successivi due trimestri dell’anno in corso, anche se, perché ciò accada, non basteranno più le riduzioni dei segni meno, ma sarà necessaria la comparsa di tanti segni più!